mercoledì 25 maggio 2016

De lo serpente incantato sotto a lo cielo stellato che però oggi tanto stellato non era



Da lo libbbbro de lo Musico che voleva conoscer lo mondo….

Lo scontro breve fu. Se lo si possa definire scontro o no lascio a voi amanti dalla illustre conoscentia stabilirlo. Tosto fu il ratto de li tre malcapitati, inutile fu mover resistenza a li troppi nemici schieratosi contra li nostri eroi. Mano Marcia, forte de n’armata de BiroBiro richiese ed ottenne la consegna de li fuggitivi, a nulla potè il gagliardo tentativo de opporre resistenza de li nostri. Non contento, l’infingardo Maco chiese alle oscure forze che venera di aprir no squarcio sotto li piedi de li poveri nostri eroi, che vennero inghiottiti dalla voragine ad eccezion fatta dell’arzillo musico. Tristano svelto de gamba ed agil di mano balzò da lo cavallo appena in tempo per aggrappasse a lo bordo de la cloaca magica invocata da lo losco figuro.

Li compagni sua, a triste fato furon lasciati e vennero da la terra fagocitati, lo rumore assordante e la polvere si riversaron pe l’aree ma non fu quella la peggior sorte, giacché tanto fracasso andò a disturbar de lo vermone il sonno da basso. Nemmeno lo tempo de riprendersi da la rovinosa caduta ebbero li nostri eroi che una più “grossa” ed affamata sfida si apprestava a sbarrar lor il passo. Uno vermone noto come “ lo Grande Vermone de la Bassssha “ mostrò le fauci e li denti ai poveri dall’alto cadenti.

Lo musico ancora stupefatto per lo balzo felino siffatto, che gli ricordò quella volta che dovette gettarsi con simil gesto atletico da la finestra de Ginetta la pepetta, per sfuggir a lo rientro dello marito in camera da letto.

*COF COF COF *  


Ordunque dicevamo….che non ebbe nemmeno lo tempo per riprendersi da tale disumana prova di leggerezza atletica che stupì prima di tutti se stesso, che dovette imbracciar lo zufolo ed intonar la canzona de lo serpente incantato sotto a lo cielo stellato che però oggi tanto stellato non era  non era molto convinto, men che meno li suoi compari, che avrebbe funzionato ma cos’altro potea far uno povero musico bistrattato e vezzeggiato da li malanni e dalle sventure alle quali incorrea ne li ultimi tempori ?

E così “ firulì che firulà “ le note sortian da la canna de lo zufolo e lo Vermone, uscito da li meandri de la nera terra prestò attenzione e rimase como incantato da le dolci note de lo zufolo da du sordi comprato a lo mercato de Aguisgrana indo a tanto se compra ed a poco se magna ma solo la coscia de rana.

Co lo vermone 'ncantato lo musicante se avviò alle calcagna de li nemici a pedagna, mentre li compagni sua se riassestaron uscendo da la fossa con lividi ed ammacchi alle ossa.
Se rincontraron più avanti pe la strada tutti quanti, visto che Tristano n’ era mica tanto bravo a seguir le tracce come era invece abile e sverto de mano.

De li a poco raggiunsero la grotta de la lupa Abba, fecero fori li BiroBiro de guardia e sinperticaron per lo sentiero che conducea a lo fondo de la grotta. Arrivaron in tempo prima che lo sacrificio fu perpetrato mentre la lupa immobilizzata da na forza magica pe la rabbia emettea ululato.

Lo vermone a lo comando de lo musico da le viscere de la terra emerse proprio mentre la forza magica, che fermava la temibile Lupa si arrestò, essendo lo maco con lo dito adunco colto di sorpresa da lo assalto de li nostri eroi. Ed iniziò la feroce e sanguinolenta pugna…


TRISTANO 
LO SCARLATTO PEREGRINO

lunedì 23 maggio 2016

Errando per Laitia - Episodio 6

De la Presuntione et la Redemptione

Lo Magistro Alburno provò grande sollievo nel varcar li portoni de la cittadella fortificata di Epilorna. Lo Conte Gualfero governava una città pulita, ordinata et sicura all’apparenza et dopo un viaggio sì periglioso et movimentato l’intero gruppo si sentì da subito protetto.
Zano a lo contrario bramava di trovar lo suo compare Stanobio et continuava ad avere lo terrore che qualcuno potesse seguirlo o ricercarlo et quindi rimase sempre ben nascosto tra li taralli et lo formaggio.
Per riuscire a trovare uno signor nessuno ne lo mezzo di una cittadina occorre sperare che qualcun conosca o abbia sentito nominare lo di lui nome, et così, dividendosi, lo gruppo iniziò a chieder qua e là se qualcuno conoscesse tal Stanobio, milite in fuga. La fortuna arrise li nostri impavidi pellegrini et uno fornaio asserì di aver sentito quello nome quando venne letta la condanna di uno povero mentecatto, arrestato per furto di racchini, messo alla gogna per alcuni girodì et poi segregato nelle celle de lo castello.

