lunedì 18 maggio 2015

Campane a morto


Le campane rintoccavano a morto, era ormai giunta l’ora dell’esecuzione, sul palco frettolosamente allestito durante la notte come piccole formiche impazzite si muovevano gli uomini di Galka, chi verificava le corde per l’impiccagione, chi sistemava il ceppo per le decapitazioni. Un cordone di uomini tenevano lontana l’inferocita folla accorsa per vedere lo “spettacolo” della giornata. C’erano uomini ubriachi, donne di strada, e famiglie intere compresi bambini, portati per apprendere cosa volesse dire contraddire chi comanda.
Warwic con riluttanza aveva deciso di partecipare, non tanto per l’evento in se, che in cuor suo non aveva ancora deciso se approvare o no, ma più che altro per guardare e carpire i sentimenti del popolo riunito, per assaggiare la loro sete di vendetta, figlia della frustrazione per essere come sempre tra l’incudine dei briganti ed il martello di chi è al potere.
Sentiva e percepiva l’odio nell’aria, i suoi sentimenti erano un misto tra pietà per quella povera gente e rammarico nel vedere come la frustrazione della gente si concretizzasse in quei momenti rendendo la folla manipolabile e plasmabile, lasciando a loro l’illusione di essere parte integrante di un sistema di giustizia che avrebbe dovuto tutelarli.
Seguiva il fiume di gente festosa, e pensava tra se e se a quanto fosse lontana la visione dei più dalla realtà delle cose, avrebbe potuto avvertirli, avrebbe potuto destarli con la sua musica, ma non sarebbe stato compreso, avrebbe rischiato di essere poco popolare. Ed un artista che si rispetti deve fuggire da quello status più veloce di quanto le proprie dita possano muoversi sulle corde del proprio strumento musicale.
E così non si scandalizzò più di tanto nel vedere intere famiglie andare a vedere l’uccisione di altre persone, magari sfortunate come loro ma che avevano fatto scelte differenti, anche se del tutto errate. Non fece una piega nel leggere nei loro occhi la bramosia nel lasciar uscire tutta quella violenza repressa dalla condizione disagevole in cui versavano ogni giorno. Capì che per loro si trattava di una valvola di sfogo necessaria per potersi alzare serenamente il giorno dopo e per mandar giù le pessime condizioni in cui si sarebbero ritrovati come ogni giorno, nei giorni a venire.
Il popolo inconsciamente si sistemò per classi sociali, per etnia, così come era composta la città stessa, i simili con i propri simili…nemmeno quello riuscì a strappare un sorriso, anche se amaro, al bardo, nemmeno la gioia nel constatare che le cose iniziavano ad andare secondo i piani. Pur non avendo preso parte alle ultime missioni, le informazioni che aveva scovato, erano state di enorme aiuto, nella formulazione della strategie, erano state determinanti nello scovare le tane dei banditi, che ora visti in catene non sembravano più così minacciosi.

