lunedì 9 dicembre 2013

Un problema di meccanica







Il giorno seguente l'apparizione dello strano "messaggero" alle porte della brigata Libertè , il gruppo viene di nuovo suddiviso in due team differenti.

Il Team Alpha, formato da Armand, Liz , Gilbert e  Marc viene convocato alla Brigata Robespierre per fornire spiegazioni sull'accaduto dei giorni precedenti.

Il Team Bravo, formato da me (Ray) , Jonathan e Frank viene mandato fuori Parigi in soccorso della brigata egalitè, che sembra abbiano recuperato un carro armato da sistemare.

Così a causa delle abilità meccaniche del buon Jonathan, io e Frank veniamo spediti fuori città per insieme all'atipico meccanico a riparare un fottutissimo carro armato che potrebbe risultarci utile nella guerra contro i stramaledetti mangia crauti.
Ahhh che bella giornata del cazzo !!!

Anche un pò seccati per il poco riposo , che ci eravamo meritati, ma sempre contenti di poter andare a fare un giro fuori porta , montiamo sul camion della brigata, non prima di aver controllato l'equipaggiamento.

Da par mio è sempre una gioia portarsi dietro una sputa noccioli , non sarà la mia vecchia Betty , ma è pur sempre un gran bel gingillo quello che riesco a prendere in prestito in fureria.
Non posso nascondere  che il rumore del piombo rovente e della polvere da sparo dei giorni prima mi aveva letteralmente ingolosito, e per questo avevo un sorriso ebete stampato sulla faccia come un bambinetto del cazzo , il giorno del compleanno di Gesù Cristo.

A seguito della consueta revisione del mezzo da parte di Jonathan , dopo aver acceso uno degli ultimi cubani rimastomi e dopo che uno stralunato Frank ha posato il suo deretano molliccio sul sedile posteriore del camion, metto in moto e parto come se dovessimo arrivare in tempo per una cena della famigerata nonna Fínola. Pace all'anima sua ed alle sue precisissime e dolorosissime cucchiarellate sulle mani. Caspita penso proprio che alla brigata sarebbe stata più utile in prima linea che ai fornelli con quella cucciarella di legno di ulivo...

Il viaggio è stato tutto sommato tranquillo a parte , qualche morto in lontananza ed il consueto posto di blocco poco prima di arrivare alla brigata , che per altro ci ha fatto riflettere sul perchè la nostra ne sia sprovvista, pur essendo dentro Parigi.

Arrivati alla Egalitè , veniamo ospitati all'interno del capannone che in effetti funziona da autorimessa, ed alloggio della brigata stessa. All'interno imponenti si stagliano le figure di due "Sherman" , uno piuttosto malconcio l'altro tirato a lucido ed in perfette condizioni.

Con un insolito bagliore negli occhi vedo Jonathan fiondarsi sull' M4 per constatarne le condizioni, scorgo nel suo sguardo una certa eccitazione nel poter rimettere letteralmente le mani su quell'ammasso di ferraglia. Al contrario la mia attenzione si rivolge a quella bellezza montata sulla parte superiore del carro.

Mitragliatrice Browning M2HB .50 cal , 300 colpi sparati ad una velocità inaudita, poco precisa ma decisamente letale. Constatando lo stato di usura della mitragliatrice , sento una voce , non del tutto nuova provenire dal fondo del capannone. Girandomi scopro che si tratta di uno scozzese di cui a fatica ricordo il nome , conosciuto qualche tempo prima , al tempo del servizio nella RAF.
Il nome non mi è ben ciaro ma ricordo le sue spacconerie e dei suoi modi non del tutto ortodossi, ma deciso a non serbare rancore , scendo e gli stringo la mano, dovendo ancora una volta inghiottire il suo vomitevole alito di denti fradici e le sue mezze frasi ironiche , tipiche di una vecchia isterica a digiuno di sesso da anni.

Mentre io e Jonathan siamo occupati nei convenevoli , Frank si allontana vagando come un pazzo in giro per il capannone, con lo sguardo assente ed il suo incedere ciondolante tipico. Rimamgo basito ma alla fine son fatti suoi, purchè non impazzisca del tutto e non mi spari sulle dannate chiappe.

Scopriamo che lo Sherman malconcio è stato recuperato dalla ronda di pattuglia e che "appartiene" a tre cacciatori di morti che se ne sono appropriati, prendendolo in prestito dallo Zio Sam. Per la precisione un gigante di colore di chiari origini francesi, un americano,  e quel poco di buono dello scozzese.

A sera mentre Jonathan era intento a visionare il mezzo , cercando con quei pochi pezzi di ricambio disponibili di sistemarlo in modo che sia almeno presentabile, e redigendo una lista per i pezzi da recuperare in giro e sostituire in seguito, mi ritrovo mio malgrado a "collocquiare" con i gentili signori di cui sopra.

Assaggiando del buon distillato di prugna , non al livello del buon vecchio Connemara, ma pur sempre meglio di quello sciacquabudella che di solito ci viene propinato al fronte, mi siedo intorno al bivacco, capeggiato dai tre cacciatori di morti.

Lo scozzese , figlio del popolo che si vanta di regger bene l' alchool, come suo solito si lascia sfuggire frasi che da sobrio non avrebbe mai avuto il coraggio di proferire, e così ci racconta dei suoi trascorsi di dubbia moralità tra le fila del Governo di Vichy e di come senza pensarci due volte si schierò in seguito con la fazione che più gli garantiva un pasto caldo ed un ottimo rendimento.
Pur essendo disgustato dall'individuo, che oltre a puzzare come una capra in decomposizione, non mostrava il minimo rimorso per le sue scelte "politiche", decisi di soprassedere per il buon quieto vivere e perchè ero comunque un ospite della brigata.
Più che altro per non rischiare di prendere in testa e quindi far sprecare a Chef un ottima bottiglia di Bourgogne.

Man a mano che il tasso alcolemico si alzava , lo scozzese perdeva la mai avuta aplomb, iniziando man mano ad insultare chi aveva a tiro ed in particolar modo le mie origini irlandesi. Con un estrema freddezza e calma , avendo anche io bevuto abbastanza, desisto dallo spaccargli la faccia, facendogli notare , nel tentativo di richiamarlo all'ordine, che nel mio sangue scorre anche del "ribollente" sangue italiano.

Al contrario al sentir tali mie parole lo scozzese , inveisce contro italiani ed irlandesi , mostrando la sua proverbiale maleducazione e razzismo. La misura era colma , ma la mia razionalità rimase impeccabile e per non creare una bagarre , mi alzo in piedi e lo sfido ad un duello da boxeur.

Mostrando a tutti la sua scorrettezza e poca signorilità , lancia una bottiglia che mi ferisce ad una spalla, a quel punto scatta , la più classica delle risse da bar. Tra sedie che volano e colpi proibiti, vengo quasi accerchiato dai tre loschi figuri, per fortuna Jonathan ed un partigiano francese intervengono affinchè vi sia uno scontro uno contro uno tra me e lo scozzese.

Sfortunatamente lo scozzese riesce ad avere la meglio , pur beccandosi una bottigliata in ventre ed un paio di ceffoni , purtroppo non ben assestati al pari del suo gancio che mi colpisce esattamente sotto al mento. Devo concedergli una abilità nelle risse che a me manca, dote per altro non essenziale per un mitragliere di professione. Gli astanti del bivacco intervengono e sedano la rissa, non dopo che parecchi ceffoni sono volati, sopratutto il partigiano francese si scopre essere un ottimo giocatore di Rugby, probabilmente un pilone vista la sua stazza.