Lo Magistro ebbe subito una buona sensazione riguardo lo Conte Gualfero et convinse li suoi compagni che avrebber dovuto dir lui il vero et chiedergli di poter colloquiare con lo prigioniero, ma la burocrazia est sempre d’intralcio quando lo loco è assai civilizzato et lo tempo scarso, pertanto, chiesta udienza, il tempo trascorse senza che venner richiamati.
Occorreva accelerare i tempi et Alburno pensava di sapere cosa avrebbe attirato l’attenzione del governante: convinse lo Pellegrino Scarlatto, improvvisatore d’eccezione, a metter in versi lo loro incontro con lo lupo demoniaco per raccontarlo in piena piazza di fronte alla gente radunata per le funzioni del vespro. Passaron lo pomeriggio a sparger la voce e scriver versi e la sera, l’esibizione vantò uno pubblico degno del talento del buon Tristano declamatore di eroiche gesta et frottole in pari misura.
Quando la gente udì la storia, già cosciente che la minaccia de li branchi di lupi era aumentata ne lo ultimo periodo, iniziò ad invocare lo nome de la Lupa Abba, animale errante d’altre terre, demonio infestatore et crudele, et il verbo si sparse ancor più rapido di come lo Magistro avesse sperato.
Eppure la convocazione allo cospetto dello Conte ancora non venne.

Lo giorno seguente, lasciati li lor compagni assieme a Zano in locanda, Tristano et Alburno decisero di far pressione con una mazzetta et richieder solerzia.
Quando giunsero allo castello, dopo aver lasciato li loro nomi, notarono un drappello di milizianti recanti l’emblema di Auriate far da scorta ad un sinistro figuro, gobbo et ammantato di nero, che stringea un bizzarro bastone sormontato da una mano avvizzita et dall’aria sepolcrale. La sua nomea era giunta ben oltre il Tempione, egli era infatti uno de li Rognosi de lo Signore di Auriate, conosciuto et malfamato evocatore che rispondeva allo nomignolo di Manomarcia.
Ci volle solo uno istante ad una persona acuta, istruita et colta come lo Magistro per tirar le somme et ricostruire l’intera vicenda: Zano et li suoi due compagni erano inviati da Auriate a la Grotta Parlante con lo scopo di assister ed esser sacrifici per risvegliare et soggiogare lo demonio in forma di lupo. Qualcosa non funzionò perché essi scapparono et l’evocatore venne sbranato in loro vece, liberando la fiera ne la regione. Manomarcia et li Biro Biro eran quindi inviati in loco per porre rimedio al fallimento, completar lo rituale et rimetter le cose a posto.

Fu un ragionamento brillante et quasi completamente esatto, che però si scontrò bruscamente con le aspettative di ricchezza et riconoscenza di Alburno che, con poca coscienza, decise di farsi avanti dichiarando coraggiosamente di aver avuto a che fare con la creatura et di conoscer come erano invero andate le cose. Tanto bastò ad attirar l’attenzione de lo Rognoso, come programmato, ma la reazione fu assai meno collaborativa et più coercitiva di come immaginato.
Quando lo Magistro si presentò come collega, in quanto alchimista, Manomarcia non lo degnò di un briciolo di considerazione. Quando disse di aver incrociato lo cammino di uno de li superstiti, Manomarcia capì subito che la verità non era completa. Quando offrì collaborazione per trovar lo modo di fermar la Lupa Abba, Manomarcia volle solo esser condotto da li superstiti et lo fece prender in custodia da li armigeri.