A parte quell’essere immondo assetato di sangue, Samoel il Mostro, che di umano aveva ben poco; Warwic non riusciva ad odiare come la folla, gli altri poveracci che da lì a poco sarebbero stati giustiziati. Avendo fatto parte della resistenza gundarakita da che ne avesse memoria si domandò quanto in realtà in un’altra situazione in un altro tempo non fosse plausibile immaginarsi al loro posto con una giustizia leggermente differente. Il suo pensiero inevitabilmente andò ai suoi passati compagni, a quelli che come lui facevano parte della banda dello Straniero, a quelli che lottavano contro una giustizia che non era propriamente equa. E si trovò a pensare quanto fosse sottile la differenza tra chi segue le leggi e chi invece le infrange. Certo la sua ex banda non seguiva quella vita per scopi personali o per arricchirsi, non lo faceva per la sete di sangue, ma lo faceva per tutelare quella parte della popolazione vessata e ridicolizzata dai nuovi signori di Barovia.
Ripensò al suo accampamento, a come scorresse felice la vita, a come ogni giorno era bello destarsi respirando l’aria di libertà, a come ogni piccolo sforzo fatto segnasse un piccolissimo passo avanti verso l’identità di un popolo troppo spesso dimenticato. E poi come una scure lanciata contro il suo collo ripensò a quelle stesse strade insanguinate, alle donne sventrate ed ai bambini trucidati, ai suoi compagni infilati nelle picche per deprivarli anche della dignità. Quel mare di sangue che aveva bagnato quel piccolo paradiso nelle foreste di Cuzau, quel mare di sangue che aveva distrutto la sua casa, una casa da libero gundarakita. L’odio dei cittadini di Zeindenburg, un odio pilotato e controllato, era un odio ingiustificato rispetto a quello che provava tutt’ora Warwic dentro di se. Giurò a se stesso che non avrebbe mai dimenticato i valori che apprese con la banda, giurò a se stesso che le facce straziate dei propri amici e compagni, che non ebbe nemmeno modo di seppellire e che erano ancora lì a marcire per quanto lui ne sapesse, sarebbero stato monito per il futuro.
Ma non c’era altro tempo per pensare, le corde erano già tese, i prigionieri incappucciati, e la folla gridava “A MORTE”, mentre i corpi impiccati ancora si contorcevano e la folla si zittì contemplando la vita che abbandonava quei corpi, in quel silenzio innaturale non poté far a meno di ascoltare il discorso di due guardie poco distanti. Parlavano di come ci fosse stato nella notte un cambio turno improvviso e di come la fortuna avesse loro arriso, visto che erano esausti dalla battaglia del giorno prima.
Nel mentre la testa di Ursul, volava nella cesta, tagliata di netto da un insolito boia, che con perizia e precisione cristallina evitò altre sofferenze al bandito…l’odore del sangue arrivò alle sue narici, l’acre odore gli portò un messaggio…
Era come se le anime dei suoi ex compagni volessero portargli un messaggio…immagini veloci si susseguirono nel suo inconscio, l’arena bagnata del copioso sangue nel suo ex accampamento, la gente che scappava senza trovare rifugio, quella folla così radunata nella piazza era un invito perfetto per chi volesse fare una strage, il palco costruito di fretta e furia e Barboianu che ad esecuzione appena iniziata si defilava con le sue guardie del corpo… Perché non aveva assistito alla fine dell’esecuzione?
Come un pugno una sensazione divenne un idea ed in fine una fissazione…qualcosa non andava, l’odore del sangue si fece più intenso, un fremito gli percorse la schiena e si ritrovò ad urlare frasi sconnesse…


Fuggite……


giovedì 14 maggio 2015

L'Orso e le Vespe




I carri lasciarono Zeidenburg poco dopo l'alba percorrendo la strada settentrionale ed inoltrandosi nella Foresta di Tepurich, verso il confine col Borca.
Le ruote posteriori di entrambi, marchiate di blu, li etichettavano come carichi di beni di consumo e sostentamento, ma all'interno al posto di viveri e suppellettili sedevano stretti ma composti gli uomini migliori dei Romanov, pronti a ripagare con la stessa moneta i briganti prossimi all'imboscata.

Sulla cassetta di ognuna delle due carrozze sedeva un soldato scelto, il suo era il compito più rischioso perché sarebbe stato il più esposto al tiro nemico una volta rivelato il carico. Indossavano armature pesanti, accuratamente celate sotto pesanti tuniche di tela, pronti ad impugnare lo scudo ed una lama corta per reggere l'impatto della prima ondata.

Dall'interno della prima carrozza l'ufficiale incaricato dal Kapetan Galca di dirigere l'operazione aprì un sottile spioncino, celato nell'ombra di una risega della parete esterna della carrozza, ed osservò fuori, cercando invano di scorgere il cielo nuvoloso sovrastante. La feritoia era larga soltanto lo stretto indispensabile per poter far fuoco dall'interno con le balestre leggere in loro dotazione e dopo una prima salva di colpi i due alveari sarebbero esplosi, riversando all'esterno una dozzina di soldati addestrati e motivati, recanti il sigillo del lupo argento dei Romanov.