Il comandante della brigata Egalitè, interviene a cose fatte , mi chiede spiegazioni sull'accaduto, messo al corrente delle dichiarazioni dello scozzese, chiramente un voltagabbana della peggior specie, ordina ai suoi uomini di portare nei piani inferiori i tre cacciatori di uomini. Cosa sia successo a quelle persone lo ignoro, ma immagino che gli sia stato reso almeno il giusto che meritavano.

A sera conclusasi l'ispezione e la riparazione del carro armato, riprendiamo la via di casa, per ringraziarci dell'aiuto il capo meccanico della brigata ci fornisce le coordinate dove trovare del "buon" vino, a suo dire. Arrivati sul posto scopriamo una cassa contenente alcune bottiglie di Bordeaux , che decidiamo di consegnare a Chef, ed alcuni attrezzi vari.

A notte rientriamo alla brigata Libertè.

Dal diario di :
Ray "Raynold" Malone




venerdì 6 dicembre 2013

[29/11/13] Resoconto Equipe Bleu



 Equipe Bleu





La mattina della missione l'assenza di Mark ha comportato l'aggregazione di un membro della brigata Robespierre al gruppo deputato alla copertura della squadra EOS per la liberazione dei prigionieri. L'équipe blue era formata perciò da Renaud e Philippe, due membri della brigata Robespierre e da me, Elizabeth, ed Armand. Alle ore 23:30 ha avuto inizio la missione. Gli obiettivi dell'équipe bleu erano:



1) raggiungere il punto di sbarco della squadra EOS bonificando la banchina della Senna scortando i due prigionieri liberati.
2) raggiungere il punto di rendez-vous sani e salvi facendo saltare possibilmente la via di accesso al sotterraneo in modo da impedire ai maledetti crucchi di seguirci. 

A mezzanotte in punto abbiamo raggiunto la stazione metro dove qualche mangia krauti ha tirato le cuoia. Da quel momento le nostre strade si sono divise. Per raggiungere la banchina abbiamo sfruttato un passaggio sotterraneo medievale che, a parte un innocuo mayor, non ci ha causato troppi problemi. Usciti dal passaggio la banchina sembrava apparentemente priva di pericoli ma ci siamo comunque appostati di vedetta dentro un edificio abbandonato.Guardando verso la Senna l'isola dei Cigni sembrava brulicare di morti. Tutto pareva filare liscio.

All'improvviso dalla Tour Eiffel è arrivato un veicolo con all'interno tre persone, il quale si è fermato proprio sotto la finestra dove eravamo appostati. Ne sono usciti fuori due soldati tedeschi armati ed un terzo legato con una corda ed imbavagliato. La scena che si stava prospettando era una vera e propria esecuzione. Armande, non tenendo conto dei nostri consigli, ha sparato ad una delle due guardie. Per evitare che la guardia sopravvissuta potesse andare ad allertare gli altri nazisti ho sparato un colpo che sfortunatamente ha colpito uno dei fanali della macchina. Prontamente Renaud ha aperto il fuoco uccidendo l'altro soldato. Subito dopo Armande ha sceso di corsa le scale per liberarsi dei corpi con Renaud prelevando il prigioniero e portandolo nel nostro nascondiglio. Senza pensarci due volte ho preso il coltello dando la giusta fine allo sporco nazista.

Sono le 01:00, ancora nessuna esplosione. Armande, sconvolto del mio gesto ha provato a colpirmi al volto fallendo. Ignorando le sue lamentele ci siamo riappostati alla finestra in attesa dell'esplosione. Alle 01:02 il palazzo inizia a tremare. L'équipe rouge sembra aver preso alla lettera le parole di Chef...il suo bicchiere di borgogna deve aver fatto un bel volo.

Contemporaneamente sono iniziati gli scontri alla Tour Eiffel. Armande col mirino del suo fucile ha visualizzato l'avvicinamento di un solo gommone. Il piano ne prevedeva due. Il gommone portava al suo interno un solo membro del gruppo EOS ferito ad un braccio ed i due partigiani liberati, uno ferito ed un altro in stato catatonico. In quelle condizioni non saremmo mai stati in grado di raggiungere il rendez-vous a piedi. L'unica ipotesi possibile era raggiungerlo sfruttando la macchina dei soldati tedeschi. Mentre Philippe stava medicando il membro dell'EOS ed Armande aiutava i due sopravvissuti ad entrare in macchina, Reinaud si è accorto che un altro gommone si stava avvicinando alla nostra banchina. Ci siamo dovuti avvicinare perchè nel buio della notte non era ben chiaro cosa ci fosse al suo interno. Quando ce ne siamo resi conto ormai era troppo tardi...

Dal gommone è saltata fuori all'improvviso una creatura aracnoide mostruosa che si è avventata contro il povero Reinaud avvolgendolo tra le sue molteplici braccia lacerate. Credo di non aver mai visto un essere così terrificante. In quel momento mi sono girata verso i miei compagni esortandoli ad entrare in macchina per scappare. Armande, dopo aver visto la "bestia", è rimasto impietrito strillando dal terrore. Philippe ed il membro dell'EOS, senza tener cura della missione, sono scappati verso la Tour Eiffel. Di loro non abbiamo avuto più notizie. Urlando contro Armande per cercare di rinsavirlo sono andata al posto di guida. Delle chiavi nessuna traccia. In quel momento il ragno con braccia e testa umane è saltato sul tettuccio della macchina lasciando a terra Reinaud gravemente ferito. Armand, riuscendo a trovare il coraggio di tirare fuori il macete ha ferito in testa il mostro. Un urlo di dolore quasi umano ha riecheggiato nell'aria. Di nuovo il terrore ha paralizzato Armande che, ormai succube del mostro, subisce inerme una serie di colpi. La mia pistola sarebbe stata inutile. Sono uscita dalla macchina e, ad una distanza di sicurezza, ho lanciato una molotov contro il mostro. Reiunaud con le sue ultime forze ha scaraventato lontano Armand rimanendo inghiottito dalle fiamme. Il mostro con il corpo completamente circondato dalle fiamme si è tuffato nella Senna lanciando un altro forte grido di dolore, scomparendo tra ne nere acque del fiume. La macchina stava andando a fuoco, per questo ho aperto la portiera aiutando i prigionieri ad uscire.

Armand, nonostante le profonde ferite, era ancora in grado di camminare. Ci siamo diretti nel passaggio medievale cercando una via di fuga. Ormai erano le 2 meno dieci, raggiungere il rendez-vous sarebbe stato impossibile. Mentre io ed i due partigiani ci stavamo avvicinando all'uscita, Armand ha piazzato la carica esplosiva all'ingresso del passaggio facendolo saltare. Usciti da quell'inferno avevamo chiara la situazione: in quelle condizioni sia fisiche che mentali non sarebbe stato facile tornare in sede.

