mercoledì 24 luglio 2019

La vita secondo Conchobar

La vita a Beddingham scorreva veloce, freneticamente i suoi abitanti popolavano di giorno e di notte la viuzze che si districavano tra le costruzioni tipiche in pieno stile sprigan. Fu così che molti anni fa i primi omini entrati nella Casa, sicuramente Sprighi e non Boggart, che raggiunsero il primo piano, vedendo la maestosità della camera padronale decisero di stabilirsi lì gettando le fondamenta di quella che sarebbe diventata una delle più imponenti ed importanti comunità della Casa.

Gli avi degli avi degli avi, insomma i bis, bis, bis avi, o tre volte bis avi, o come era solito dire Conchobar, i suoi "tribisavi", non riuscirono a resistere all'imperioso fascino di quella città. E così ben presto si industriarono per scolpire il loro nome in quella comunità, con il loro ingegno, spiccatamente soladino, misero al suo servizio le loro arti.

L'arguzia e la sveltezza di mano contraddistinguevano la sua famiglia da generazioni, generazioni e generazioni, insomma come vi ho spiegato prima, da tribisgenerazioni, non perdete il filo del discorso diamine, che non amo spiegare due volte la stessa cosa, e soprattutto io odio chi perde il filo del discorso.

Oh...cosa dicevamo.....a si...certo...da tanto tempo che le mani e l'intelligenza dei Wonder veniva adoperata per la vie di Beddingham. Chi costruiva strani ammennicoli, che sembravano avere dubbia utilità, chi si impegnava in maestose opere ingegneristiche, chi era abile nel campo dei preziosi, chi veniva contattato per ritrovare oggetti scomparsi, chi aveva avuto tanta fortuna da diventare improvvisamente ricco, ed altre cose così...
La costante comune era appunto che i Wonder erano meravigliosamente addentro alla società, li trovavi un po’ ovunque, e ce ne erano dappertutto, non potevi startene tranquillo un attimo che...apparivano. Soprattutto nei luoghi più prestigiosi della prestigiosa tra le prestigiose, detti anche i tribisprestigiosi....va beh erano ovunque al punto che i buoni omini di Beddingham erano soliti inneggiare al loro avvistamento con un laconico "Ecchetelitiè", che divenne un po’ il mantra della famiglia.

Non sto qui a dirvi che veniva ripetuto in ogni festa di famiglia, ogni volta che due Wonder si incontravano, in ogni strada o viuzza al punto che alla fine non si riusciva nemmeno più a capire quanti Wonder ci fossero, era tutto un "Eccotelitiè" e gente che freneticamente si spicciava a far largo, ovviamente per la tribismaestosità della famiglia, piuttosto che mettere mano al portamonete, per omaggiare cotale scienza infusa. Diciamocelo, concedetemelo, la "dinastia dei Wonder" era ormai famosa, apprezzata, temuta per la sua innegabile bravura nell'usar le mani a mo’ di lavoro.
Come che vuole dire?
Mamma omina santissima, tipica espressione di Conchobar, sapevano crear dal nulla un lavoro e soprattutto una fortuna.
Non era difficile no? State più attenti però che i Wonder non sono nati per pettinar le mini bambole, ne stiamo qui per smacchiar Gechi maculati eh...

Beh Conchobar non era molto differente dai suoi tribisavi, ma ben presto, per quanto tribismaestosa fosse Beddingham, e per via di un paio di affari non proprio riusciti, ma soprattutto per via del fatto che la calca che lo cercava per ringraziarlo dei suoi prestigiosi lavori si era fatta un po’ troppo insistente e facinorosa, colse il gentil consiglio dei gendarmini che una mattina lo scortarono fuori città. Chiedendogli la cortesia di non fermarsi a salutare nessuno dei suoi tribistanti estimatori che accorrevano verso di lui, agitando mini cucchiai di cheratina, bastoni lunghi ed oggetti appuntiti in genere. Tipica usanza di Beddingham, pare..., il saluto facinoroso, al quale la famiglia Wonder era bensì avvezza ma Conchobar troppo stanco per poterlo sopportare ancora, ancora ed ancora, tribisancora in poche parole.

