lunedì 5 ottobre 2015

Lettere a Clea





Mia dolce Clea,
Ancora una volta ti scrivo dalla penombra di questa angusta dimora, nascosta tra i sudici palazzi della parte più decadente della mia città. Eppure, cara Clea, ho il sentore che questa sarà l’ultima lettera sporca di polvere e fuliggine che scriverò di mio pugno. Finalmente il fato mi arride.
Qui in città regna il caos, è inverno e fa freddo, in molti sussurrano con terrore l’avvento della Notte delle Bestie, la gente muore per il gelo e la fame e molti miei fratelli minacciano di prendere le armi e sollevarsi contro le nobili casate che si fanno lotta tra loro invece che impegnarsi a governare… eppure io con queste lotte tra Baroviani e Baroviani, Baroviani e Gundarakiti o Baroviani e Mostri non ho proprio nulla a che fare, anzi, ne ho ben preso le distanze e questo spero potrà farti star tranquilla, mia dolce Clea.
Il mio nuovo lavoro procede bene, il dottore di cui ti ho scritto nella lettera precedente mi ha accettato come suo aiutante ed apprendista, il suo nome è James Nathaniel ed è molto ricco, è giunto in città meno di un anno fa e messo su famiglia. A volte mi chiedo perché scegliere un posto così remoto ed inospitale come Barovia se si è così abituati a viaggiare come lui dice di aver fatto, ma poi penso che la risposta sia l’Amore. Si è sposato ed ha avuto una figlia da una giovane fanciulla baroviana ed ora ha avviato la sua attività per garantir loro una vita agiata. Mia amata Clea mi sento così fortunato ad averlo incontrato! Nessun ricco baroviano avrebbe voluto un assistente gundarakita, ma il Dr.Nathaniel viene dall’occidente, dal regno chiamato Mordent, ed in cambio del mio aiuto mi permette di studiare sui suoi testi e persino di esercitarmi nelle sezioni dei cadaveri nel suo laboratorio.
Hai capito bene cara Clea… diventerò un chirurgo! Un medico! Chi l’avrebbe mai pensato? Il dottor Nathaniel dice che ho talento e imparo in fretta ed io non ho altra aspirazione che imparare la sua arte e guadagnare abbastanza per venire da te a Cuzau e chiedere la tua mano. Posso fingermi baroviano, davanti ad una ricca dote i tuoi non esiteranno e finalmente potremo sposarci!

Domattina di buon’ora dovrò aprire la bottega e pulirla per bene prima che il maestro arrivi, a volte quando fa particolarmente freddo rimango a dormire lì, è più calda del rudere da cui oggi, spero per l’ultima volta, ti scrivo…

Con Amore.
Gyula


Cara Clea,
Anche oggi la giornata è stata lunga e faticosa, vorrei scriverti ancora molte cose, dato che d’inverno le consegne della corrispondenza sono più rare e non potrò farti pervenire notizie così spesso come vorrei, eppure sono molto stanco e condividerò con te un solo pensiero sul mio maestro.
Inizio a conoscerlo un po’ meglio, è un uomo vitale, ha buoni modi ed è molto convincente, mi accorgo solo ora, dopo settimane che passo con lui ogni giorno, che probabilmente lascia trasparire di se un’immagine che non corrisponde totalmente alla realtà.
Passo intere giornate a spolverare e mettere a posto i suoi unguenti, le sue misture e poi di notte, chiuso nel retrobottega con un qualche cadavere imbalsamato a leggere libri di medicina e botanica e mai e poi mai mi è capitato di notare qualcosa che si avvicini a ciò che lui vende. Oggi gli ho chiesto per la prima volta informazioni ma sono stato liquidato con un “non puoi ancora comprendere certe cose”. Eppure mia dolce CLea, tutto si può dire tranne che il tuo Gyula sia un fesso o uno sprovveduto e così durante la mia pausa, gli ho fatto qualche domanda di medicina, libro in mano, chiedendo conferma di frasi che fingevo di leggere dai suoi stessi volumi ma che in realtà distorcevo dandogli il significato opposto.
Non ci crederai, ma il Dr.Nathaniel mi ha confermato con le sue risposte vaghe o logorroiche di non conoscere molte delle basi della medicina moderna, come l’esatta collocazione delle viscere nell’addome.
Ho pensato potesse essere solo stanco, o poco interessato… eppure poi lo vedo parlare con un cliente e dargli consigli che documentandomi definirei a dir poco “azzardati”. Per un istante il mondo mi è crollato addosso ma poi ho pensato a te, e a me, e al fatto che anche se James Nathaniel si finge medico ma è in realtà un ciarlatano io ho comunque la possibilità di imparare tutto ciò che serve dai suoi libri! E poi se lui con così poche nozioni è riuscito a diventare così schifosamente ricco pensa a quanto potrei diventarlo io perfezionando l’arte della medicina!