Nella strada deserta abbiamo scorto in lontananza un taxi nero che si è fermato proprio davanti a noi. Non avevamo scelta. Da quel momento i ricordi sono vaghi e poco chiari. Non sapendo bene né come né in quanto tempo ci siamo trovati vicino la nostra sede. Dei due partigiani nessuna traccia e le ferite di Armand quasi del tutto scomparse. E con questo finale bizzarro si conclude la nostra missione. Nel complesso gli obiettivi della missione sono stati raggiunti purtroppo con il sacrificio di Renaud e la scomparsa dei due alleati della Robespierre.

In fede, 
Elizabeth Mimieux.

mercoledì 4 dicembre 2013

Un letto troppo fragile






previously on Inquisitori...

Scorre felice l'infanzia dei fratelli Nilisir ed Eruin che nel villaggio di Vallidol trascorrono una felice giornata con la loro famiglia. La madre è gnocca ed il padre confeziona regali, ma il destino di questi elfi attende di svelarsi nel prossimo futuro...
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Nel villaggio di Vallidol tutto sembra immutato: rispetto agli umani, per gli Elfi è sempre stato più facile fare i conti col lo scorrere impietoso del tempo. Le notizie che si apprendono dall'Impero, per quanto inquietanti, restano sospese nell'aria come il pulviscolo che scorre davanti agli occhi di chi in Primavera voglia godere di un riposo pomeridiano, nella quiete di una radura remota.



I bimbi continuano ad affollare le piazze ed i vicoli del villaggio e si ripetono tra le risa i giochi, gli inseguimenti ed il consueto balletto di sguardi e scherzi che caratterizza la formazione di ogni cucciolo elfico. Ma nella folla, tra quei bambini, da qualche anno non si sentono più correre e gridare Nilisir ed Eruin, già da tempo lontani dai momenti della loro spensierata infanzia.

I doveri ai quali un elfo è legato nelle varie fasi della sua educazione, costringono i due giovani ad interminabili ore di studio ed esercitazioni nelle pratiche che contraddistinguono da sempre l'eccellenza del popolo elfico. Comprendere la vita, il tempo e la natura della magia significa comprendere appieno anche i segreti del mondo al quale ogni forma di energia - magica e non - viene attinta.

Di qui lo studio della geografia, della storia dei luoghi, la necessità di sottoporsi alle prime esperienze di meditazione, la scoperta dei rimedi medicali naturali, degli habitat più remoti e delle forme di comunicazione, l'analisi dei principi della magia e la conoscenza dai limiti oltre i quali Potere muta in Caos, diventano aspetti imprescindibili della crescita di un adolescente.

Nel mondo degli umani le cose vanno in modo diverso: ogni uomo viene indirizzato - nella sua breve vita - ad una particolare occupazione o mestiere. Per gli Elfi è importante invece che ogni individuo abbia la possibilità di orientare in modo autonomo il proprio cammino di esistenza e lo studio di ogni nozione e disciplina è la chiave per l'accesso a tale libertà.

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Le cose sono cambiate: Nilisir - un tempo quasi paffuto ed impacciato (caratteristiche non proprio comuni per un elfo) - ora è agile come un guerriero, anche se nella sua corporatura non si scorge alcun segno della possenza che i guerrieri più potenti finiscono con l'assumere dopo anni di allenamento. La sua figura è slanciata, il suo portamento composto ma sbrigativo, come di una persona che abbia sempre qualcosa da fare ed abbia necessità di concludere in fretta.

Galdor - l'amorevole padre dei ragazzi - è da poco entrato a far parte del consiglio del villaggio, incarico di grande prestigio, di durata quinquennale, affidato solo a coloro che nella comunità sono riusciti a guadagnare stima e rispetto dei compagni: viaggia alla volta della Capitale elfica come rappresentante della sua comunità, per l'incontro semestrale con i rappresentanti degli altri villaggi del regno.

Sono giorni che Nilisir resta chiuso nella sua stanza e quando ne esce appare riflessivo, distante, scontroso ed irascibile. Tutto è iniziato dopo una lunga passeggiata del ragazzo nelle foreste, necessaria a raccogliere materiale per i suoi studi di erboristeria.

Al ritorno Eruin aveva notato un qualche cambiamento, ma li per li non aveva pensato di dover dare importanza a questa sua impressione: con il padre lontano e la madre Galathea più che indaffarata a tener testa agli impegni della famiglia, nessuno sembrava volersi occupare degli umori mutevoli di quel adolescente di buoni principi che Nilisir aveva sempre dimostrato di essere.

Ma ad Eruin la cosa non andava giù. Un pomeriggio in cui erano soli in casa, volendo scherzare come era solito fare con il fratello, si ritrovò ad entrare di soprassalto nella stanza di Nilisir pronto a distoglierlo dagli studi, ma trovando invece qualcosa di sorprendente. Nilisir era disteso in terra, accanto al letto, privo di sensi, il volto cinereo tanto che le labbra sembravano essere quasi nere sul contrasto.

Preso dal panico Eruin corse verso il fratello, finendo nella foga con l'inciampare su un fagotto posto vicino alla mano sinistra del ragazzo. Superato l'ostacolo Eruin dispose Nilisir sul letto, iniziando a schiaffeggiarlo leggermente, ripetendo il suo nome senza ottenere risposte.

Era ormai nel panico più totale quando sul volto di Nilisir iniziò a riapparire una parvenza di colore su quel bianco mortale.

"Nilisir, fratello mio: cosa è successo!"
"Mh, Eruin, deve essere stato un malore, non ricord... niente, non è niente: ora mi passa!"
"Ti ho trovato riverso al suolo, bianco in volto, non respiravi."
"Fratello, non preoccuparti, ho solo bisogno di un po d'acqua per riprendermi."

Ed in quel momento il fagotto poggiato in terra tornò alla mente di Eruin che, con un movimento disinvolto, si piegò a raccogliere l'oggetto. Si trattava di un plico raccolto in una pelle di un qualche animale esotico, di colore scuro, ripiegata a rombo su un oggetto che poteva essere un libro di piccole dimensioni. Li vicino giaceva uno spago, probabilmente utilizzato per rilegare il plico, anche se il fratello non aveva fatto in tempo a ripristinare l'involucro prima di perdere i sensi.

Eruin iniziò ad aprire il plico mentre il fratello aveva ancora difficoltà a mettere a fuoco la stanza, piegato verso li comodino alla ricerca del bicchiere e della brocca con l'acqua: aperta la copertura in pelle, all'interno vennero rivelate alcune pagine di un libro, prive ormai di qualsivoglia forma di rilegatura, poggiate quasi in modo scomposto le une sulle altre come se fossero state messe via in tutta fretta.

Nilisir tornò a rivolgere la sua attenzione al fratello e dalla sua bocca quasi sfuggì un urlo:

"Eruin, metti via quella roba. Non ti riguarda!"
"Fratello, dove hai preso questi appunti?", osservò Eruin notando iscrizioni familiari sui bordi delle pagine ingiallite dal tempo.
"Non ti riguarda, metti via il plico: può essere molto pericoloso!"
"NO, non intendo mettere via questa roba. Ho appena trovato mio fratello svenuto nella sua stanza con un libro che riporta delle annotazioni sui venti magici e sulle iterazioni tra di essi, un libro sul quale ci sono delle iscrizioni che mi fanno tornare alla mente le nozioni che ci sono state impartite per riconoscere i segni del Caos. Sono giorni che sei scostante, scontroso, irascibile e non ti si vede in giro: stai chiuso nella tua stanza per conto tuo, trascuri i tuoi doveri ed ora QUESTO! Cosa dovrei pensare? Voglio che tu mi dica dove hai preso questa roba e voglio starti vicino. Sono tuo fratello e penso tu abbia bisogno di me." - Eruin, rosso in volto, con voce gracchiate e chiaramente spaventato da questa oscura scopera ansimava e tremava mentre, stringendoli in un pungo, sventolava i fogli antichi davanti alla faccia incredula del fratello.

