martedì 22 aprile 2014

Il Sogno




Re Kazador torreggiava su di lui. Una figura imponente, alta più di dieci piedi e larga quasi attrettanto nella sua scintillante corazza.
Il mantello pendeva sulle sue spalle come un pesante tendaggio, in grado di oscurare l'intera stanza e proiettare l'ombra del sovrano dei nani per i centinaia di metri di lunghezza dell'antica volta di Karak Azul.
Lunghe trecce di barba bianca, legate da scintillanti fermagli massicci come ceppi, scendevano fino a terra come soffici tentacoli diramati tutto attorno sul freddo pavimento di pietra.
Il dito accusatore del Re lo minacciava indicandolo: "La Mia Vendetta!" Le parole rimbombavano come tuoni, il suono del Corno, riecheggiavano come una valanga.
Heimerick si portò le mani alle orecchie, stordito, assordato, chinandosi su se stesso, chiudendo gli occhi come se il buio potesse nasconderlo dal fragore.

E così fu.
Il frastuono cessò improvviso ed il giovane riaprì gli occhi venendo subito inondato dalla luce. L'enorme sagoma del sovrano di Karak Azul si era fatta di lato, la mano ingioiellata indicava ora in fondo alla volta, l'oscurità proiettata dal mantello aveva lasciato spazio alla luce multicolore sprigionata dalla volta in lontananza.
Re Kazador era una statua, Heimerick iniziò ad avanzare verso la luce, scavalcando le trecce di pietra, verso il tesoro promesso.
Man mano che si avvicinava alla luce, il colonnato attorno proiettava ombre sempre più instabili, metamorfe, alcune sembravano urlare, altre ghignare. Heimerick vide chiaramente una scure assassina, la sagoma di un roditore, svanirono in un lampo, avvolte da luci cangianti.

Flussi e correnti dorati, verdi e viola saettarono attorno a lui, poi una luminosità bianca lo avvolse ed il mondo si tinse di grigio, di marrone, poi di rosso ed infine di un blu profondo, prima di lasciare di nuovo spazio ad un nuovo alternarsi di colori senza fine.
Il colonnato era sparito, attorno a lui una bolla di luci danzanti, se vi era ancora una volta sopra la sua testa essa era invisibile, al di là della sfera di luce.
L'aria attorno a lui si fece tiepida, poi calda fino a diventare densa e pesargli sulla pelle, sulle vesti, raggiunse in breve la temperatura di una fornace ed il suono del maglio che batte il ferro non tardò a presentarsi.
Tra le multicolori luci danzanti Heimerick ci mise un po' a focalizzare le sagome: l'Ascia Runica non aveva nessuno a brandirla colpiva ripetutamente, regolarmente, la Maschera Cornuta, entrambe emanavano una forte aura e ad ogni impatto lingue di fiamme rosse, viola e dorate saettavano attorno.
L'incudine su cui poggiavano era cilindrica e nera, tanto scura da risucchiare le saette luminose più prossime ad essa e ogni volta che una nuova fiamma ne veniva catturata essa emetteva il battito di un cuore, profondo e cupo.

Ogni nuovo colpo d'ascia causava un battito, poi due, poi cinque, finché i battiti non furono talmente tanti e tanto assordanti da ricoprire ogni altro rumore, finché il nero pece dell'incudine non fu tanto opprimente e pesante da inghiottire ogni luce danzante.
L'ultimo battito spazzò via tutto quanto.

Heimerick aprì gli occhi di scatto ma non si mosse. Attorno a lui era buio ma divenne presto penombra mentre le sagome del mobilio della stanza e dei giacigli dei suoi compagni si delineavano attorno.
Tutto era esattamente come prima di coricarsi. Si alzò e fece qualche passo fino alla finestra, osservando dalle imposte chiuse uno stretto scorcio dei quartieri residenziali della fortezza in cima a Karak Otto Picchi. La notte era ancora fonda e proseguiva placidamente.

Pochi metri più in là il fodero dell'ascia di Glodrin era circondato da una flebile aura dorata, che svanì nel tempo di un battito di palpebre. Per migliaia di metri sotto i suoi piedi l'antica fortezza dei nani si estendeva fin nelle profondità della montagna e di nuovo verso l'alto in tutte le cime circostanti. Luci ed ombre danzavano nei cunicoli abbandonati, infestati da Skaven e Pelleverde e forse da qualcosa di ancora più terribile.
Morr quella notte aveva lasciato un monito, Heimerick Von Auer ne era consapevole.