Nei prossimi giorni dormirò in bottega, il gelo torna a farsi più pungente e di notte si sentono sempre più ululati, mi sento più al sicuro nel quartiere della torre che in questo buco. Tornerò presto a prendere le mie lettere e le consegnerò al messo viaggiatore per la metà del mese, dovrebbero giungerti entro pochi giorni.

Siamo così vicini mia amata Clea eppure così lontani.
Ma non temere, molto presto staremo insieme, io e te, per sempre.

Con Amore.

Gyula

sabato 3 ottobre 2015

Metallo e nebbia


Astrid non capiva ancora quali strani eventi del fato l'avessero mandata lì. 

Si trovava in una città grigia, piena di mendicanti e borseggiatori, sovrastata da un'altissima e tortuosa torre da dove facevano capolino una dozzina di mostri di pietra arricciati che sembravano dover attaccare da un momento all'altro. Di avventure ne aveva passate tante per essere una giovane Ragazza di Barovia, ma non riusciva proprio a sentirsi a proprio agio in quel luogo.  Per non parlare del borgomastro che li aveva accolti in casa, una misteriosa donna di nome Rebeka Ditrau. Permettere a personaggi come Antonija di educare i bambini del posto a rubare e borseggiare per strada...che assurdità! Bisogna avere mille occhi a Teufeldorf. Ed è proprio per lei che Astrid e la compagnia dei Romanov sono finiti qui. La Ditrau e la sua milizia avrebbero preso parte alla rivolta contro il Conte se il gruppo mandato dai Romanov avesse scovato l'assassino di un terribile omicidio. "Facile", pensava Astrid; "dopo tutti gli orrori ai quali ho dovuto assistere finora questo sarà solo una passeggiata". Ma non poteva ancora sapere cosa avrebbe visto di lì a poche ore. Il luogo dell'omicidio era la casa delle vittime. Dalla descrizione di Vassily poche cose erano rimaste di quelle povere anime. Secondo i dirimpettai la famiglia appena trucidata non era originaria di Teufeldorf. Il marito, scomparso da qualche ora, era un medico, barbiere o qualcosa di simile; la moglie, casalinga, badava alla bimba a casa. L'unica informazione che erano riusciti a tirar fuori da quelle persone era l'indirizzo dello studio dell'uomo. Poveri di informazioni e con un Mirsej poco presente andarono allo studio. La scena che si trovarono davanti era ben poco distante dalla precedente. Il garzone della bottega si trovava esanime a terra immerso in una chiazza di sangue. Profondi solchi causati presumibilmente da due grosse mani solcavano la gola del ragazzo, il quale aveva ancora stampata nel volto un'orribile espressione di terrore. Ormai convinti della colpevolezza del congiunto delle vittime si avventurarono nella casa del garzone. La porta era stata rotta. Un brivido percorse la schiena di Astrid. L'oscurità al di là del solco sulla porta, la cruenta scena appena vista...quale abominio aveva causato tutto questo. John rimase fuori a guardargli le spalle. Al di là della porta la mano esanime di un uomo spiccava sul fondo di un piccolo corridoio. Astrid prese coraggio e si avventurò nella stanza seguita dal resto del gruppo. Il corpo senza vita del presunto assassino giaceva a terra ed in piedi, dietro la vittima, si ergeva una figura incappucciata con le mani giunte di fronte all'inguine. Sembrava coperta da una pesante armatura metallica. La stanza buia, l'innaturale silenzio, lo scintillare del petto metallico. 

