sabato 18 marzo 2017

Lo Suino Satollo







Sonato lo zufolatore, svelato l'arcano
corcammo lo satiro, cessammo il baccano

Evitammo la sòla racimolammo lo tesoro
e strappammo informazioni allo caprino in coro

Seguimmo Satollo per la via, tra le fratte de la selva
tra n'abbuffata de ghiande e na cagata de belva


Infine giungemmo alla spiaggia nebbiosa
sentimmo latrati agghiaccianti a iosa

  
Fuggimmo ma ce le pijammo tra sabbia e spruzzi
sfiniti giungemmo all'isola puzzando come merluzzi


Lo sentiero si fece dolce ed un capanno apparve
alcuni di noi avvicinatisi divennero in breve larve 

Calissa la Strega vendetta sugli omini cercava
In porci grassocci gli insolenti visitatori tramutava

Sconftta la megera con non poca difficoltà
la torchiammo per svelare di Laitiano la verità




sabato 11 marzo 2017

Errando per Laitia - Episodio 16

De li Parenti, Amici et Suini, Smarriti et Ritrovati

In questa sede sarebbe invero opportuno soffermarsi su lo turbinio di emozioni, risentimenti, timori et desideri che lo mio astuto piano ebbe facoltà di provocare ne lo distaccato da lo mondo et concentrato su le scienze animo de lo mio mentore, eppure mi limiterò a narrare de li eventi, peraltro cercando di non dilungarmi oltre lo stretto necessario, che portarono li nostri eroi ad incrociare lo cammino di persone che si erano da tempo lasciati addietro o che mai avrebbero sperato di reincontrare, o ancora di improbabili parentele che definire eterne sembrerebbe quasi riduttivo.

Di me, lo aiuto cuoco et apprendista alchimista di nome Arcadio che verga di suo pugno codeste memorie, si possono asserire con certezza diverse lusinghiere constatazioni: è innegabile ch'io sia portato per li calcoli, abile con le proporzioni, di palato raffinato et olfatto sensibile, saggiamente cauto, astutamente silenzioso et riflessivo ma anche, nonostante la mia giovane età, paziente et lungimirante.
Ho elencato li miei pregi non esclusivamente per vantarmi, anche dovendo ammettere codesta volta di meritarlo, ma perché la lista apparirebbe assai più breve ed esaustiva di una financo incompleta de li miei difetti congeniti, di cui anche parleremo in sede più appropriata et forse in altro loco, giacché ora non voglio privar di ulteriori attenzioni lo vero protagonista di codesti versi in prosa, uno de li eroi più sinceri che Laitia possa rimembrare, una de le menti più poliedriche et ricettive che mai ebbe et mai potrà avere, lo mio mentore et sommo alchimista, lo creatore de la mistica Crisopea in grado di assorbire la luminosità de lo girodì per trasferirla come energia benigna in grado di sanare le afflizioni de la carne, lo scopritore de lo Imago Mentis, in grado di allargare le vedute di ogni uomo fino a render le sue percezioni più prossime a lo divino et lo scopritore di molte altre formule segrete di cui tutti li suoi compari poterono in sua presenza beneficiare come la Ferroccia et lo Cuoiacciaio: lo sommo Magistro Alburno, al secolo noto come Pirreo di Nelea, erede perduto di una dinastia tanto nobile quanto malauguratamente dimenticata di Signori de la Città di Maro.