Dopotutto da grandi mini poteri derivano grandi mini responsabilità, e quindi a malincuore Mastro Wonder, decise di andare a portar il suo ingegno altrove, lì dove nessun soladino era mai giunto prima. Dopotutto come si può confinare l'ingegno, non sarebbe giusto se altri luoghi ed altri omini buoni non potessero apprezzare l'arte Wonder. E' dura, lo so, lo capisco, ma gli eroi non si nascondono dietro a mezzuccoli né fuggono dai perirgli, gli eroi sono eroi, e noi lo vorremmo essere, anzi tribiseroi perlappunto.

E cammina che ti cammina, che cammina, tribiscammina raggiunse il lontanissimo Sottogradino, era una cittadina ridente, organizzata e pulita, ma mancava quel tocco Wonder, quel nonsoché di puro ingegno, strade tutte uguali, utensili comuni, nessun macchinario innovativo, nessun "Eccotelotiè", ma Mastro Conchobar non si perse d'animo e tirò fuori le sue mirabolanti mercanzie. Come potevano passare inosservate?
Ed infatti da lì a poco giunse un estroso Boggart, niente popò di meno che lo stimato e rinomato, Professor Tyrol Chesterfire, mente indubbiamente tribisfenomenale che riuscì ben presto a capire quanto rari e preziose fossero le mercanzie di Mastro Wonder. In men che non si dica due antichi manufatti, di indubbia utilità e rarità erano stati venduti. Ad un prezzo più che congruo per la conoscenza che imprigionavano al loro interno, un prezzo esiguo comparato con la loro enorme utilità. Ma quello che poi cambiò effettivamente la vita dell'ingegnoso soladino fu la stramba richiesta di trovare un libro assai raro quanto, probabilmente inesistente, che il Professor Chesterfire fece a Conchobar, pagandolo in anticipo. Ed ancor più strano fu il fatto che questo fantomatico e rarissimo libro, fu recapitato a Mastro Wonder il giorno dopo l'incontro con il professore, e che gli venisse anche indicato dove andare a consegnarlo.
Ma fedele alla sua parola data e poiché Sottogradino era alquanto noiosa al giovane soladino non rimase che avventurarsi, insieme ad una insolita compagna di viaggio, con cui condivideva la ricerca del Professore. Tale Arianne, fatina che si dilettava in duelli originaria di La Ruelle. Tipa veramente insolita, aggraziata e dolcemente premurosa da un lato, ma feroce e spietata spadaccina dall'altro, al punto che Mastro Conchobar rimase affascinato dalla bipolarità tipica di soggetti come lei, almeno da quanto rammentava dalle sue letture in campo medico.

Decise quindi di studiare da vicino tale fenomeno, perché non riusciva a concepire come una perfetta massaia, tutta lavoretti di casa, cucina da leccarsi le antennine e bucato tribisesageratamente profumato, potesse essere la controparte ad una abile spadaccina che sembrava saper ricamare con la sua lancetta d'orologio come con un piccolo ago faceva su un calzino. Arianne la rammendatrice, pensò di chiamarla, ma non ebbe il coraggio di dirglielo, si sa le donne son sempre suscettibili a certi concetti, sia mai che pensasse che fosse un soladino retrogrado inneggiante al motto "omina schiava zitta e lava" o concetti simili...
Omina santissima SIAAAA MAIIII eh ancora sentiva risuonare i famosi "paccheri Wonder" dati con tribisprecisione dalle soladine, che con precisione chirurgica lanciavano le ciabattine inesorabilmente contro il testone dei maschi di famiglia.
No no questa cosa sarebbe rimasta tribissegreta, Sprigo si, ma mica scemo.


Dal diario di Mastro Conchobar

Capitolo 1.1 - Il Ragno Meccanico

Glassburg, Ottobre VI A.C. (97 s.P.)