Ferito ne lo orgoglio per non essere stato ancora una volta riconosciuto come pari et sentendosi uno stolto per aver cercato la collaborazione di un simile abbietto personaggio, lo Magistro Alburno cercò con lo sguardo la complicità de lo Peregrino per liberarsi dai miliziani et insieme iniziaron a far baccano alzando lamentele et proteste.
Lo piano funzionò et in breve furon tutti, compreso Manomarcia, portati a lo cospetto de lo Conte di Epilorna, per risponder de lo trambusto causato ne la sua città.
Lo nobile Gualfero si dimostrò retto e saggio come i nostri si auguravano, rimproverò aspramente lo Rognoso per aver preso in custodia dei liberi cittadini ne lo suo territorio senza permesso et lo congedò acconsentendo ad ascoltar la storia de lo Peregrino sulla Lupa Abba et li tre disgraziati scampati a lo suo morso.
Sentita la storia sincera di Zano e Stanobio, avendo anche lui intuito la meschinità di Manomarcia, volle acconsentire a dar fiducia ai pellegrini, se li loro sforzi avesser liberato le sue campagne dalla minaccia de lo demonio irsuto.
Fu così che, lo girodì successivo, lo gruppo ripartì da Epilorna dopo aver barattato la fiera Salìa, eccelsa cavalla da guerra ritenuta sprecata nel tirare uno carretto, per uno più umile mulo et due cavalli da sella. Ad accompagnarli anche Zano et lo nuovamente libero Stanobio, che sarebbe stato perdonato per li suoi crimini in cambio de la sua collaborazione.

Lasciato alle spalle anche Manomarcia, lo scopo era ora quello di trovar lo modo per arrestar la Lupa Abba. A dir di Zano uno frate ne lo Monastero de lo Lupo, tale Fra Ululone, avea qualcosa da dir in merito et, non avendo alcuna alternativa, decisero di recarsi in loco.
Lo monastero era sorvegliato da li Biro Biro come nei girodì precedenti. La piccola guarnigione di selvaggi presidiava lo villaggio et quindi le vie d’accesso a lo carretto eran bloccate. Fortuna volle che l’astuto Fra Frandonato avea in gioventù vissuto con quei monaci et, già lesto et interessato alle scappatelle più che alle dure preghiere, conosceva un paio di entrate secondarie.
Una di queste si rivelò ancora agibile, su lo fianco de lo colle, et portò li nostri eroi direttamente ne lo cortile interno de lo monastero.

Lo priore et li altri frati accolser con sorpresa li viandanti sconosciuti, solo li più anziani avean memoria di Frandonato ma in molti ricordavano con simpatia lo spaurito Zano et quindi dieder lo loro aiuto. Fu lor concesso di colloquiar con Fra Vittorio, detto Ululone a causa de la sua voce tonante. Dopo una chiassosa discussione con lo frate emerse che lo modo per arrestar la fiera demoniaca vi era, ma assai rischioso et necessitava de la presenza di tutti i tre che eran miracolosamente scampati a lo rito di evocazione: Zano, Stanobio… et Settimo, mai nominato finora, fuggito verso la Bassa in cerca di espiazione et illuminazione.
Ancora una volta la via era delineata, se li monaci volean riaprire li commerci et Alburno guadagnarsi la stima di Ottavianus Firminus, la Lupa Abba andava fermata.

A loro si unì anche Fra Ululone, pronto a far lo suo dovere di esorcista. ripercorso lo passaggio sotterraneo et liberatisi di uno gruppo di Biro Biro giunto in perlustrazione, lo gruppo si ricongiunse et scese da li monti, verso la Bassa, in cieca cerca del terzo sopravvissuto.
Trascorsero alcuni giorni di viaggio, ne li quali le provviste et li fondi si prosciugarono in pasti, giacigli et ricerca d’informazioni.
Lo Magistro Alburno si chiuse tra li fumi de lo suo laborario, in attesa di una traccia et passaron li villaggi di Lu et Brino. In quest’ultimo finalmente qualcuno seppe dare indicazioni su lo passaggio, alcune settimane prima, di uno uomo mezzo folle mezzo santo che cercava di ritirarsi ne la natura per espiar li suoi peccati et ritrovar se stesso: lo primo viaggiatore passato da molto tempo, lo terzo et ultimo dei superstiti allo rito, et Settimo nello nome, si nascondea ne la palude.

Finalmente a conoscenza di una traccia, lo Magistro si ridestò da lo suo torpore, dovuto in larga parte a li fumi de la sua formula allucinogena, et guidò lui stesso li suoi compari attraverso acquitrini et pantani, foreste di funghi tossici et pozze sulfuree, utilizzando olfatto e vista, come un segugio, amplificate oltremisura da li suoi intrugli.
Settimo era lì, in serafica meditazione, ricoperto di piante, bestioline et guano, protetto da un timido tetto di canne che oscillavano et fischiavano a lo vento.
Una immagine al contempo placita et delirante, cui lo gruppo spazientito dedicò poca contemplazione. L’uomo riconobbe li suoi compagni ma si rifiutò di ripartire perché ne la natura lui cercava la sua redenzione. Fu così che venne preso a randellate et trascinato via.
In uno secondo momento fu il buon Tristano a convincerlo della sacralità de la loro missione et che li suoi amici animali l’avrebbero accompagnato et protetto anche ne lo viaggio che li attendea.