Io, a differenza di lui, mai dimenticai chi egli fosse et li suoi nobili natali. Io lo cercai quando tutto sembrò perduto et attraversai Laitia per ricondurlo a le sue origini. Io sempre credetti in lui a lo punto di affidargli la mia stessa vita, lo scopo stesso de la mia esistenza et le speranze per lo mio futuro. Io, alfine, lo ricondussi a casa.
Erano trascorsi pochi girodì da lo fausto epilogo de la vicenda di Nirte, tutti lentamente riacquisivano forze et salute et finalmente potei condurre lo Magistro et li suoi valorosi compari di avventure a casa da li miei parenti.
Furono sorpresi di vedere che la mia non più giovane madre Placidia, insieme a la mia cara sorella Camadona, lo suo sposo et lo mio neonato nipotino vivevano in una ricca et bucolica tenuta da mezzadro. Accettarono di buon grado lo ottimo et abbondante cibo che offrimmo loro in quanto eroi et in quanto amici, et più di tutti restò sorpreso lo buon Alburno, che riconobbe lo posto in cui trascorse molte estati, ancora bambino, lontano da Nelea, insieme a li suoi nonni materni, ne li loro possedimenti, dove ancora oggi, accudita da la mia famiglia, la più onesta et fedele che ogni signore possa desiderare, sua madre, la nobildonna Tarielma Salvera, attendeva ingobbita da la età, di poter rivedere lo perduto figlio.
Lo Magistro tornò Pirreo per qualche ora et trascorse con lei almeno uno poco de lo tempo che le doveva da ormai troppi anni, poi tornò ad essere Alburno et dichiarò a li suoi compari che la loro missione aveva ogni priorità et sarebbero dovuti ripartire a lo più presto.
La destinazione, lo sapevamo tutti, era Caligo, oltre la Ciraiocia, oltre la Selva Racchina, oltre le acque de lo Mar Missogeo, verso nebbie umide et oscuri presagi.

La via di ritorno passava per Maro et presentò una seconda sorpresa, o meglio ancora apparizione: io et Galvano non avevamo avuto modo di conoscerlo, ma Alburno, Tristano et Frandonato non ebbero esitazioni quando uno viandante identico a Serafino, a lo secolo Magellino, si imbatté ne lo nostro carrozzone. Lo ragazzo li riconobbe ma disse di non conoscerli. Li salutò da amico ma si presentò come Rafiseno, fratello di Serafino, forse cugino di Magellino, forse nessuno et forse tutti et tre.
A lo contrario non sorprese nessuno più di tanto lo ascoltar che lo poveretto aveva percorso mezza Laitia per raggiunger Nirte in cerca di una grigia figura ammantata apparsagli in sogno che continuava a ripeter: "Venite! Venite meco!". Anche ne la sua visione non v'era traccia però di poppe o boccoli biondi come invece sosteneva Frandonato.
Ci volle poco a convincer Rafiseno ad unirsi a la missione, un po' di più prima che tutti si abituassero a lo suo nuovo nome trattandolo come fosse fratello di se stesso ma altrettanto fidato et benaccetto. Lo viaggio trascorse comunque senza intoppi fin ne la Piamanca inoltrata, a le propaggini de la omonima selva che avrebbero dovuto attraversare per giunger su la costa.

Lo bosco fitto si estende per grande parte de lo territorio compreso tra Maro et Polisnea, uno sentiero battuto, percorribile da lo carro, collega le due città et la maggior parte de li paesi de la zona mentre una miriade di altre piste, percorse per lo più da cacciatori, boscaioli et raccoglitori di funghi, si intrufolano tra le intricate frasche fin ne li recessi abitati da bizzarre creature et pericolosi predatori.
Verso la metà de lo girodì Rafiseno et Galvano si separarono da lo gruppo per procurare uno poco di cacciagione mentre li altri cercavano di orientarsi per capire quando sarebbe stato lo caso di inoltrarsi ne la selva verso la costa et la isola di Caligo. I due tornarono recando seco uno allevatore spaurito che implorava lo nostro aiuto per la disavventura appena capitatagli.
Si presentò come Ucoletto, da lo villaggio di Virnepro, poco avanti lungo lo sentiero principale, disse di essere stato aggredito da ignoti briganti mentre portava uno porco da competizione, Satollo, lungo la foresta sin ne lo villaggio dove, di lì a pochi girodì, avrebbe avuto luogo una gara di agilità che la sua bestiola avrebbe sicuramente vinto. Eppure qualcuno lo aveva aggredito lungo la via di casa et gli aveva sottratto lo suo prezioso compare et campione.
Volendo comunque esplorare la Selva Racchina et capire come giungere fino a la costa decidemmo quindi che valeva la pena dare una occhiata, lo Magistro mi affidò la custodia de lo carrozzone et insieme a li suoi compari si allontanarono. Ucoletto invece si affrettò a Virnepro, troppo scosso per tentare di nuovo la sorte tra li arbusti.