Mon cher frère,
ti sto scrivendo da un delizioso appartamentino di Teller, nel livello più alto della Città Vetrata, da qui la vista sulla Sala da Pranzo è magnifica e, nonostante La Ruelle sia così distante, quando cala la sera si vedono le luci della soglia e mi sembra tra queste di riconoscere quella di casa nostra. Anche Astraviya da qui offre uno spettacolo incredibile all'alba e al tramonto.
Vorrei raccontarti cosa sto facendo e come sono finita quassù, sai che esiste una clinica di Fabergè anche a Glassburg? Non saremo obbligati a tornare a Nerolucido quando avremo raccolto i soldi necessari, possono aiutarti anche da qui! 

Ormai è passato quasi un mese da quando ci siamo salutati per la seconda volta, la mia è stata solo una visita di passaggio perché eravamo sulle tracce di quel bizzarro boggart, lo ricordi? Il Professor Tyrol Chesterfire che conobbi a Sottogradino.
Beh... sono successe alcune cose davvero assurde da quando mi sono messa sulle sue tracce!

Avrai trovato il crì che ti ho lasciato nella scarpa sul muro, era per le emergenze, parte di un anticipo per l'incarico che mi ha assegnato un tale Armand Le Jaque, di Mont Guignol, collega del professore. Mi ha chiesto di ritrovare il suo caro amico, atteso da settimane e mai giunto. Allora mi sono messa in viaggio da Sottogradino insieme a quel soladino che ti ho presentato, ricordi Mastro Conchobar? Ci siamo conosciuti lì, a La Posada di Dona Miranda e abbiamo viaggiato assieme fin quassù, seguendo le tracce di Chesterfire che, purtroppo non abbiamo ancora rintracciato.

A Sottogradino abbiamo parlato con gente per bene, come Ser Algibert Vanderhause del Club di Caccia locale e altri tipi meno raccomandabili, come Goldfinger, un droghiere boggart di nome Leopold Grislow che gestisce traffici poco chiari. Da loro abbiamo scoperto che il Professor Chesterfire aveva assoldato una guardia del corpo, tale Frederick Legeirs e si era diretto verso il Reame, dove aveva avuto problemi con il visto alla dogana ed era stato quindi costretto a cercare una via d'ingresso dalle intercapedini, sai quelle che si dice siano usate dai contrabbandieri che sbucano vicino alla Culla di Cera?
E così quando abbiamo lasciato La Ruelle siamo andati verso gli allevamenti di bombi, per vedere se qualcuno avesse per caso incrociato e riconosciuto il professore, scoprendo però qualcosa che forse è arrivata in qualche modo anche da voi.

Molti allevatori e fattori avevano dovuto abbandonare i loro terreni e dimore a causa di una recente invasione di vespe, dovuta, a quanto raccontavano persino i gendarmi di pattuglia, alla comparsa di un ragno enorme, gigantesco, rimasto incastrato in una crepa sul muro proprio ai margini dei territori delle api. Praticamente il ragno aveva spaventato i calabroni, che si erano spostati scacciando le vespe, che erano infine migrate fuori dalla riserva causando un gran macello.
Alcuni cacciatori si stavano così organizzando per abbattere questo ragno, ma non erano gli unici interessati...

Caro Hectòr, non voglio farti preoccupare, ma dopo aver lasciato La Ruelle il nostro viaggio è stato molto più pericoloso di quanto avrei mai immaginato, niente a che vedere con le quattro blatte che abbiamo cucinato assieme (le Cafard Royale della cena di Mabon era buonissimo!), siamo stati assaliti di notte da un gruppo di briganti e per la prima volta ho sfoderato la lancetta del Maestro Coriolo per difendere la mia vita, non solo per onore o qualche trofeo... e purtroppo devo ammettere di non essere stata all'altezza.
Tu mi hai vista allenare giorno e notte e sai che non demordo, lo sanno tutti, glielo sento sussurrare durante le gare, non mi arrendo perché ho uno scopo, e tu sai bene quale sia. Eppure levar la lama contro un altro omino che vuole ucciderti, o combatte per la sua vita, non è la stessa cosa.
Quando ci sono saltati addosso ho evitato facilmente una prevedibile cucchiaiata e ho risposto come mi è stato insegnato, senza trattenermi come in una gara, ed il sangue è zampillato: sangue dorato di fata, denso e copioso... e lì ho avuto un blocco, ero impietrita e forse non sarei più nemmeno riuscita a difendermi se non fosse stato per i miei compagni di viaggio: stavo veramente per uccidere qualcuno?
Conchobar è un soladino dalle mille risorse, un combattente addestrato e feroce... che si fa passare per commerciante ed inventore; credimi, in combattimento è una furia... non è alle prime armi come me.
L'altro era un enorme cacciatore boggart, sarà stato alto almeno due minimetri, tutto muscoli e... poco cervello, si chiama Mac John o qualcosa del genere, parlava male persino il domestico, si è fatto assoldare per una miseria, però è stato onestissimo ed ha svolto il suo lavoro di guida in maniera impeccabile, proteggendoci e combattendo valorosamente al nostro fianco.
Hanno pensato loro due ai briganti, mentre io ero lì imbambolata... mi sono sentita veramente stupida ed inadeguata e ho continuato a pensarci anche per tutto il giorno dopo!