Non era di certo il primo incarico di comando che il Kapetan le affidava, Dalia Dragan era detta Artiglio, per via della profonda cicatrice che le correva lungo il viso, causata dall'artiglio di un rapace, godeva di piena stima da parte del suo superiore e del rispetto dei suoi compagni, avendo saputo sin dal momento del suo arruolamento far parlare le proprie azioni e le proprie armi mostrandosi leale, astuta e grintosa come nessun altro.

"Quest'orso è ghiotto di miele come ogni altro, si arrampicherà sull'albero e tenderà la zampa per cogliere questo alveare, ma non sarà miele né la timida resistenza di uno sciame d'api che assaggerà: si troverà ad affrontare i pungiglioni di feroci vespe e capirà troppo tardi di non potersi ritirare!"

Nel fitto del bosco Lukan aveva già individuato le prime sentinelle della banda di Ursul. Come richiesto era pronto a dare il segnale, ma non si sarebbe unito alla lotta.
Aveva percepito quella presenza non appena messo piede nella Foresta di Tepurich e sorvolando l'area nelle piume di un nibbio aveva identificato con precisione il punto in cui recarsi, lì dove la vegetazione formava una macchia rosso vivo, di foglie autunnali, in mezzo a secolari sempreverde.

Attese fino al momento opportuno, comunicò il segnale al falco che discese in picchiata poggiandosi sulla prima carrozza. Lo stesso falco che l'aveva sfregiata in volto era diventato il suo più fidato compagno: messaggero alato e sentinella pronto ad obbedire al richiamo della sua addestratrice.

"Tenetevi pronti. Ci siamo."

La marcia di entrambe le carrozze venne bruscamente arrestata mentre segnali di allarme e comunicazioni rapide iniziarono a stridire nell'ombra del sottobosco.
Dalia intravide dalla fessura tendersi corde nascoste sotto il terriccio, sotto il muschio e tra le fronde. I suoi uomini presero posto accanto a lei.
Ursul doveva avere un inventore o un ingegnere al suo servizio, l'intera area in cui si erano fermati divenne in breve una ragnatela di funi mentre tronchi oscillanti e barriere spinose bloccavano la via in entrambe le direzioni.

Il punto in cui si trovavano era perfetto per un'imboscata. Il bosco fitto avrebbe nascosto i banditi fino a pochi metri dal bersaglio, fornendo allo stesso tempo protezione dietro i grossi tronchi e spessi cespugli. Se Ursul non si fosse fidato di quelle ruote tinte di blu ogni tentativo di contro-imboscata sarebbe fallito sul nascere: i briganti avrebbero dovuto fidarsi del segnale, dovevano uscire allo scoperto.

"Altolà viandanti! Avete roba che mi appartiene! Un gentil dono da una cara amica... ne siete al corrente o non siete ancora stati informati? Lasciateci il carico o ve ne andrete dritti nello Iadul!"

L'uomo fece un passo avanti, mostrando un torace robusto ed un viso squadrato incorniciato da capelli lunghi e folti. Dalla cintura spiccava l'elegante impugnatura di un'accetta da combattimento, nemmeno sguainata ad indicare la grande confidenza in se stesso del brigante.

Come da programma gli uomini in cassetta alzarono le mani dicendo di essere stati informati della destinazione del carico ed essere pronti a consegnarlo ed essere rilasciati.
Dalia non poté vedere l'espressione di Ursul ma percepì chiaramente una risatina soddisfatta e diede il segnale ai suoi uomini di prepararsi ad entrare in azione.

"Grandi queste carrozze." Disse l'uomo facendo cenno ai suoi di uscire allo scoperto "Ci vorrà parecchio per svuotarle, ma l'inverno è alle porte ed è bene che la cara Juliska abbia deciso di raddoppiare le scorte, si vede che ha in mente di chiedermi un grosso favore! Eh?"

