mercoledì 13 aprile 2016

Errando per Laitia - Episodio 4

De le Feste et le Mazzate


Lo Magistro Alburno cognosce innumerevoli intrugli alchemici atti ad ogni scopo, ma sovente preferisce lasciare che ad agire siano li suoi compari et restar ne le retrovie.
Fu così che in quel di Leceria giungette assieme al prode Serafino, ricercato e quindi sotto lo falso nome di Magellino, l’instancabile ed inzittibile Tristano, lo Peregrino Scarlatto, et lo ritrovato finto frate Frandonato che aveva affabulato persino Robolone et contrattato la sua salvezza in cambio di tutti li suoi averi.
La festa de lo villaggio era al contempo croce et delizia. Ogni villico si preparava alli festeggiamenti, li devoti a San Varallo e li seguaci della pristina Xeria, rispettivamente dietro la guida tam devota quam subdola di Padre Pancotto et de la Sacerdotessa Xeriana.
Lo prete della chiesetta cittadina fu lo primo a mendicar l’aiuto de lo gruppo, dopo che essi intervennero per sedare una rissa in cui era coinvolto lo suo primo portatore, Maurone il pescatore. Fu così nota, dalle parole dello frate, la peculiare tradizione di far gareggiare i portatori delle sacre statue di San Varallo e Xeria su per la via che porta al Monte Guardiamare di modo che lo primo arrivato potesse esporre l’icona del proprio culto per l’intero ciclo solare a dispetto degli sconfitti. Et la tradizione vuole anche che, pur di vincere, li seguaci dei due sacri si abbassino a qualsiasi nefandezza nel tentativo di boicottare gli avversari.


Lo Magistro, non essendo sprovveduto, non aveva granché intenzione di ficcar lo naso nella faida tra due culti, ma venne poi convinto dalla promessa di un cospicuo compenso pecuniario. Dopotutto la sacra scientia de la Alchimia necessita di ingenti fondi per esser perseguita.
La offerta che maggiormente allettò il gruppo fu però quella della divina Xeriana (divina a dir de lo Peregrino che ebbe la fortuna di conoscerla per primo, in privato), che solleticò le fantasie più perverse de lo gruppo con dettagli circa alcuni festeggiamenti “antichi” che si fanno presso lo tempio rurale in caso di vittoria.
Lo Magistro Alburno comunque non è uomo che si fa così abbindolare da le forme di una donna, sebbene nutra profondo rispetto per le divinità, vecchie e nuove. Vide comunque il vantaggio della proposta nel fatto che li suoi compagni si sarebbero accontentati di qualche sollazzo, mentre a lui sarebbe andato il grosso della retribuzione pecuniaria.

Decisero così di comune accordo, dopo aver sentito le offerte di Pancotto e Xeriana, di parteggiare per quest’ultima et tentare uno sabotaggio notturno alla struttura che regge la statua di San Varallo.
L’intera operazione filò liscia e senza impedimenti, grazie ad una mirabolante azione furtiva del giovane Serafino. Egli seppe intrufolarsi dal retro nella chiesa di paese e superar senza scrocchio alcuno un quintale di taralli, fino a trovar la statua et usar su di essa una pozione preparata per l’occasione da lo Magistro. Lo sabotaggio tramite filtro fu rapido et silente, la sostanza corrose il legno quel tanto che bastò per indebolirlo senza far notare a niuno li danni strutturali.


Lo successivo girodì era quello de la Corsa dei Sacri.
La giornata trascorse ne li preparativi. Lo Magistro la trascorse in larga parte in giro per Leceria in cerca di sostanze rare o ne la sua stanza de la Osteria della Mezzaluna rimpinguando le sue scorte di intrugli alchemici.
Verso il vespro, quando tutto fu pronto, lo villaggio intero si spostò a le pendici de lo monte per assistere alla gara e tra loro, tronfi, i nostri quattro itineranti.
Giusto alcuni istanti prima de lo inizio de la gara però, gli effetti dell’ultima bassezza di Padre Pancotto furon manifesti: quattro portatori de la statua di Xeria vennero colti da intensi dolori addominali e costretti a ritirarsi. Per li eroi non ci fu scelta se non dichiarare il loro supporto a Xeriana e prender lo posto degli indisposti, ma Alburno riuscì a tirarsene fuori con un prodigio dei suoi: miscelò due pozioni sul momento creando un intruglio dall’odore nauseabondo e dall’indicibile colore, lo diede da bere al più robusto de li portatori ammalati, tale Spallone detto il Toro, che bevendolo fu incredibilmente di nuovo in grado di gareggiare.
Con codesta abile mossa lo Magistro si guadagnò di non dover sostenere la massacrante corsa e di potervi assistere comodamente seduto al fianco della conturbante Xeriana e le sue ancelle, che si rivelarono molto grate per l’intervento et, poco dopo, per li esiti del sabotaggio de la notte precedente.
Fiducioso de li suoi compari et quindi sicuro per l’esito de la gara lo Magistro volle scommettere anche 50 cei su la vittoria di Xeria con un dom, vecchia conoscenza di Tristano, corrispondente al nome di Vincensio.


