mercoledì 20 settembre 2017

Errando per Laitia - Episodio 22

De le Promesse di Drago et Vittorie a Metà

Inizierò codesto resoconto scusandomi con li miei improbabili lettori per la lunga attesa. Comprendendo la massima apprensione cui posso avervi abbandonati latitando da piuma et calamaio per un sì lungo periodo, mi scuso et mi accingo a rassicurarvi che, fino al giorno in cui sto scrivendo codeste righe, le avventure de li Eclettici Viandanti sono lungi da lo essere terminate.

Le ultime parole che sigillai con inchiostro su codeste pergamene risalivano a quando li nostri eroi avevano appena compiuto la somma impresa, una de le molte, spezzando la beffarda maledizione di Piripicchio, lo Cuciniere Nero, Epirone da Piretro o come più vi aggrada apostrofarlo, et li cuccafratti furono molto grati, vedendo infine ripagata la somma pazienza dimostrata ne lo ospitare li eroi et accudire li loro feriti.
Ebbene, mentre lo mio mentore Alburno, ancora vincolato da lo potere sfuggito a lo controllo de la sua Crisopea, riprendeva lentamente le forze ne le profondità de lo insediamento sotterraneo, lo buon Arcadio, lo sottoscritto, si dava da fare ne la sede de la Scuola de li Fossi, ne la città di sopra, cercando di mettere ordine et reperire uno qualunque scritto che avrebbe aiutato ad invertire lo incantesimo.
Fu allora che ad Ertama giunse lo bellimbusto Tarquinio de Belloveso, et con lui uno esercito intero. Lo cavaliere rinnegato aveva colto la sfida lanciata da li eroi in quel di Polisnea et, vile come ci si aspetta da uno de la sua nomea, si era portato appresso decine di armigeri et persino una buona dozzina di mercenari, uno tempo combattenti votati a lo Equilibrio.

Preso come ero da li affari di laboratorio nemmeno mi accorsi di Tideo et Anfiaraio, li Bronzi di Batrace posti a guardia de la scuola, che affettarono carni et cotte d'arme prima di crollare in pezzi, ma sobbalzai quando li sgherri de lo nostro nemico irruppero in stanza, frantumando in terra con alambicchi et ampolle interi girodì di devoto lavoro et minacciandomi con le lame.
Poco potei fare io, uomo non di azione come lo colosso Frandonato, non di eccelso acume come lo lungimirante Alburno, et non paraculo come lo Peregrino da le mille risorse, et così venni prelevato et incaprettato.
Tarquinio de Belloveso mi interrogò a lungo et io fui costretto a dire lo poco che era a me noto, circa la maledizione di Piripicchio et la eroica spedizione ne li Fossi per salvarci da la balbuzie et restituire Ertama a la sua gente. Lo malevolo cavaliere decise così di attendere, senza infilarsi in cunicoli buii che li nostri eroi conoscevano sicuramente meglio, tenendo me come ostaggio et moneta di scambio per mettere le grinfie su la seconda ambra in nostro possesso, quella avuta in ricompensa da lo spirito imperituro de lo primo re: Laitiano.
Sperai a lungo che lo Magistro fosse riuscito a porre fine a la sua condizione et che fosse lui a salvarmi da lo suo carro in cui ora ero tenuto prigioniero, maledicendomi per essermi fatto cogliere impreparato et non averlo potuto mettere in guardia.

Le milizie de lo nemico occupavano la piazza antistante la Scuola de li Fossi, armigeri ben schierati et balestrieri su le balconate. Quando infine li eroi giunsero non ebbero timore a palesare la loro presenza et lo scambio venne proposto et accettato.
Capii vedendo Frandonato et Galvano avvicinarsi a lo cavaliere rinnegato, a sua volta scortato, che Alburno doveva ancora essere prigioniero di fattezze pipistrellesche, giacché mai avrebbe permesso ad altri di trattare in sua vece per la salvezza mia, di gran lunga lo migliore, nonché unico, allievo suo.
Di Tarquinio de Belloveso possono esser dette molte cose, la maggior parte de le quali sono insulti et parolacce, ma di certo non che sia uno fesso sprovveduto, né che sia uomo di parola. Lui voleva la agognata ambra, ma di stare ai patti, uno che già ha rinnegato persino lo suo cavalierato, nemmeno ci tiene più di tanto.
Fu così che iniziò la battaglia: non appena la pietra venne consegnata spade et padelle vennero sguainate et tutto, vista la schiacciante disparità numerica, avrebbe lasciato presagire rapida estinzione per la intera combriccola di Eclettici Viandanti.
Ma d'improvviso, ne lo carro, apparve lo mio salvatore: gatto, roscio et sornione, come solo lo Scarlatto Peregrino potrebbe mai apparire. Si intrufolò da lo spioncino ne lo carro, tornò immantinente in umana forma, mi slegò et poi prese da la parete lo Dente di Drago.
Soffiò in esso come fosse uno possente corno, come lo stesso Tyrus ci aveva indicato di fare, et tutti l'udirono in Ertama, ma nessuno di loro si aspettava realmente quel che di lì a poco sarebbe accaduto.