Passarono momenti di silenzio, un confronto ardito tra fratelli che mai prima d'allora avevano dovuto discutere di questioni così cruciali. Nel mondo degli elfi la Magia del Caos viene da sempre vista con timore ed ad ogni Elfo vengono forniti gli strumenti per riconoscerne - se non i segni - quantomeno le iscrizioni fondamentali. Eruin era terrorizzato dall'idea che il fratello fosse immischiato in qualcosa di così losco ed oscuro.

Dopo momenti di silenzio, interrotto soltanto dai rumori provenienti dalle strade del villaggio e dai leggeri scricchiolii di un letto di un bambino che ora sta sorreggendo il peso di due elfi per la prima volta uomini, una lacrima scivola lungo la guancia di Nilisir che inizia a spiegarsi in un sussurro.

"Eruin, papà dice sempre che è importante poter contare sulla propria famiglia e mamma ci ricorda quasi giornalmente quanto sia grande il valore dell'amicizia: in te, fratello mio, ho sempre trovato l'amore di un parente e la comprensione di un amico. Ti racconterò tutto, ma prima metti via quegli scritti e preparati ad accompagnarmi dove questa storia ha avuto inizio..."

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next time on Inquisitori...

... parlavano piano, ma li sentivo: ero terrorizzato ...
... si, non avrei mai pensato ...
... non lo so, ma sono sicuro che la troveremo insieme ...

Il Circolo di Pietre





Giorno 24 Nuovannaio (Febbraio)

Una Pianura da qualche parte nel Wissenland settentrionale

Il cielo è sgombero dopo molti giorni di pioggia battente. Le stelle brillano vigorose e la luna piena irraggia con maggior vigore grazie al cielo terso. Alcuni raggi della pallida signora del cielo colpiscono e rischiarano imponenti ombre nella pianura. Grandi pietre che sussurrano di tempi estremamente antichi. I grandi testimoni del passato che si ergono fieri, testimoni delle ere in cui nacquero i primi regni, della loro caduta e di quelli succeduti.

Un'ombra più piccola si affaccia nel circolo esterno e comincia a vagare fra i monoliti. Avvolto in un'abbondante tunica sfiora alcune delle superfici di pietra come se stesse accarezzando qualcosa di estrema delicatezza e valore. Si muove fra le ombre create dai monoliti e nella culla oscura della notte come un velo oscuro che si adagia perfettamente nelle pieghe della notte.

La creatura incappucciata giunge nel circolo interno di pietre, compie un giro su se stesso osservando bene tutti i monoliti, poi allunga una mano e la poggia delicatamente sulla superficie di uno di essi, forse il più imponente.

Molte immagini scorrono nella mente della figura incappucciata ma nessuna che una creatura senziente possa cogliere in alcun modo senza cadere in preda alla più cieca follia.

Una flebile risata si spande dall'ombra e con voce di tomba parla fra se e se:

"La pazienza da sempre ottimi risultati."

Ombre fuoriescono dall'ombra al limitare del circolo di pietre.

Ombre che si contorcono e mugolano, ciondolanti di corruzione si affastellano attorno al circolo di pietre in attesa che il loro padrone comandi la loro mente servile.

Quasi in segno di sdegno alcune nubi cominciano ad oscurare il cielo e la luna, facendo calare l'ombra sul circolo di pietre rendendo solo un luogo spettrale fatto di oscurità, mugolii e una risata cupa e profonda che comincia a sovrastare il resto dei rumori.

In altri luoghi molte creature dormono sonni ignari.

Il Mago da Battaglia





Giorno 20 Nuovannaio (Febbraio),
Nuln, Distaccamento del Collegio Splendente


Il Magister Gerard Van Dongen sfiora e rimesta le numerose lettere e i rapporti giunti. Pensieroso il suosguardo spazia sulla destra, verso la finestra. Il cielo è lievemente oscurato dalle nubi, cosa alquanto normale durante questa stagione. Ma Gerard non guarda le nubi, osserva i venti che scorrono nel mondo, da anni li osserva, da troppo tempo il mondo non è fatto dai colori che Gerard ricordava, tutto è formato da una mescolanza dei venti che plasmano l'essenza del mondo.

Il Magister distoglie lo sguardo che spazia nell'abbondante studio fino al camino per soffermarsi sulla legna spenta; un lieve e quasi impercettibile inarco del sopracciglio ed una fiamma si fa strada nella legna facendola crepitare.

Qualcuno bussa alla porta:

"Avanti" pronuncia con voce ferma il Magister. La porta lentamente si apre e si affaccia un giovane dall'aria spaurita, timidamente entra nella stanza, fatti due passi si blocca e con tono deferente dice:
"Sire, il passaggio alla torre sud è libero come da lei richiesto."
"Molto bene ragazzo, ora vai a sbrigare le faccende quotidiane e poi studia."
"Va bene Sire."
"Non sarò presente nei prossimi giorni; conosci i compiti che devi sbrigare e gli studi che devi portare a termine; non voglio ricordarti nuovamente che per divenire un buon Magister sono necessarie dedizione, capacità organizzativa e controllo…la prossima volta che dovrò ripetermi farò in modo di lasciarti un segno permanente affinché tu non lo possa più scordare. I Collegi non sono scuole convenzionali, tienilo sempre bene a mente. Puoi andare."
"Signorsì Sire, grazie Sire".

Il giovane esce dallo studio chiudendo con delicatezza la porta.
Il Magister prende il suo bastone, un'asta possente impreziosita da intarsi d'oro e laccature rosso fuoco, all'estremità superiore un braciere completamente d'oro prorompe in fiamme al solo tocco del Mago. Una fiamma sicuramente non grande ma dal colore molto intenso.
Gerard comincia a percorrere i corridoi del Collegio verso la torre Sud; il suo incedere è sicuro, deciso ed imperioso con il bastone che tocca terra all'unisono con il piede destro, ad ogni tocco alcuni lapilli di fuoco eruttano dal braciere come minute meteore lucenti che finiscono per spegnersi velocemente. La marcia finisce innanzi alla porta che conduce alla torre sud.
Un pesante portone di acciaio brunito si staglia spalancato di fronte al Magister; numerose rune poste ad arco sopra la porta disperdono una minima parte del potere a causa della loro disattivazione, rilasciando nell'aria particelle di pulviscolo azzurrino.

Gerard per un attimo chiude gli occhi come volesse concentrarsi, poi entra con passo pacato attraverso il portone, imboccando le bellissime scale che portano nella torre. Dopo alcune decine di gradini il Magister fa il suo ingresso in un'ampia sala circolare. La sala è un mosaico di libri, trofei, armi ed armature. Al centro della sala un braciere enorme viene alimentato dal vento rosso stesso, nessun tipo di combustibile è necessario al cospetto dell'uomo che sta per incontrare Gerard, se di uomo si può ancora parlare. In un angolo della stanza dei bellissimi scranni ed un abbondante tavolo e dalla parte opposta di Gerard una bellissima porta vetrata conduce ad un balcone dalla vista suggestiva. Una figura si staglia oltre le fiamme, innanzi il balcone.