Le promesse de lo Pellegrino si rivelarono, purtroppo, menzognere.
Su la via de lo ritorno verso la Grotta Parlante, dove finalmente poter officiare lo rituale con Ululone et li tre superstiti, la strada venne sbarrata da una legione intera di Biro Biro, stavolta tenuti a bada da un ghignante Manomarcia.
Lo subdolo evocatore avea lasciato che lo Magistro et li suoi compari facesser lo lavoro sporco et era intervenuto per intimar loro la resa et la consegna dei disertori in cambio de la vita.
Con copioso rodimento di fegato Alburno et li suoi compari dovetter cedere, Stanobio, Zano et Settimo si consegnarono et lo Rognoso rispettò la parola, ma non prima di aver dato sfoggio de lo suo oscuro potere battendo lo bastone in terra et creando una grossa crepa ne la quale lo carretto si rovesciò et spaccò.
Lo Magistro lo maledisse tra se et se più volte, meditando vendetta: nessuno potea permettersi di trattarlo così!

domenica 15 maggio 2016

Errando per Laitia - Episodio 5


De li Compromessi et Oscuri Intenti


Zena l’è nota come La Superba. Prima vera et propria urbe ne la quale lo Magistro Alburno mise piede durante li suoi peregrinaggi. Quando lo carretto trainato da Salìa fece ingresso tra li vichi stretti et olezzosi de lo distretto portuale però tuttò pote sembrare tranne che magnifica.
V’era ovunque uno gran chiasso et ampio trafficare di genti d’ogni dove et commercianti, una gran baraonda dalla quale i nuovi venuti voller presto prender le distanze. Se Ottavianus Firminus ancora risiedeva in loco di certo non l’avrebber trovato tra la plebaglia.
Fu così che dopo un’aspra contrattazione su lo prezzo di stanza et pasto presso una locanda destinata a lo ceto medio et qualche ora in giro a chieder indicazioni, lo Magistro et li suoi compari giunser presso lo studio de lo alchimista.
Firminus, ignaro de l’abilità et somma conoscentia di Alburno, stentò ad acconsentire ad accoglierlo finché questi non gli rivelò di essere in possesso di un brandello di suoi vecchi appunti. Allora lo magister ne fu incuriosito et lo fece accomodare.
La Regola Aurea si rivelò essere un datato progetto di iuventute alla quale Firminus lavorò alacremente ne li primi anni di studi, progetto troppo complesso et per cui accantonato et dimenticato fino a che Alburno non ebbe la solertia di riportarlo alla luce.
Nonostante lo Magistro, di cui tutti noi ben conosciamo l’assoluta competenza et devozione a la causa, tenesse più che bene lo confronto con Firminus, questi, non fidandosi da subito di chi, peregrino senza fissa dimora, si professa grande alchimista et sapiente, volle un segno di fiducia per poter alfine accettare la collaborazione et rimettere mano al progetto.
Lo Magistro Alburno, seppur ferito ne lo orgoglio, con summa sorpresa de li suoi compari, accettò senza indugio et soprattutto senza chieder compenso, anteponendo lo fine del sapere al sempre gradito conio che ama, seppur con scarso successo, accumulare.

L’incarico volto a misurar la devozione a la causa di Alburno prevedeva di recarsi in Tempione, presso lo Monastero del Lupo et sincerarsi de lo motivo per cui un’ingente speditione di luparia et altre erbe non fosse pervenuta come di consueto su commissione di Firminus. Assieme a li infaticabili Tristano et Frandonato venne ad accompagnarli, recando seco le carte de la spedizione, un burbero et taciturno uomo d’arme di nome Fidenzo, che svolgea incarichi di sicurezza presso lo studio de lo alchimista di Zena.
Fu così che, dopo aver varcato li monti et attraversato valli et colli, lo carretto trainato da Salìa giunse infine in vista della meta e de lo villaggio sorto ai piedi de lo monastero. Lo viaggio era stato sino allora quieto et comodo, tutto sommato, scandito dallo sgranocchiar di taralli che ancora copiosi eran stipati in sacchi e cassette.