Ne lo frattempo a le porte de la Scuola de li Fossi la tenzone infuriava: Galvano sfidò a singolar tenzone lo farabutto Tarquinio, ma iniziò ad incassar legnate et subito dopo, lo nero cavaliere, mai pago di nefandezze et oscenità, si fece pure aiutare da li suoi uomini giusto per stare sicuro di non perdere. Frandonato sventolò lo padellone cercando di farsi strada verso lo carro, riuscì a salirci et spronò li ronzinanti. Lo Peregrino et io, dentro, cercavamo di tenere fuori li armigeri che ci assediavano da ogni lato, assistiti da lì a poco da lo arrivo de lo alato Alburno, ancora, purtroppo et per fortuna, sotto forma di pipistrello, che iniziò a strappare via li stolti che cercavano di assaltare la carrozza da li fianchi. Infine Rafiseno, rimasto in ombra fino a quello momento, scagliava sassi con la sua fionda sgradena, con grande maestria et violenza, cercando comunque di non esporsi più de lo stretto necessario.
Era palese che li nemici non ci temevano et fin troppo chiaro che saremmo stati sopraffatti a breve, eppure essi non sapevano ciò che noi attendevamo impazienti et che avvenne di lì a pochi istanti quando con terrificante tonfo lo possente Tyrus, lo Drago di Fiume che aiutammo in quel di Nirte, piombò minaccioso su la piazza, pronto a combattere a lo nostro fianco.
Fu allora che le sorti de la battaglia si ribaltarono: meno de la metà de li uomini di Tarquinio, lui compreso, fuggirono a gambe levate, li altri finirono inceneriti da lo soffio, sventrati da li artigli o spappolati da li colpi di coda de la inarrestabile creatura, et in pochi minuti non solo la nostra vita fu salva, ma la battaglia stessa fu facilmente vinta.

Notizia brutta fu che Tarquinio de Belloveso era fuggito et era comunque riuscito ne lo suo intento di sottrarci la seconda ambra, dopo la prima già estortaci da lo sicario Manunta ne la Selva Piamanca, nullificando di fatto tutte le nostre gesta finora compiute per raggiungere lo Magistro S.
Notizia buona fu che, non del tutto sprovveduti, li Eclettici Viandanti avevano scaramanticamente previsto lo infausto evento et avevano tracciato su la pietra stessa lo sigillo arcano de lo Peregrino, sotto forma di nota magica di colore scarlatto visibile soltanto a lui et da lui sempre rintracciabile a molte miglia di distanza.
Inoltre mancava a la conta ancora una terza ambra, più difficile ancora da ottenere, perché occorreva fabbricarla come uno tempo aveva fatto per uno misterioso committente lo magister Epirone da Piretro qui in Ertama. Lo Magistro Alburno che non gli era di certo inferiore in quanto a perizia alchemica, era lo unico di noi in grado di decifrare li suoi appunti et riprodurre lo processo, et malauguratamente era ancora vittima di perenne incantesimo metamorfico.

Lo Peregrino saltò in groppa a lo suo destrieto et partì di fretta, intento ad inseguire la scia incantata de la nota su la pietra fino a lo nascondiglio de li nostri nemici, con la specifica di non cacciarsi ne li guai et limitarsi ad osservare et riferire.
Noi altri invece decidemmo di stabilirci et riprenderci in quel di Ertama, usando ancora una volta la Scuola de li Fossi come campo base. Da li cuccafratti intanto Epirone era ancora fuori di zucca et inutile come alchimista, venne in sua vece lo suo discepolo Pagnotta, che doveva noi la vita et aiutò di buon grado me et Alburno, limitato ne le sue arti da le sue ferali fattezze, a miscelare la giusta dose di pozione che avrebbe funto da controincantesimo.
Ci volle qualche girodì ma fummo bravi, ci impegnammo tutti et tre stando molto attenti a le dosi et processi per non sprecare li rari et costosi ingredienti necessari, ma alla fine tutto ebbe esito più che positivo et, in uno sospiro di sollievo, lo mio mentore tornò a la sua forma umana. Poi si mise a correre nudo per lo laboratorio urlando di gaudio senza pudore né ritegno...
Ma in codesto caso lo si può certo capire et perdonare!
Li girodì trascorsero finalmente senza intoppi, ne la attesa de lo ritorno di Tristano o di sue nuove, auspicandoci fossero liete.