"Magister Gerard Van Dongen, è davvero un piacere rivederti." Dice la figura.
"Salute a te Absalon" replica in tono freddo Gerard.
"Sono settimane che Il Vento Rosso bisbiglia questo momento e io l'ho atteso con pazienza. Considero un immenso piacere il fatto di poter nuovamente seguire la tua guida."
"Partiamo fra un'ora."
Absalon si volta verso la balconata e dice: "Sono pronto da settimane, te l'ho detto."
Prima di voltarsi ed andarsene Gerard non può fare a meno di osservare nuovamente una scena che da sempre ha suscitato il suo timore, forse l'unica cosa in grado di metterlo a disagio. Il Vento Rosso alla presenza di Absalon che poderoso scorre attraverso e dentro la figura, come un vortice che aspetta paziente di potersi sprigionare, come un ciclone di fuoco pronto a divorare qualsiasi cosa possa pararsi innanzi ad esso.

Turbinante torreggia su Gerard come un gigante pronto a schiacciarlo. Questo è un Mago da Battaglia. Una creatura che porta solo distruzione.

Infanzia





Un raggio di sole colpisce le foglie che fanno idealisticamente da tetto al villaggio di Vallidol , l’ombra si proietta sul selciato sottostante , mentre i raggi filtranti vanno a riflettersi su di una bottiglia di vetro finemente plasmata che fa bella mostra sul bancone di una delle tante bancarelle presenti nella piazza, dietro ad essa si riflettono due occhietti curiosi di un piccolo bimbo che sorride al caleidoscopio di colori generate dal raggio di sole che rimbalza sul vetro colorato.
La piazza brulica di persone affaccendate, nonostante il considerevole numero gli esseri si muovono con una leggiadria ed un ordine del tutto inconsueto, il brusio del mercato e’ appena percettibile nella silenziosa calma che la foresta emana, cupole d’argento si stagliano imponenti nel cielo pur rimanendo ben al di sotto del manto di foglie delle secolari querce che formano l’antica foresta.
Guglie con ampissimi archi e pinnacoli finemente decorati guarniscono le facciate degli edifici piu’ imponenti , argento con filamenti d’oro zecchino impreziosiscono le strutture fatte per lo piu’ una solida lega e cristalli sottilissimi che fanno rimbalzare la poca luce filtrata dal manto di foglie, creando giochi di luce capaci di illuminare la cittadina come se fosse colpita direttamente dai raggi del sole.
Fine architettura , e sapiente maestria nel plasmare metalli , cristalli e preziosi trasuda da ogni singola struttura che compone la cittadella, dalla piccola casa di umile fattura fino ad arrivare all’imponente e maestoso palazzo, ogni minimo particolare e’ curato fino all’inverosimile ed ogni piccolo particolare contribuisce ad un imagine di insieme di grandezza che si percepisce guardando il paesaggio.
Due bimbi corrono felici per le strade del mercato , uno piu’ vivace , non perde occasione per fare capriole e saltellare tra i vari lastroni che compongono la pavimentazione del viottolo, l’altro imbronciato che lo rincorre agitando una mano sulla testa e augurandogli di sbucciarsi un ginocchio al piu’ presto, dietro di loro la madre estenuata sorride di nascosto , cercando di mantenere una maschera austera da genitrice richiamandoli alla disciplina.
Il bimbo piu gracile , porta biondi capelli lunghi raccolti in una treccia , in una mano agita un fazzoletto bianco con su ricamato il nome Nilisir, agitandolo schernisce l’altro bimbo che lo rincorre , il suo sguardo e’ vispo e furbo , controlla con meticolosa precisione ogni passo che compie , con grazia ed eleganza salta mantenendosi in equilibrio da un ciottolo all’altro.
Galathea , questo e’ il nome della bellissima donna che li segue con sguardo attento , con voce dolce ed un accento quasi del tutto impercettibile , li chiama a se “ Eruin , Nilisir e’ ora di andare a casa tornate qui “.
I due bimbi diligentemente si fermano , ma Nilisir non frena la sua corsa tirando una manata sulla faccia di Eruin , il quale con una smorfia di dolore restituisce il fazzoletto al fratello , non senza pero’ fargli notare che e’ sempre lento e goffo come un goblin.
I due ricominciano a schernirsi ma piano piano si avviano verso la bellissima madre.
E’ ormai tardi il vivido giallo dei raggi lascia lo spazio ad un roseo tramonto che colora l’orizzonte, il cielo inizia a punteggiarsi di stelle ed una pallida luna si affaccia in punta di piedi nella volta celeste…
Nella piccola casa di Eruin e Nilisir si respira un aria di allegria in questa serata, la famigliola ha appena finito di pasteggiare con uno stufato di patate e cervo, Nilisir ed Eruin giocano con i due nuovi giocattoli scolpiti per loro dal padre Galdor.
Ad Eruin e’ toccato un lupo da unire al piccolo branco di animali di legno che gia possiede mentre Nilisir pronuncia strane parole di fantasia impugnando nella mano una bacchetta di legno intarsiata.
Teodoro il cane di famiglia sonnecchia sul suo cuscino, muovendo ritmicamente la testa con un piccolo mugolio , Galathea sa che sta probabilmente sognando ancora i suoi ossi nascosti in giardino…

Alcuni particolari di Victor


Il viaggio dalla locanda abbandonata verso Pfeildorf è stato tranquillo. Due giorni di cielo semicoperto e pianura noiosa. Siete però finiti fuori strada ed ora vi trovate presso una comunità agraria a nord del vostro obbiettivo, oltretutto questi ontadini sono stati attaccati dagli uominibestia proprio pochi minuti prima che arrivaste ed ora vi trovate invischiati nella lotta.

In questi giorni alcuni aspetti di Victor sono emersi leggeri e pacati come sembra la sua persona. Taciturno ma mai assente parla volentieri solo se chiamato in causa. Non risulta esprimere ovvietà o qualunquismi di sorta. Per ora è noto che viene dal Parravon, regione che ha prodotto fra i più grandi cavalieri della Bretonnia e fra questi il loro primo re.

E' un uomo massiccio, una figura possente fra gli uomini, alto quasi un metro e novanta con i capelli biondo cenere raccolti in modo tale da non dare fastidio nella foga del combattimento.

Il suo sguardo pone a disagio a causa del colore dei suoi occhi: il sinistro grigio e il destro castano.

Tuttavia non ha mai un'espressione severa o indagatrice, bensì trapela una notevole curiosità ed una certa sicurezza.

I suoi vestiti (seppur semplici), i suoi movimenti fuori e in mezzo alla battaglia non lasciano dubbi sul fatto che appartenga ad una famiglia con uno status ben superiore alla media. Risulta istruito e più di una volta uno degli elfi del gruppo si è trovato a girarsi e a trovarlo a ridere fra se e se per una battuta pronunciata in elfico.

Oltre a questi aspetti vi sono tre ulteriori particolari che hanno in qualche modo attirato la vostra attenzione.