Quando dalla vegetazione furono emersi circa una decina di banditi Dalia seppe di essere di poco in inferiorità numerica, ammesso che non ce ne fossero altri ancora appostati, ma lo stretto spioncino non le permetteva di esaminare più attentamente.
Attese ancora qualche secondo, attese che più nemici possibile fossero a portata...

"Ora!"

Vennero al suo comando simultaneamente aperti tutti gli spioncini, i dardi iniziarono a saettare fuori da essi colpendo i banditi malcapitati più a portata. Ursul fu il primo a venir ferito; Dalia aveva mirato al collo ma il colpo si arrestò sulla spalla del bandito che urlò per rabbia e sorpresa.
Mentre tutti i nemici correvano alle armi, i più cercando rifugio dai dardi proprio sotto le carrozze o prendendo di mira gli uomini in cassetta, scesi per primi a mieter vittime, anche i miliziani abbandonarono le balestre scariche per gettarsi nella mischia.

Ursul urlò: "Maledetta bastarda traditrice! Troia! Puttana! Il tronco! Il tronco!"

L'ultimo dei suoi era appena saltato giù dalla carrozza davanti a lei e Dalia vide con la coda dell'occhio un'immensa macchia scura proiettarsi fuori dal bosco, in rotta di collisione. Sgranò gli occhi e saltò proprio nell'istante in cui un pesante tronco oscillante colpì con la forza di un'ariete da assedio la sua carrozza, fracassandola e proiettandola oltre il sentiero con i cavalli impazziti ancora legati ad essa.

La donna si ritrovò viso a terra, immersa nel terriccio già impregnato del sangue del suo nemico. Attorno a lei le grida e rumori della battaglia esigevano una reazione immediata: digrignò i denti alzandosi e mettendo mano alle armi:

"Per il Kapetan! Per i Romanov! Per Zeidenburg!"

I banditi combattevano ferocemente per salvarsi la vita, erano più di quelli che aveva contato ma i suoi uomini meglio addestrati e meglio equipaggiati brandivano con esperienza le lame sollevando gli scudi per ripararsi dalle frecce che piovevano dal sottobosco.
Vide Ursul ferito dal suo dardo ritirarsi nel sottobosco, oltre la sua portata, ebbe appena il tempo di valutare la sua ritirata in direzione della Valle del fiume Luna, poi il timore di perderlo prese il sopravvento quando scomparve scortato da un paio dei suoi,..

...Il richiamo del falco la rassicurò.

Il suo fidato compagno l'avrebbe seguito fino al suo covo, l'avrebbero ritrovato. Ma la lotta era appena iniziata e per raggiungere il suo bersaglio sarebbe prima dovuta sopravvivere.

Pirates Nest



Odore di sesso, di fumo e alcool aleggia nella stanza del bordello di Zeidenburg mentre John si gode l'estasi del dopo orgasmo. Accanto a lui due ragazze, non particolarmente belle ma titolate come le "migliori troie di tutta la regione Gundarakita". E di questo John ne ha appena avuto piena e soddisfacente conferma.