Insomma, le Brute che mi aveva aggredita lo abbiamo preso vivo, altri due son scappati e Mac voleva farlo fuori ma li ho convinti a patteggiare la sua liberazione. Sono stata un po' subdola forse, ma alla fine è convenuto a tutti, il brigante ha firmato un accordo in base al quale non ci avrebbe più infastidito e avrebbe tenuto i suoi compari alla larga da noi ed i nostri beni e ci ha fornito anche altre informazioni sul ragno gigantesco ed il suo capobanda, tale Leòn Le Roi, che era anch'egli sulle tracce del Professor Chesterfire. In cambio l'abbiamo lasciato andare ed il giorno dopo ci siamo spinti nella riserva di caccia in cerca di questo Le Roi e della sua banda.

Non so che storie arriveranno su questa faccenda fino a La Ruelle, ma quella che ti scriverò di seguito è la versione reale e completa di ciò che è accaduto nella Culla di Cera questo settembre.
La riserva è un posto molto più pericoloso di quel che noi sappiamo, il miele in alcuni punti rallenta il cammino al punto di rischiare di tenerti intrappolato e oltre alle vespe e calabroni ci sono altri predatori in agguato: noi ci siamo imbattuti in un topo domestico!
Avevo ancora la testa al giorno prima e la carica della bestia mi ha sorpresa, ancora una volta, per fortuna, Mac e Conchobar si sono fatti avanti e ce la siamo cavata con pochi graffi, mi sono ripromessa di non farmi mai più cogliere impreparata e da una parte il trovarmi di nuovo di fronte ad una bestia del genere mi spaventa, dall'altra invece sono talmente insoddisfatta dalla mia reazione che non vedo l'ora di potermi rifare ed essere io a difendere i miei compagni!
Non preoccuparti, non andrò a cercar rogne, ma la prossima volta non mi farò trovare impreparata!

Dopo lo spiacevole incontro col grosso topo ci siamo spinti sempre più in profondità verso la parete. I miei compagni erano ricoperti di miele dalla testa ai piedi ed hanno attirato l'attenzione di un paio di vespe. Seminarle è stata dura e non ci siamo resi conto di esserci avvicinati più del previsto alla crepa del ragno: ce lo siamo trovati davanti all'improvviso, ancora più grande di quanto immaginassi, per fortuna incastrato come si diceva in giro... ma qui viene il colpo di scena!
Dalla testolina del ragno spuntavano un clavischetto e diversi moschetti ed una voce ci ammoniva di tener le mani bene in vista. Capisci? Era finto!
Costruito con legno e funghi, ricoperto di muschio e mosso da complicati ingranaggi, il ragno meccanico serviva per allontanare vespe e calabroni e liberare la zona per raccogliere il miele in sicurezza. Annunciandoci come amici in cerca di Tyrol Chesterfire gli occupanti del mostro ci fecero entrare e raccontammo di quel che la loro creazione aveva causato nella riserva e nelle zone attorno. L'idea era buona, la realizzazione magnifica, ma l'ovvio effetto ottenuto non era stato minimamente calcolato!