Il rapporto quasi fraterno che questo uomo ha con il suo cavallo; lo cura e lo nutre con quella che ad una prima occhiata potrebbe essere confusa come ossessione, ma che si rivela in un secondo momento come un'attenzione quasi sacrale nei confronti dell'animale. Il nome del corsiero è Bruinen che in elfico vuol dire "Fiume Tumultuoso". E' un bellissimo esemplare di baio Bretoniano con lunga coda e lunga criniera. Di tanto in tanto mentre Victor lo striglia udite un canto lieve e sommesso, lo stesso che i cavalieri stavano cantando all'unisono il giorno in cui la formazione di cui faceva parte Victor stesso si infranse sugli uominibestia, aprendone il fianco e spaccandone la formazione, lo stesso canto che Victor ha intonato quando ha caricato gli uominibestia che hanno assaltato il villaggio in cui vi trovate a combattere tuttora.

Il secondo aspetto è costituito dall'attenzione certosina di Victor nel fare campo, soprattutto nei pressi delle zone boschive, nel nostro caso solo piccole chiazze di alberi nella pianura. Circonda sempre il fuoco con delle pietre per non far sì che possa spandersi ed è sempre attento che non sia posto vicino a qualsiasi tipo di albero o qualsivoglia pianta a fusto legnoso. Una volta che il campo viene smontato, sotterra il fuoco e disperde le pietre riponendole a caso nelle vicinanze dell'accampamento.

Il terzo aspetto riveste un cambio di atteggiamento in uno specifico momento, quando vi coricate per riposare. Victor estrae da una delle sacche da sella un'immagine, una sorta di icona religiosa, anzi proprio un'icona. Nessuno di voi è mai riuscito a vedere quale immagine vi sia raffigurata ma siete tutti riusciti a cogliere la più completa astrazione dell'uomo quando la osserva. Come se cadesse in un torpore, non dice una parola e non fa un cenno, si limita solo ad osservarla assorto mentre i suoi pensieri vagano, con molta probabilità, da tutt'altra parte.

Infine l'ultimo aspetto emerge in battaglia. Victor è un uomo d'armi e si vede ogni qual volta mette in pratica i suoi studi marziali. Ogni posizione di combattimento rispecchia il suo atteggiamento, ogni movimento è frutto di lucida coscienza di ciò che ha attorno ma tutto cambia improvvisamente quando colpisce; una furia che si manifesta in maniera improvvisa e brevissima. Quest'uomo affronta il campo e sceglie i propri nemici con la mente e li colpisce con il cuore.

La Locanda




Era una sera qualunque nella locanda gremita; viaggiatori infreddoliti dalla pioggia battente si erano rifugiati nella grande sala per crogiolarsi al tepore del fuoco e trovare conforto in una pinta di spumosa birra scura. Le risate non erano di certo molte, La Tempesta del Caos ha lasciato una traccia troppo evidente sul popolo dell'Impero. Per quanto le regioni meridionali siano rimaste fuori dal conflitto principale bande di uominibestia, cultisti e briganti piagano tutte le regioni. I soldati di professione avvertono la stanchezza e i coscritti sono stremati ma, cosa più importante, tutti vogliono tornare alle proprie case. E' questa la vera bandiera che tiene unite ancora le truppe: la speranza di poter tornare a vivere come prima dell'arrivo di Archaon.
Il grande camino crepita e schiocca come una frusta quando il grasso di grosse salsicce cola sul fuoco e la brace; l'oste sonnolento e annoiato pulisce i boccali di peltro e di legno con movimenti lenti e regolari, quasi ritualistici. Una timida melodia di liuto comincia ad accompagnare il lieve brusìo.
Nessuno si accorge della figura che striscia dalla finestra della cucina; la moglie dell'oste, padrona severa della cucina, è distratta nella dispensa; l'ombra gocciante di pioggia scivola per le scale che portano in catina come un velo silenzioso e oscuro; le tracce si perdono nell'acqua che la cuoca rovescia continuamente dai grossi pentoloni di zuppa di patate.
La cantina è buia, illuminata solo da un fascio proveniente dalla cucina, una lama di luce sufficiente per scorgere l'ombra che armeggia con le botti della birra.
"Pochi grammi ognuna, solo pochi grammi ognuna" sussurra l'oscuro figuro mentre versa un pizzico di polverina in ogni botte. Dopo aver finito si rintana nell'angolo opposto e aspetta paziente come una statua dalle forme indiscernibili.
Più la pioggia cade, più gli avventori sono cupi e più questi ultimi bevono; l'oste percorre le scale della cantina molte volte e molte volte riempie caraffe destinate alla sala comune, ignaro è l'uomo dell'ombra che lo osserva dall'oscurità come sono ignari gli ospiti della locanda mentre trangugiano la bevanda che molto poco conforta i cuori tristi provocando solo torpore momentaneo alla mente.
Il tempo passa e al rumore battente della pioggia si odono i tonfi dei corpi che cadono. I colpi sordi cessano e passano lunghi minuti silenziosi; l'uomo d'ombra guarda il soffitto della cantina ridacchiando soddisfatto avviandosi verso le scale che portano alla cucina. Ogni passo sulla pietra equivale al rintocco dell'orologio che decreta il tempo rimasto agli avventori della locanda.
Fuori la locanda ombre scure si radunano sotto la pioggia, alcune ciondolanti, altre veloci come fugaci pensieri di paura.
La figura ammantata si fa sulla porta.
"Portateli in cantina aspettate che si sveglino."
Con pazienza i burattini scarnificati si adoperano per il loro signore, con diligenza e pazienza obbediscono ai suoi ordini perché sanno che presto la loro fame potrà essere placata.
La cantina si illumina di fioche luci di candela che proiettano ombre contorte e movimenti spaventosi. Uno degli ospiti della caverna si contorce di dolore su un empio tavolo di pietra che una volta ospitava formaggi stagionati ed ora è solo un altare di depravazione. Rivoli di sangue ricoprono la lastra, una ragnatela rossa cui solo gli dei oscuri possono apprezzare. Il vento nero della magia comincia a permeare la cantina mentre l'uomo cantilena e con precisione chirurgica tagliuzza l'uomo in vari punti per non farlo morire subito ma permettere un lento e costante dissanguamento.
L'uomo sta per morire, la droga lenisce il dolore in un certo qual modo ma l'istinto di sopravvivenza rende nuovamente cosciente la mente facendo piagnucolare la vittima sacrificale.
Il Negromante finisce di cantilenare e guarda il suo operato, gli occhi spiritati della lucida follia brillano compiaciuti:
"Shhhh" pronuncia dolcemente mentre pone le sue labbra sulla fronte della vittima baciandola.
"E' grazie a te che avrò altri figli da accudire, è grazie a te che lo sforzo non sarà vano. Mille grazie figliuolo."
Il Negromante si volta e lascia la sua vittima a morire notando che pian piano qualcuno degli uomini sopiti si sta ridestando. Guarda i suoi servitori aprendogli le braccia "Stanno rinvenendo figli miei". Abbassa le braccia e scosta quattro degli ospiti in un angolo.
"Quando questi quattro saranno svegli divorate gli altri" il tono diventa quello di un amorevole padre "tenete da parte qualcosa ed uccidete gli spettatori, quando si sveglieranno avranno fame. E noi non vogliamo soffrire la fame vero? Bravi i miei figli, non vorrei punirvi per la vostra ingordigia."
Così come la figura era arrivata, ora si fa sulle scale percorrendo i gradini per andarsene improvvisamente voltandosi come se stesse per dimenticare qualcosa "oh, figli miei, aspettate che siano ben svegli e mangiate con calma; devono essere ben svegli. Chiudete bene quando avete finito." Gli occhi divengono due sfere di fuoco per l'ardore compresso al loro interno. Con passi lenti e cadenzati la figura si allontana dalla cantina, passa la sala comune ed esce; la pioggia è lievemente diminuita ma permane un lento e costante canto delle gocce che si infrangono contro tutto e tutti. Il mondo è calmo e in pace, armonizzato da questa canzone della natura ma ad un tratto un urlo squarcia la notte e spezza il rumore lieve della pioggia e a questo urlo se ne sommano altri. Urla disperate, di dolore e sofferenza, di cieca follia che coglie solo gli individui che osservano uno spettacolo capace di spezzare la mente. Le urla continuano a lungo mentre l'uomo oscuro sotto la pioggia parla alla sua stessa persona "Bravi e ubbidienti…come sempre".
Le orme si perdono nel fango mentre la figura si allontana nella notte; finite le urla i morti, eccitati dal banchetto, distruggono i mobili della locanda e si affaccendano per seguire gli ordini del proprio signore sigillando la cantina con assi, chiodi lunghi come un dito e un lucchetto pesante e si allontanano anche loro nella notte.
Ritorna infine padrona della scena la pioggia e il suo genitore il cielo rinforza il canto della pioggia, facendola scrosciare, come per lavare via la macchia dell'empietà da quel luogo di orrore, come se piangesse per il destino degli uomini che in quella cantina hanno incontrato il loro destino.