Ore le due fanciulle, dolcemente appoggiate al petto del pirata, nel contemplano il fisico e le tante cicatrici: " Questa mia cara é il regalo di un caro amico - indicando una lunga linea all'altezza del ventre - quel gran figlio di un pescecane di Lorenz Van Der Graaf, che i demoni all'inferno ne sventrino le carni. E pensare che siamo cresciuti insieme sulla barca da pesca di mio padre Henry, e crescendo insieme abbiamo capito che non ci bastava pescare per poche monete. Volevamo soldi - afferrando i glutei di entrambe le ragazze, strappangli gridolini divertiti - e donne. E dato che di soldi ne ho abbastanza, é ora del secondo giro di boa"
Nuovamente soddisfatto e reperita un’altra bottiglia di ottimo liquore, John sotto invito di Ross, la rossa e più formosa delle due, continua il suo racconto della mappa di cicatrici che porta sul corpo: "Tesoro, il mio corpo non é bello e liscio come il tuo, vedi questa specie di arcipelago che ho sulla schiena all'altezza della spalla? Bene, questo mi insegna a non pensare troppo ai mozzi in difficoltà e a controllare bene le cannonate nemiche. Era già un po' che eravamo imbarcati, io e Lorenz. Un bel ingaggio su una nave pirata e tanto oro nella stiva da dividere fra noi marinai, quando fummo intercettati dalla Marina. Ne scaturì un’epica battaglia - John balza in piedi sul letto e gesticola ricordando - i nostri cannoni eruttavano morte a ogni minuto, i fucilieri mietevano vittime e noi altri abili di spada bramavamo, sbavando per abbordare e far man bassa della nave. Io ero vicino all'albero di maestra quando un mozzo, non avrà avuto più di 10 anni, che trasportava le granate per l'arrembaggio perse l'0equilibrio e stava per finire fuori bordo."
John fa tirare in piedi anche una delle due ragazze e la mette al bordo del letto mentre lei ride di gusto della scena e dell'entusiasmo del pirata "Quel piccoletto era li dove sei tu in bilico e io gli sono saltato addosso per afferrarlo" E cosi facendo si butta sulla fanciulla "Certo che non era morbido come te - palpando i seni della fanciulla che si inturgidiscono immediatamente - E soprattutto adesso non dovrebbe arrivarmi la pioggia di schegge di legno che mi è arrivata sulla schiena quella volta. Una cannonata ha demolito completamente la murata, dove eravamo noi e quello è il risultato. Da quel momento penso solo all'equipaggio in tutta la sua interezza e non ad uno ad uno"

John si alza in piedi e recupera la bottiglia di liquore mentre le due donne continuano a guardarlo dal letto: "Come quella volta che ho salvato tutta la nave saltando addosso ad un Lacedon che stava per far saltare in aria i nostri depositi di polvere. Era il mio primo imbarco da nostromo ed era almeno un anno che navigavo senza Lorenz, anche perché quella mezza sega è incapace di navigare ma solo di parlare. Io sono il figlio di un pescatore, lui mi aiutava solo a tirare su le rete, con il cervello pieno di acqua di sentina non saprebbe trovare una puttana in un bordello. Senza offesa per le presenti donzelle. E comunque stavamo navigando con il Capitano Richard Worley quando fummo avvolti dalla nebbia. Non si vedeva oltre la murata quando sentimmo dei corni provenire da babordo. Dopo pochi istanti oltre ai corni apparvero lugubri vele nere. Sapevamo tutti quello che stava per succedere. Riuscimmo a spiegare le vele appena in tempo prima e prendere spazio fra noi e loro. Ma alcuni di queste creature - disse John tirando una lunga  sorsata di liquore - riuscirono ad saltare sulla nave brandendo torce. Due furono subito abbattute dai fucilieri ma una, la più grossa e brutta, correva verso il deposito. E fui io a prenderla"  John ansimante tira l’ennesima sorsata. "La immobilizzai con tutto il mio peso. Ne sentivo il fetore, la carne marcia sotto le mani. La sua torcia cadde mentre noi prendevamo vela dall'altra nave. Ma mentre gli altri arrivavano per darmi una mano, lui riuscì a colpirmi qui sulla gamba." Sedendosi sul letto, le due fanciulle gli si avvicinano e lo stringono appassionate dal racconto "Passai notti d'inferno per questa ferita, appeso fra la vita e la morte. Sognavo cose strane, cose macabre.... " John si ferma a guardare il muro mentre le due ragazze gli sono accanto, anch'esse ferme. Un momento di stasi come se nella mente di John si riaffacciassero tutte le immagini.