L’incessante colonna sonora de le chiacchiere et starnazzar di zampogna de lo Peregrino Scarlatto venne però interrotta da le grida di paura di uno viandante in fuga, vestito di sole braghe, cui fece presto seguito un’intenso puzzo di caciotta andata a male et vociare inconfondibile de le deformi creature note ai più col nome di Biro Biro.
Li selvaggi antropomorfi avanzavan brandendo clave et scudi fatti con gusci di testuggine et mulinando frombole con le quali scaglian sassi et escrementi. Uno piccolo gruppo avea quasi raggiunto il fuggiasco quando li nostri intrepidi viandanti si miser nel mezzo e lo soccorsero.
Quel che ne seguì fu uno scontro breve ma assai feroce, ne lo quale Frandonato seppe tenere a bada più creature et lo Peregrino le usò come puntaspilli, anche lo Magistro fece lo suo investendoli di ardenti lingue di verde fiamma profumata al mentolo et Fidenzo seppe dare il suo contributo. Eppure, sistemato il primo esiguo gruppo, subito a dozzine si riversaron sulla strada, pugnaci et feroci!
La fuga fu l’unica via possibile et Frandonato dovette attingere a tutte le sue qualità di abile carrettiere per spronar Salìa et lasciarsi lo pericolo a le spalle.
Quando la situazione fu di nuovo tranquilla lo gruppo si accorse di aver cambiato strada et di non poter tornare a lo monastero entro notte, così chiesero lumi a lo fortunato straccione che avean tratto in salvo, lo cui nome egli rivelò esser Zano.

Zano asserì d’esser uno soldato, precedentemente a li ordini de lo Signore di Auriate, la cui fama est invero oscura. Disse di essere stato inviato in scorta ad uno de li Rognosi, uomini di fiducia del sovrano, presso la Grotta Parlante, ne li pressi de lo Monastero del Lupo, et che, in suddetta cava, permeata di antichi poteri et mistiche entità, prese luogo un rituale, da lo quale soltanto Zano et altri due suoi commilitoni eran riusciti a salvar la pelle.
Lo soldato, invero assai scosso, disse di aver visto una fiera mastodontica uscir da la nebbia e divorar lo Rognoso et tutti li altri in pochi istanti, la stessa, un lupo li cui occhi ardean come braci, disse essersi messa a capo di altri branchi ad infestar colli, foreste e valli tra Auriate et la piccola cittadella di Epidolna.
Li altri due superstiti, tali Stanobio et Settimo, eran dispersi ormai da settimane et Zano era riuscito a salvar la pelle rifugiandosi ne lo monastero, dove li frati l’avean generosamente accolto. Ma quando lo Signore d’Auriate avea mandato una truppa di Biro Biro a scovarlo, lui avea nobilmente deciso di non mettere a rischio i fedeli et avea cercato la fuga, imbattendosi fortunosamente ne lo Magistro Alburno et i suoi prodi compari.

La storia di Zano era intricata et di difficile compresione da le parole confuse e timorose del disertore, il milite sembrava terrorizzato di quel che potesser fargli i servi di Auriate se l’avesser preso e avea intenzione di ricongiungersi con Stanobio, che a suo dire si sarebbe rifugiato ad Epilorna.
Sul far de la sera anche codeste chiacchiere vennero interrotte, stavolta da tremendi ululati che rivelarono la bontà de lo racconto di Zano, lo lupo demoniaco esisteva invero et avea fiutato odor di carne, quella de lo Magistro et de li suoi compari.
Salìa venne spronata nuovamente fino allo stremo in cerca di un riparo, lo lupo arrivò quasi a morder Tristano che si affacciava dal retro de lo carretto, ma infine il gruppo trovò rifugio in un granaio di una isolata fattoria di collina et quando la notte scese et il raschiare di artigli et il soffiare et ululare terminò, i nostri poteron schiacciare, stremati, un pisolino.

La mattina seguente lo fattore et li suoi figli si presentaron col forcone et ascoltaron impietriti lo racconto de li fatti de la notte precedente. Dieder indicazioni a lo gruppo su la zona: li commerci de lo monastero chiusi per via de li lupi inferociti, lo villaggio ai suoi piedi occupato dai mercenari Biro Biro, lo loco più vicino et sicuro era per certo Epilorna, dove, con un po’ di fortuna, lo gruppo avrebbe forse incontrato il milite Stanobio che avrebbe potuto rispondere ad altre domande su lo lupo, la grotta et li misteriosi affari occulti de li Rognosi di Auriate.