In due ci accolsero all'interno: Gustav Shneider, inventore e amico del Professore (autore dei progetti del ragno meccanico) ed il cacciatore assoldato a Sottogradino, Frederick Legeirs.
Ci dissero che il Professore era stato costretto a fuggire, assieme alla compagna di Frederik, una sluagh di nome Carlotta, che doveva scortarlo da queste parti, verso Unter per sottrarlo alle mire di quel brigante, Le Roi, che aveva intenzione di appropriarsi del ragno meccanico per farne il suo covo e dei progetti per costruirne altri simili in altre parti del Reame.

Mentre decidevamo il da farsi proprio Leòn Le Roi e la sua banda arrivarono ad intimarci di consegnargli Chesterfire, non sapevano se ne fosse andato.
Di comune accordo con herr Shneider decidemmo di allontanarci da un passaggio sul retro e demolire il ragno alle nostre spalle. Usammo i due topi shire che trainavano i grossi ingranaggi che servivano a far muovere in maniera realistica la testa e le zampe del mostro, li legammo a delle assi portanti e li spronammo a correr via. Al resto pensò, mostrando ancora una volta più coraggio che cervello, il prode Mac John, che decise di restare indietro e sbroccare (si! ho visto un boggart che sbrocca! è gigantesco!) e spaccare più cose possibili.
Fuggendo dalle macerie vedemmo anche Le Roi impegnato a sedare una sorta di rivolta nella sua banda, le Brute,  che avevamo liberato stava rispettando l'accordo e li tenne impegnati abbastanza da consentirci di allontanarci indisturbati.
Da quel momento la situazione è rimasta più tranquilla.
Ci siamo separati da herr Shneider e Frederick e diretti verso Unter in cerca di alcuni contatti da cui Carlotta avrebbe potuto cercar riparo.

Giunti alla credenza però abbiamo scoperto che il Professor Chesterfire aveva già lasciato la città verso chissà quale meta, su per le tubature.
Abbiamo salutato Mac John che è ripartito in direzione della Culla di Cera, Conchobar invece ha insistito per proseguire la ricerca, sembra molto interessato a trovare Tyrol il prima possibile, è stato pagato per riportargli un libro in suo possesso ed ora è ansioso di consegnarlo (a pensarci bene, il libro gli è stato pagato in anticipo e poi recapitato per posta da Chesterfire stesso, forse proprio per costringerlo ad andarlo a cercare... furbo quel boggart!).
Per quanto mi riguarda ho preferito quanto prima farmi strada fino ai livelli superiori, a Glassburg, qui a Teller sono ospite di Aaron Volikov, che già mi fece da mecenate nella gara di Astraviya e per un po' lavorerò per lui, frequentando la gente per bene della Città Vetrata e cercando occasioni per mettere da parte qualche soldo.

A tal proposito. Ho scritto anche a Messieur Le Jaque informandolo degli esiti delle nostre ricerche e rassicurandolo sulla sorte e sulle capacità di cavarsela del professore. Gli ho chiesto se è ulteriormente intenzionato a proseguire le ricerche dandogli un recapito e chiedendogli di inviare parte del pagamento per i servigi svolti e prossimamente richiesti a La Ruelle. Se ti arriva del denaro cerca di metterne da parte un po', ma non trascurare te stesso e la nostra casetta, sai quanto ci teneva la mamma che fosse sempre tutto pulito e in ordine?
Io passerò a trovarti al più presto e nel frattempo continuerò a scriverti regolarmente per aggiornarti sui miei spostamenti. Se dovesse ricomparire il Maestro Coriolo Guasta aggiornalo su tutto e dammene subito notizia, ti farò sempre avere un mio recapito.

Ti voglio bene vespetto,
cerca di badare a te stesso e se non l'hai ancora fatto chiedi all'assistente del sarto di uscire con te per Sahmain, sono sicura che le piaci!

une douce étreinte
Arianne

Prologo - Arianne Lòrene Vudruille



Reginald Vars raggiunse l’indirizzo che gli era stato indicato, una misera abitazione della periferia di La Ruelle, in una via popolare e chiassosa in cui bambini di popoli differenti si rincorrevano chiassosamente all’inseguimento di un grasso bombo ammaestrato.
Salì i tre gradini che conducevano all’ingresso e notò il piccolo campanello al lato della semplice porta, ne tirò delicatamente la catenella ed ottenne in risposta un garbato tintinnio che annunciava il suo arrivo.
Durante la manciata di secondi che trascorsero prima che la porta gli venisse aperta si soffermò ad osservare i piccoli dettagli attorno a lui: gli ottoni finemente lucidati, la ghirlanda di muschi profumati sulla balaustra del piccolo portico, le tendine ricamate che lasciavano solo trasparire l’ordinato arredo interno. Una fata, se di buone maniere, resta sempre una fata.