Frammenti







estratto dal diario di Eruin 

 I nuovi compagni non sembrano male, sanno il fatto loro, decisamente piu' esperti dei precedenti, a noi si e' aggregato un cavaliere bretone , Victor , lui e' molto organizzato per essere un semplice cavaliere, la mia proverbiale riservatezza , retaggio della mia razza, mi impedisce di chiedergli dettagli ma allo stesso tempo sarei curioso di saperne di piu' sul suo conto.

Mio fratello e' sempre il solito , se ne sta da una parte a bonfonchiare contro chissa' chi o cosa, non gli va mai bene nulla le cose vanno fatte a modo suo, ma di cosa mi lamento e' cosi da 50 anni...mi fa sorridere il suo modo goffo di camminare bofonchiando...

Tardas e' un tipo che non mi convince , fa troppe domande, lo tengo d'occhio , ma non sembra cattivo solo che e' chiaro che qualcosa non quadra.

Goren e' un tipo pacifico, fiero come tutti gli umani , proviene da una regione di guerrieri molto famosi per la loro risolutezza , le sue vesti parlano chiaro sicuramente le sue abilita' nel trattare le ferite potra' esserci utile, mi auguro il piu' tardi possibile.


Theowolf invece non riesco a capire di cosa si occupi, mi sembra piu' propenso al combattimento in mischia , non parla molto , ma e' un tipo di compagnia sempre con la battuta facile come molti umani, mi chiedo dove trovino tutta questa fretta di vivere, dal non fermarsi un poco a riflettere sulle bellezze che ci circondano, anche tutt'ora riesco ad intravedere sotto un cupo manto di disperazione ed orrore la sua infinita bellezza.

Purtroppo l'animo umano non sa misurarsi , non sa trattenersi , nei millenni di storia che il mio popolo ha vissuto c'e' sempre stato qualcuno assetato di potere , qualcuno che volesse prevalere sugli altri, l'ambizione degli umani spesso si e' tramutata in oppressione, sete di potere e corruzione.
Nel mondo naturale questo non esiste, esiste l'animale feroce che caccia la sua preda, ma caccia solo per necessita' , caccia solo per vivere, non per accumulare ricchezza o potere , la bestia anche la piu' stupida sa che distruggere del tutto le sue prede significherebbe morire, non capisco come non riesca a capirlo un essere evoluto come l'essere umano, in tutte le sue razze.

Sono stanco e' tempo di dormire ora...

L'inizio





Era decisamente una giornata storta, lo sapeva Eruin , lo aveva letto in quei piccoli messaggi che la Madre gli stava mandando come ogni mattina, il vento soffiava e non portava il solito odore di primavera , portava un odore di morte, desolazione e tristezza.

Ormai erano molti mesi che continuava questa avanzata delle forze del caos, troppi gli amici caduti, troppo presto la morte mieteva compagni di avventure, non si faceva nemmeno in tempo a conoscerli per bene...

Ma questa volta lui e suo fratello Nilisir si erano inbarcati in un avventura forse più grande di loro stessi, avevano trovato un posto in una delle ronde partite da Nuln, si dirigevano verso sud est , sembrava che qualcosa si muovesse da quelle parti, era giunto il momento di contrattaccare , anche se in parte, di restituire pan per focaccia a quegli esseri malvagi.

Nessuno poteva prevedere che l'indomani sarebbero caduti nell'ennesima imboscata, ennesimo segno dell'inesperienza con il quale venivano gestiti gli eserciti da quelle parti, Eruin era stanco della disorganizzazione tipica degli umani e del loro pressapochismo che li rendeva troppo avventati.

Si salvarono per un puro caso, e questa volta doveva la vita a suo fratello, brontolone, sempre scontento, e sempre pronto a criticare ogni sua decisione, era così fin da quando erano piccoli, più litigavano più si sentivano vicini, più facevano le cose insieme e più ironizzavano l'uno con l'altro, ma sempre uniti e fedeli l'uno all'altro nel momento del bisogno, d'altronde erano l'un per l'altro famiglia.

Così si ritrovarono in un casale abbandonato insieme ad altri 4 sventurati facenti parte della spedizione e salvi dall'imboscata per miracolo.

[29-11-2013] Resoconto missione Equipe Rouge

  Equipe Rouge



Nell'ambito di una missione coordinata con le altre brigate operanti su Parigi, la Brigata Libertè aveva due compiti: creare diversivi che sviassero l'attenzione dei nazisti e recuperare due prigionieri.
L'équipe rouge, composta dal sottoscritto Gilbert, Ray, Jonathan e da François aveva
come obiettivi primari:


  1. Creare un diversivo, facendo saltare in aria la stazione del metrò di Grenelle diventata un piccolo avamposto nazista con fini di approvvigionamento di acqua. Per la buona riuscita della missione generale la stazione deve saltare in aria alle ore 1:00.
  2. Recuperare un mezzo atto a riportare rapidamente le due squadre ed i prigionieri al covo della Libertè: appuntamento con l'équipe bleu alle ore 1:45 con finestra di 15 minuti di tolleranza. In ogni caso per le ore 2:00 il mezzo deve partire ed il covo ove era nascosto deve essere distrutto.
Le due squadre partono insieme dal covo in modo da trovarsi per le ore 0:00 alla stazione Grenelle usando i tunell del metrò guidati come sempre da Liz. Una volta entrati nella stazione attendono la prima ronda, che si presenta così come preventivato grazie ad una nostra eroica fonte. La fortuna per una volta ci assiste: l'unica guardia della ronda inciampa per le scale cadendo davanti ad i nostri occhi. La finiamo rapidamente e poi la ammanettiamo ad una scaletta, opportunamente nascosta, per evitarne il "risveglio".
Percorriamo rapidamente la banchina della metrò sino alla fine. Qui troviamo la seconda ronda, il sacrificio della nostra fonte non è stato vano. Liz, Jonathan e Ray eliminano rapidamente le guardie, ignare della nostra presenza, con le pistole silenziate dateci da Chef.
A questo punto le due squadre si separano: l'équipe bleu lascia la stazione continuando la sua missione; l'équipe rouge rimane nella stazione, dirigendosi verso il punto prescelto da minare.
Lasciamo la cassa di tritolo nascosta nel tunnel in modo da muoverci liberamente.
La seconda garitta nel nostro cammino è deserta, a questo punto rimane solo un'altra garitta sul percorso previsto. Io, Jonathan e François rimaniamo appostati su una scala a chiocciola, dopo aver recuperato la cassa di tritolo, mentre Ray continua la discesa andando in avanscoperta.
Jonathan sente una guardia nazista in fondo al corridoio che porta alle scale ove siamo appostati, la guardia sta probabilmente cercando la sentinelle della prima ronda. Io e François ci nascondiamo dietro l'angolo mentre Jonathan si stende a terra nel corridoio buio con l'intento di sparare con la pistola silenziata alla guardia nazista mentre questa si avvicina a noi . Sfortunatamente il colpo di pistola di Jonathan manca di poco la guardia che ovviamente lancia l'allarme.
Ray nel frattempo ha individuato il nazista di guardia nell'ultima garitta e gli lancia una molotov prima di irrompere e finirlo. Dopodiché torna da noi trovandoci ormai impegnati in uno scontro a fuoco nel corridoio.
Il tempo a nostra disposizione é agli sgoccioli, Jonathan é impegnato in prima linea nello scontro a fuoco così decido di recarmi con Ray a minare la stazione.
Una volta giunti al punto da minare Ray torna a dar manforte a Jonathan e Fraçois: 15 minuti alle ore 1:00 esattamente il tempo necessario a minare ed abbandonare la stazione prima dell'esplosione.
Ray, Jonathan e Francòis sono riusciti con coraggio ed una buona tattica ad aprire la strada verso l'uscita abbattendo vari nazisti accorsi dopo l'allarme. Grazie alla loro efficienza e ad una buona strategia coordinata, fuoco di copertura e rapide sortite, siamo riusciti a lasciare indenni la stazione poco prima che saltasse in aria, con soli due minuti di ritardo rispetto l'ora schedulata a causa di una miccia difettosa. I cinquanta chili di tritolo che ci ha dato Chef hanno fatto il loro dovere, sono sicuro che lo abbia sentito anche Chef.

A questo punto ci siamo diretti verso il rendez-vous, guidati da François che era cresciuto nel quartiere prima della guerra. Grazie alla sua guida siamo giunti al rifugio intorno alle ore 1:20, in orario rispetto al piano
Come da consegne Jonathan ha sistemato il mezzo nascosto nel rifugio ed io ho provveduto a minare l'edificio mentre Ray e François erano di vedetta.
Alle ore 1:45 il mezzo era pronto a partire e l'edificio minato: nessuna traccia dell'équipe bleu. Abbiamo atteso fino alle ore 2:00 poi, come da ordini del comandante, abbiamo evacuato l'edificio ed abbiamo fatto brillare le cariche.

A parte l'inconveniente della miccia difettosa, che ha causato i due minuti di ritardo per l'esplosione della stazione di Grenelle, tutto è filato liscio. Tutti gli uomini hanno rispettato le consegne e si sono mossi con intelligenza, seguendo il piano congegnato grazie alle informazioni estremamente precise e dettagliate forniteci dal comandante e dalle nostre fonti. Grazie a questi fattori gli obiettivi preposti sono stati raggiunti rispettando i tempi previsti, i rischi sono stati ridotti al minimo e tutti gli uomini dell'équipe rouge sono tornati illesi.

In fede

Gilbert Treidou





martedì 3 dicembre 2013

BG: Ray “Raynold” Malone



Ray “Raynold” Malone

Ray Raynold Malone di chiare origini italiane  nasce a Brooklyn , New York  nell’Aprile del 1912 , dall’unione tra Molly O’ Neal, figlia di immigrati irlandesi  e Robert Malone, figlio quest’ultimo di immigrati italiani. Ragazzone alto 1.90m per una stazza complessiva che si aggira sui 90 Kg, gran sportivo ed appassionato di football americano.
Crebbe nella famosa Little Italy , partecipando attivamente alla costruzione del quartiere ed al mantenimento delle “regole” della buona famiglia, fin da piccolo si schierava a difesa dei più piccoli , vista la sua stazza che già nei primi anni risultava evidente.
Partecipò e fondò la Three-Coloured Shamrock unendo piccole bande di monelli italoamericani con piccole bande di piccoli furfanti italo irlandesi.
Ebbe il merito di saper riconoscere, apprezzare e intrecciare i lati positivi delle due culture , trasformando un accozzaglia di furfantelli spocchiosi in un gruppo unito che traeva la sua forza proprio nelle differenze di tradizioni.

Questa piccola banda salda e ferrea ben presto fu lo stimolo anche per le due comunità più grandi, che ben presto iniziarono a cooperare rendendosi conto che unendo le proprie conoscenze , ed omogeneità , dopotutto la religione cattolica era un motivo di forte unione tra la cultura irlandese e quella italiana, avrebbero potuto affrontare i soprusi riservati agli outsiders, dalla popolazione locale.
L’operato, negli anni, di Ray arrivò agli occhi delle famiglie mafiose locali, Lucky Luciano in particolare, interpretò il suo operato come una minaccia per le famiglie. Per questo Ray Malone decise, anche “consigliato” dalle potenti famiglie, ma sopratutto per proteggere i suoi cari, di arruolarsi.

Decise di unirsi alla Air French Force , poco prima della capitolazione della Francia nella Grande Guerra, così con i suoi amici Andrew Mamedoff, Eugene Tobin e Vernon Keogh , decise di unirsi alla Royal Air Force ( RAF ) nel 1940.
Entro in servizio come primo Americano nella RAF formando con i suoi amici le “Eagle Squadrons“, in particolare fu posto al comando della squadriglia No. 71 con base Lindsey nel Lincolnshire.
Persona buona di cuore e riservata, cambia completamente carattere quando fiuta l’odore della battaglia, famoso come la “Chioccia” per la sua predilezione nel “Mai lasciare indietro nessuno“ e per aver più volte rischiato la vita per salvare un proprio membro della squadriglia.

Caratterialmente una persona calma, riflessiva, gioviale e sempre pronta alla battuta, ma con l’irruenza tipica della miscela esplosiva di culture da cui prende i natali. Gran bevitore, molto credente ed ovviamente rinomato per la sua “piacioneria” tipicamente italiana.
Lo si trova spesso nelle peggiori bettole del luogo , a mettere pace nelle risse ed a cercare di tenere alto il morale dei vari avventori , con le sue ormai celebri storie di vita vissuta, leggende o realtà nessuno è mai riuscito a scoprirlo.

Avendo fin da giovane preso il brevetto di volo ed avendo partecipato a più di 500 lanci con il paracadute, fu parte attiva nella formazione di reparti aviotrasportati d’assalto, in segretissima connessione con ufficiali nella sua madre patria , gli Stati Uniti D’America.