Li vidi riapparire sul far de la sera seguiti da uno dubbioso et maestoso pezzo di porco. Satollo aveva realmente lo aspetto de lo campione: sguardo intelligente, pulito, in forze et ben curato, sembrava animato da una scintilla di coscienza non comune tra quelli de la sua specie, ma la cosa più sorprendente era che li miei compagni di viaggio sembravano rivolgersi a lui come se lo animale potesse comprendere ogni loro parola et gli facevano domande a cui rispondeva con sorprendenti grugniti di assenso o dissenso.
Lo Peregrino, dinnanzi a lo foco, seppe colorire lo racconto di come si fossero imbattuti in un accampamento di Cinocefali, orride creature con lo corpo di uomo et la testa di cane, che pianificavano di divorar lo porco per la cena, et di come tra poderose padellate di Frandonato, fendenti di Galvano et inestinguibili fiamme alchemiche li avessero messi in fuga et salvato la nobile creatura. Eppure la intenzione de li Eclettici Viandanti non sembrava quella di portare Satollo a Ucoletto. Lo porco voleva esser seguito ne lo fitto de lo bosco, et lo girodì successivo li miei compari vollero accontentarlo.
Venni inviato con lo carro ne lo villaggio, aiutai prima di partire lo mio mentore Alburno a farsi scorta di estratti et a rifornire lo laboratorio portatile, dopodiché, con Grullo et tutte le altre bestie, ripresi la via per Virnepro, promettendo loro di attenderli et far buona guardia a li loro averi.

Appresi soltanto in seguito di ciò che avvenne ne la Selva Racchina et ne la finta isola di Caligo.
Lo gruppo si imbatté in bizzarri personaggi, lo primo su uno fauno di nome Lupercolo, lo cui flauto incrinato emetteva note strazianti che avevano lo potere di maledire chi le ascoltava: fu così che a lo Peregrino spuntarono improvvisamente peli su tutto lo corpo deturpandolo orribilmente.
Li suoi compari fecero smettere immantinente lo disgraziato musicante et pretesero uno rimedio a lo crudele incantesimo ma lo astuto fauno invece si servì di loro per recuperare un altro suo zufolo, dicendo che quella musica avrebbe potuto far tornare tutto a la normalità.
Giunsero quindi ne li pressi di una rovina in cui tre giganteschi bruti solevano vivere, li sfidarono a giocar di azzardo et Rafiseno si fece carico di gestire la giocata scommettendo li suoi ori alchemici, che solo in pochi sapevano esser falsi, in cambio de lo zufolo di Lupercolo. La fortuna li arrise et senza mazzate riuscirono a recuperare quanto voluto et qualche cosina in più, si allontanarono poi da li bruti prima che questi perdessero la pazienza.
Allora venne fuori lo inganno di Lupercolo, che suonando lo riavuto zufolo, cercò di ammaliare et addormentare lo gruppo per poi svignarsela, eppure qualcuno resistette et Frandonato seppe percuotere lo infido satiro finché questi acconsentì a dar loro almeno la giusta direzione et qualcosa per farsi perdonare.
Fu così che Tristano, lo Peregrino Scarlatto, ebbe in dono uno puzzolente gonnellino di pelliccia incantato, in grado, se indossato, di trasformare le sue gambe zoppe in agili zampe zoccolute con le quali zompettare per la selva senza alcuno ostacolo. Lupercolo seppe anche dire che ne la isola di Caligo avrebbero trovato una pianta chiamata Ruta Riasica che, se preparata in uno decotto, avrebbe potuto contrastare et annullare li effetti de lo flauto maledetto.