La corsa fu quindi sostenuta da Frandonato (che non ebbe alcun pudore nel sostenere una divinità pristina continuando a professarsi appartenente allo Nuovo Popolo), lo Peregrino Scarlatto, Serafino e Spallone con gli ultimi quattro portatori rimasti incolumi.
L’intera gara fu un successo colossale per Xeria, li suoi portatori imboccarono per primi la strettoia iniziale e presero distacco ad ogni tornante, Frandonato seppe trainare la carretta come un bove arrapato tira l’aratro inseguendo una vacca, e quando, al terzo tornante, il supporto di San Varallo si spezzò, l’esito de la competizione era ormai certo.
Li eroi saliron li ultimi scaloni e vennero circondati dai villici festanti, pronti ad accogliere l’icona di Xeria come nuova matrona del Monte Guardiamare.


Eppure li festeggiamenti duraron poco… Padre Pancotto salì anch’egli il monte insultando Xeriana e li suoi seguaci, chiamandoli mentitori e frodatori. In pochi istanti l’intera popolazione di Leceria si trovò coinvolta in una rissa senza precedenti, dove volavan mazzate, mutande e taralli a destra et manca.
Lo Magistro, sempre attento a non farsi trascinare in barbari accadimenti, fu invece lesto ad individuare ne la confusione il buon Vincensio che se la svignava con tutte le scommesse. Lo raggiunse et intimò di pagarlo. Il dom provò a fregarlo e darsela a gambe, ma poche cose possono frapporsi tra Alburno e lo suo legittimo compenso et così lo rincorse e gli insegnò uno paio di lezioni in quanto ad onestà et commercio. Malmenato et messo in fuga il malvivente, lo Magistro recuperò il denaro, a malapena sufficiente per risarcirlo de la puntata e tener per se un piccolo guadagno, poi fece per tornare a la rissa quando lo rintocco limpido de la campana di Guardiamare bloccò i litiganti.
Li sguardi di tutti si volsero giù dalla montagna, fino al paesino di Leceria et oltre, sullo mare Missogeo, in cui navi dalle vele nere sostavano a poca distanza dal porticciolo. Le scialuppe de li Predoni d’Oltremare approdavano a la riva et il saccheggio era già iniziato.


Li predoni avean scelto lo momento più opportuno, la popolazione non avrebbe potuto tornare in tempo a lo paese et tutte le cose di valore sarebbero andate perse. Alburno trasalì ricordando di aver lasciato lo suo laboratorio portatile ne la sua stanza di osteria. Dovevano tornare a valle nel più breve tempo possibile et l’unica soluzione, suggerita da Padre Pancotto, era usare La Meraviglia Retropode: una piattaforma di legno in grado di scivolare lungo una corda tesa fino al paese, lo cui meccanismo era però consunto dal tempo et di non facilissima interpretazione.
Coraggiosamente lo gruppo si riversò sopra et Alburno, insieme a Serafino, cercaron di manovrare fino a valle. La discesa fu più rapida et l’arrivo più violento del previsto, ma alla fine tutti riuscirono ad uscirne più o meno incolumi.
Leceria silenziosa nascondeva le tracce de li saccheggi, tra le case si aggiravano ancora gruppi di neri Predoni d’Oltremare.


Lo gruppo si divise. In men che non si dica Frandonato si ritrovò braccato et iniziò a correr per lo villaggio tirandosi dietro tutti li predoni che incontrava, ne lo frattempo Tristano, lo Magistro et Serafino, in groppa a Salìa, recuperarono la loro roba da la osteria et per le vie ingaggiarono scontro con un paio di nemici.
In questa circostanza Alburno, che coraggiosamente si frappose per soccorrer Serafino, temporaneamente disarcionato, si beccò una dolorosa freccia in pieno ventre et rimase piegato da lo dolore. Decise quindi di nascondersi in una de le abitazioni già saccheggiate lasciando a li suoi compagni da gestir la situazione.


Serafino et lo Peregrino combatteron con valore, brandendo mazze et scagliando pugnali, raggiunsero Frandonato che pugnava con ancor più foga, mulinando catena et secchio presi in prestito dal pozzo del paese. Ne usciron malconci pure loro ma lo loro coraggio diede tempo al resto di Leceria di scender da lo monte et ricacciar nel Missogeo li neri invasori.


Seguiron cure, feste, abbuffate et sollazzi per gli eroi.
Lo Magistro dopo essersi ripreso mostrò ancora grande dedizione a la sua causa, rifiutando di seguire li altri allo tempio di Xeria per l’ultima parte dei festeggiamenti, preferendo tornare a lavorare ne la sua stanza ad uno nuovo progetto.
Aveva infatti intenzione di sintetizzare et stabilizzare lo filtro che aveva miscelato per Spallone, li suoi studi di Medicina Universale avrebbero aiutato per estenderne gli effetti anche ad altre applicazioni: quali lacerazioni, contusioni, ustioni et simili.
La sua mente era sempre in fibrillazione, lo suo scopo ancor lontano ma ben preciso.
La sua prossima tappa sempre Zena, la dimora di Firminus et la sua misteriosa Regola Aurea.