Ad accoglierlo fu un giovane fae, nel pieno dei focosi anni della sua adolescenza. Senza troppe cerimonie gli diede il benvenuto e lo invitò ad entrare, indicò un archetto che conduceva ad una stanza sul retro della modesta ma adorabile abitazione, dalla quale proveniva un delizioso profumo di cucinato, poi tornò di corsa presso il piccolo focolare presso cui lo attendeva un grosso libro fittamente illustrato: “Ci sono ospiti!”
Lo sprigo estrasse dalla borsa e rigirò tra le mani la piccola pergamena che era venuto a consegnare poi alzò lo sguardo prestando attenzione alla figura che adesso si era affacciata allo stipite innanzi a lui: “Bonsoir messieur...” la fata salutò in fae nobile e gli sorrise cordialmente, vestiva un abito semplice di un pallido colore azzurro, portava un fazzoletto in fronte a raccoglierle i capelli ramati ed un candido grembiule da cucina deliziosamente ricamato con vivaci ricami di api e miele.
“Madame...” rispose Reginald ricordandosi frettolosamente di togliersi il cappello in segno di saluto e rispetto “...mi chiamo Reginald Vars, messo incaricato di recapitare questo invito alla vostra padrona” si accorse quasi subito dell’errore, sentendosi gli occhi di entrambi i suoi ospiti addosso ma non fece in tempo ad arrossire per l’imbarazzo che la ragazza non trattenne una risata divertita, allentando la tensione, poi si ricompose pulendosi le mani sul grembiule: “Credo cerchiate me, Messieur Vars: Arianne Lòrene Vudruille, dovete sinceramente perdonarmi per avervi accolto in queste vesti, non attendevo di certo visite…” lui cercò di scusarsi ma appena aprì bocca venne interrotto dall’indice alzato della sua interlocutrice “...ma siete invero giunto in un momento eccellente, il pasticcio è pronto ed ho bisogno di un assaggiatore assai più imparziale del buon Hectòr…” ammiccò al fratellino seduto con il libro tra le gambe “...venite vi prego, accomodatevi, sarete stanco, giungete da Astraviya?”
Inatteso, informale, improvviso. La giornata era stata lunga per Reginald Vars e quell’invito suonò tanto bizzarro quanto accogliente. Si chiese se quella fata che avrebbe duellato per Ser Volikov si sarebbe battuta a colpi di spillo o di timballo, ma poi decise di godersi l’invito e la squisita ospitalità che gli era stata offerta e non ebbe a che pentirsene.

[...]

La luce diurna aveva da poco smesso di far splendere Astraviya, lontana all’orizzonte, dei colori di mille arcobaleni. Le ombre della sera erano padrone delle vie de La Ruelle e fate diligenti si apprestavano ad accendere i lampioni ai lati delle larghe vie commerciali della cittadina di frontiera. Un centinaio di minimetri più in là, dove le casette si facevano più fitte ed i lumi più tenui, un’esile figura ammantata nell’oscurità armeggiava di fronte alla fragile porticina di una piccola ma ben tenuta casetta.
La sacca da viaggio sulle sue spalle sembrava un pesante fardello mentre armeggiava nelle ampie vesti in cerca di qualche cosa. Quando infine trovò le chiavi tirò un sospiro di sollievo, aprì la porta e si infilò all’interno lestamente, facendo bene attenzione a non far troppo rumore.
Arianne superò il salottino osservando affettuosamente con un sorriso la fragile figura di suo fratello, addormentatosi ancora una volta con la Storia Illustrata della Guerra Domiciliare tra le braccia. Arrivata in cucina posò in terra la sacca da viaggio e con premura ne estrasse un lungo fagotto, ripiegato con estrema cura che si affrettò a riporre in alto, sopra la credenza, poi dalla sacca estrasse delle vesti, anch’esse ripiegate a dovere, accese un lume ed uscì sul retro, fino ad un catino ricolmo d’acqua, dove le spiegò ed iniziò a pulirle: la manica era strappata e la grossa ed intensa macchia dorata era in esatta corrispondenza della vistosa fasciatura che le stringeva l’avambraccio. Rimosso il sangue si occupò di rammendare la manica della camicia e solo una volta riposto l’abito da duello nella cassapanca, insieme a pantaloni, stivali e corsetto, si occupò di cambiare le bende alla ferita. Infine svuotò il sacchetto che portava alla cintura su un comodino, contò una ad una le piastre guadagnate, ne nascose una buona parte dentro una vecchia scarpa appesa alla parete, lasciandone solo un paio a portata di mano per le necessità quotidiane.
La grande finestra iniziava già ad illuminarsi nuovamente della splendente luce del giorno quando infine, esausta, crollò sulla brandina.