Seguendo quindi uno pelosissimo et zoccoluto Peregrino lo gruppo si avventurò oltre, oramai diretto senza altre tappe a la costa fino a giungere in prossimità di uno altro misterioso et illustre abitatore de la selva. Lo Colagogo di nome Maccarone non si rivelò affatto ostile, bensì dubbioso circa la saggezza et lo intelletto de li viandanti che si aggiravano tra le fratte seguendo uno scodinzolante porco cui si rivolgevano come fosse una persona. Ne lo ordine lo Magistro, Tristano et Galvano argomentarono li loro passi su le orme di Satollo et infine seppero convincerlo de li loro intenti et facoltà mentali facendosi dare ottimi consigli su come proseguire; soprattutto seppero che Caligo, poco distante, non era isola, bensì istmo collegato durante la bassa marea a la spiaggia da una lunga lingua di terra et che la creatura che vi abitava sarebbe stata incline al dialogo ma assai pericolosa sotto altri punti di vista, soprattutto disse di diffidare da lo suo canto et cibo et bevande da essa offerte.

Lo viaggio attraverso la Selva Racchina proseguì et giunse infine a la costa dove la bruma iniziava ad addensarsi intorno a lo promontorio che faceva capolino tra le acque de lo Missogeo de la isola di Caligo. Mentre Satollo et Galvano cercavano lo passaggio di terra di cui Maccarone li aveva messi a lo corrente si iniziarono ad udire dei latrati in lontananza, provenienti da lo entroterra. Li Eclettici Viandanti scoprirono presto che una intera muta di Cinocefali inferociti erano su le loro tracce et si affrettarono a darsela a gambe.
Li canidi piombarono loro da tutte le direzioni proprio mentre lo gruppo trovò la via tra le acque, fortunosamente appena apparsa ne la nebbia et lo inseguimento continuò tra li flutti. Lo Peregrino guidava lo gruppo saltellando agilmente con zampe di capra tra la sabbia umida, Frandonato si caricò lo laboratorio alchemico per permettere a lo Magistro di districarsi più facilmente, Galvano et Rafiseno tennero valorosamente i fianchi esponendosi a li morsi de le mute di cagnacci tenuti a lo guinzaglio da li Cinocefali ma lo percorso intero fu assai rischioso et ebbe esito incerto fino a lo ultimo istante.
Alburno venne ferito da uno giavellotto ma rispose con una fiammata alchemica che disperse parte de li inseguitori, altri vennero frenati da le sabbie insidiose et li riflussi de lo mare, li ultimi infine desistettero intimoriti da lo profilo di Caligo quando li nostri giunsero arrancando su le sponde de la isola accorgendosi quasi troppo tardi che Galvano era scivolato in acqua et veniva trascinato a fondo da lo peso de la sua armatura.
La cosa sbalorditiva è che scoprirono solo in quella circostanza che nessuno di loro sapeva nuotare, eccetto Rafiseno che pure non poteva definirsi un pesce, ma la vita de li suoi compari era ne le sue mani et, come spesso accade, ne la efficacia de li intrugli de lo Magistro che mescolò su lo momento uno filtro per respirare in acqua che diede a lo valoroso ragazzo da li molti nomi la tranquillità necessaria per mettere in salvo lo compagno.

Con li Cinocefali ormai a le loro spalle si presero tempo per raggrupparsi prima di proseguire. Satollo grufolava incitandoli a risalir lo costone roccioso verso la meta cui voleva ansiosamente condurli, quella che molto presto scoprirono essere la dimora di una creatura di impareggiabile fascino et potere ancestrale, la cui indole era stata scolpita da tragedie et eventi che la avevano resa prevenuta et ostile, nonostante tutto sommato non vi fosse motivo valido per aggredire gli eroici avventori...