Astrid prese coraggio facendo un passo verso l'ignoto essere. In quell'istante la figura levò il capo scoprendo il volto completamente metallico. La ragazza non aveva mai visto un essere del genere. Sembrava un'umana, proprio come lei, ma al posto della pelle aveva una meravigliosa armatura cosparsa di ghirigori. Le mani erano dei guanti metallici completi di giunture ed il mantello che prima la nascondeva, marrone e consunto dalle numerose battaglie, ormai le copriva ben poco. Il gelo si diffuse nella stanza. Persino Vassily che abitualmente gestiva le situazioni con prontezza e sangue freddo, pareva ibernato dalla gelida figura di metallo che gli si era da poco palesata. La figura, in silenzio, iniziò ad avviarsi verso l'uscita. Nessuno provò a fermarla. Astrid non sapeva che fare. Mentre il costrutto si trovava nel piccolo corridoio della casetta Vassily provò a fermarla senza successo. Astrid seguì la figura che si allontanava a passo sempre più svelto verso una densa coltre di nebbia seguita dal resto del gruppo. 
Le nebbie...qualcosa di familiare se così si può dire. All'interno del bianco paesaggio John si trovava accasciato a terra con delle evidenti ferite che gli avevano imbrattato le vesti di sangue. Nonostante tutto brandiva ancora le due grosse pistole fumanti che portava sempre con lui. Fu un attimo... Un colpo di pistola, la figura metallica su di lui. John riversava a terra senza dar segni di vita. Astrid e gli altri corsero da lui accertandosi del fatto che fosse ancora vivo. Ma la figura metallica svanì nel nulla seguito da Mirsej che tornò fortunatamente poco dopo. 
Cos'era quell'essere? Chi era il mandante? E soprattutto, cosa stava cercando? Solo domande riecheggiavamo nelle menti degli avventurieri. In quel momento Astrid pensó che lo stufato di Lavinia, per quanto terribile possa essere stato, era la cosa che le mancava più di tutti in assoluto.



venerdì 2 ottobre 2015

La sinfonia


Le notti del sud Barovia si assomigliavano immancabilmente l'una con l'altra il freddo pungente e le copiose piogge gli echi di una città che sta per venir avvolta dall'oblio della notte, l'incertezza su quel che avverrà il giorno dopo. Incertezza su chi ci sarà il giorno dopo.

Warwic se ne stava pensieroso alla finestra, il vetro rigato dalle gocce di pioggia che scorrevano giù, qui e la il cielo nero si illuminava con qualche lampo improvviso colorandosi di viola. 

"Il suono del violino, stridulo e potente, freddo ma intenso ". 

Quelle gocce sul vetro se avessero prodotto un suono sarebbe stato proprio quel suono li, pensava fra se e se.

Nel suo cuore invece suonava, già da tempo una melodia, che diventava ogni mese sempre più complessa. Da principio una semplice arpa solitaria nel silenzio della creatività, un motivetto pieno di speranza, voglia di cambiare gli eventi intorno a se, epicità, suoni forti squillanti potenti, si unirono ben presto piccoli corni, tintinnii di triangoli, tamburi. Man mano che passavano i giorni con l'evolversi degli sfortunati eventi quel motivetto cambiava ritmo, cambiava intensità sonore, cambiava la musica al cambiare degli scenari intorno a lui. Amici che partivano per il lungo viaggio senza ritorno, piccole gioie per piccole scaramucce trasformate in successi del tutto stuprate e cancellate e da battaglie perse in malo modo. La speranza tema portante di quella prima sinfonia, lasciava il passo alla rabbia, alla delusione allo sconforto. Quando il motivo era ormai diventato quasi un sibilo, ecco arrivare il suono di quel violino freddo, sinistro, ma potente, minaccioso, impetuoso che avvolgendosi a quel sibilo rimasto lo trasformò lo invigorì, gli fece da controcanto ed il sibilo tornò sinfonia. Si aggiunsero altri archi, timpani, piatti, i corni diventarono strumenti a fiato, arrivarono gli ottoni a dar corpo a quel motivetto che tale più non era. 
In fine si aggiunse una flebile voce che divenne ben presto coro, quello che , nel suo primo pensiero era un semplice tronco dove il Maestro stava suonando divenne un palco, il morbido e caldo velluto rosso sangue delle tende aperte, i cordoni d'oro che le tenevano spalancate. I pochi curiosi animali che ascoltavano il motivetto iniziale adesso erano folle, acclamanti, rumorose ed ansiose di poter battere le mani...

La musica suonava rigogliosa come una foresta in piena primavera, si sentivano suoni di sottofondo, la notte ora non era più buia, l'idea non era più tale ma trasudava realtà in ogni suo piccolo particolare, il motivetto ora era un concerto, potente, vibrante, il cuore gli batteva nel petto, il sangue ribolliva nelle sue vene, tutto quello che aveva sognato e sperato poteva diventare realtà. 
Su quel palco le sue mani stanche avevano ritrovato nuova vita, ed ora si agitavano e venivano seguite dai suoni emessi da ogni singolo strumento, alzandosi ancora suonando la sua arpa si guardò intorno ed una lacrima gli solcò il viso quello per cui aveva tanto studiato e lottato era li quella sera il suono era talmente perfetto che gli faceva male il cuore per tanta emozione.

Dal pubblico un sibilo si innalzò, impercettibile pian piano divenne sempre più scandito, più chiaro e più intenso...."vendetta vendetta vendetta vendetta"