[...]

Era tardo pomeriggio e suo fratello non era ancora rincasato. La cena era fredda ed Arianne iniziava a spazientirsi, o forse era solo in pensiero.
Avrebbe voluto sedersi a tavola ed immaginare che tutto fosse come gli altri giorni, che dopo cena sarebbero andati a coricarsi ed il giorno dopo di nuovo a lavorare, lui in bottega e lei alla locanda, mettere da parte i granelli per tirare a campare un giorno ancora e vivere di quel che avevano, dimenticando il passato, vivendo il presente e senza pensare al futuro. Invece conosceva suo fratello, Hectòr Leòn viveva nel rimpianto e nella disperazione, si rifugiava nei libri illustrati in cui cercava di rivivere le gesta del padre, anonimo eroe per cui aveva perso ogni cosa pur di difenderne il nome. Arianne invece lo faceva per lui, perché potesse tornare ad aver speranza, perchè potesse rialzare il capo, perché potesse tornare ad essere un Figlio delle Stelle.
Uscì a cercarlo, chiedendo ai bambini del vicinato se l'avessero visto, chiamandolo a gran voce e destando la curiosità di più di un vicino ed infine lo trovò seduto su di grosso fungo, con le gambe raccolte al petto e lo sguardo rivolto alla parete nord della sala da pranzo, verso i monti di Nerolucido.
"Hectòr! Hectòr Leòn scendi subito! Sai da quanto tempo ti sto cercando?"
Non ottenendo risposta la fata non ebbe altra scelta che spiegare le ali e sollevarsi fino ad intercettare lo sguardo del ragazzo: "Hector… dai andiamo a casa… ho preparato i biscotti al miele…"
"Perchè vai via?" rispose finalmente, mestamente il ragazzo.
"Lo sai, non c'è altro modo… è l'unica occasione che abbiamo…"
"Non c'è modo Arianne, non c'è bisogno, davvero…"
"No! Non voglio sentirtelo dire maledizione! Abbiamo una possibilità e vorrei tanto che invece di compiangerti anche tu cercassi di venirne fuori!"
"Ma io non voglio che tu ti faccia male per me! Non voglio Arianne! Mi sei rimasta solo tu!"
Mentre gli occhi color muschio e rugiada della fata si inondavano di lacrime gli porse le mani: "Vieni, andiamo a casa"
"Scendo da solo…"
Rapidissime le ali della ragazza battevano fino a portarla a posare di nuovo i piedi al suolo, il giovane fae invece discese dal fungo calandosi a fatica dal cappello e poi scivolando lungo il fusto.
Arianne lo attese a terra, osservando fugacemente i moncherini delle ali crudelmente segati via dai Tristellati, poi insieme tornarono a casa.

Il mattino seguente Arianne Lòrene attraversò zaino in spalla la frontiera del Reame, diretta a Sottogradino, in cerca di un ingaggio da duellante che le avrebbe fruttato quei maledetti 50 crì con cui un giorno poco lontano sarebbe finalmente tornata insieme ad Hectòr Leòn nella città natale di Mont Guignol e avrebbe pagato i tanto decantati e miracolosi servigi del Maestro Auguste Fabergè.