E poi timidamente Anne, la bionda: "Lo hai poi più rivisto Lorenz, eh John?" E come da scossone di un’onda che scuote la nave, John si ridesta. "Eccome dolce tesorino se l'ho rivisto quella viscida anguilla. Una volta quando mi ha fatto questo - indicando la ferita al ventre - e la seconda volta è quando l'ho ucciso. Oddio, almeno penso. Visto che gli  ho fatto esplodere la casa sotto al culo. Ma prima tesorini miei ho bisogno di calore e di altro liquore quindi - dando una sculacciata alle due - procuratevi una bottiglia e tornate qui che abbiamo da fare"
Dopo una nuova parentesi di sesso e alcol, John ritorna a raccontare dei suoi ultimi incontri con Lorenz. "Allora Anne, ti dicevo, che l'ho rivisto due volte. Da nostromo ero stato promosso Primo Ufficiale, anche perché per salvare la vita del Capitano Worley mi sono beccato questa - indicando la cicatrice in volto - e poi perché ero il più scaltro e abile pirata delle filibusta. Sempre il primo ad assaltare le navi e l'ultimo a scendere. Mi spettava. Ma sai com'è, da dove vengo io, la pirateria non è vista di buon grado e spesso e volentieri la Marina ci dava la caccia. E fu in una di queste battute di caccia che ho rivisto Lorenz, la serpe traditrice si era arruolata in Marina e a furia di chiacchiere si era fatto affidare un comando. Le nostri navi si incontrarono in mare aperto e mi riconobbe anche prima di dare l'ordine di aprire il fuoco. La Implacable è una grande nave ma la sua forza è nell'equipaggio. "Navi di legno e uomini di ferro" si dice. Combattemmo con i cannoni per un po’ ma con il comandante riuscimmo a metterci in buona posizione e riuscimmo a speronare la nave nemica. Saltai sulla nave della Marina in cerca di Lorenz, mi feci largo a colpi di sciabola mentre i miei compagni sciamavano sul ponte. E alla fine lo trovai. Non disse nulla, si limito ad attaccarmi. Alla fine vinsi e cosi come il resto dell'equipaggio si dovette arrendere. Quando radunammo tutto l'equipaggio, andai da lui, era in ginocchio come gli altri. Gli dissi che il Comandante accordava, in virtù della precedente amicizia con me, il grazia all’equipaggio. Ma quel cane - che gli dei lo facciano rivivere in mille vite di dolore - mi sfila la sciabola e mi colpisce proprio qui al ventre" Gridolini di sorpresa e sgomento accompagnano la frase, mentre Ross appoggia la bocca in un bacio peccaminoso proprio sulla cicatrice e sussurra: "Ma allora è stata questa la volta che lo hai visto per l'ultima volta". "No dolcezza, il Comandante è un uomo di parola e buono con gli equipaggi, ma altrettanto severo con chi pensa di fare il furbo. La nave della Marina fu lasciata andare, con tutti vivi compreso Lorenz anche se debitamente punito. Vi era solo un piccolo particolare alla nave furono tolte le vele, il timone e lasciati liberi i cannoni senza fermi. E' divertente vedere l'equipaggio cercare di fermare bestie da 500 kg lasciate libere in balia delle onde. Ben presto sfondano le murate e la nave.... beh.... immaginatelo da voi"
"E nonostante questo è sopravissuto?" chiese la biondina giocando con la barba del pirata. "Purtroppo l'erba cattiva non muore mai e quindi ho deciso che era il momento di estirpare l'erba con l'unica cosa che di solito non ne permette la ricrescita: il fuoco. Meglio se coadiuvato dalla polvere nera. Purtroppo la sfortuna ha voluto che il nostro amico era a cena con la sua famiglia oltre che ad alti papaveri della Marina. - le due ragazze sussultano di sgomento - Ero diventato troppo famoso, in senso negativo, e la mia faccia era si stimata dai pirati ma anche avversa a buona parte della popolazione oltre che ovviamente alla Marina."
"Quindi ho deciso che era l'ora di emigrare e far asciugare queste membra mangiate dalla salsedine in lidi più miti. E avendo qui una buona amica, ho scelto Zeidenburg. Non certo per il clima, ma sicuramente per le sue meravigliose puttane. E in tutto questo mi avete anche fatto parlare troppo, quindi mi si è seccata la gola. Quindi adesso mentre voi mi sollazzate io mi finisco questa bottiglia che devo tornare a lavorare. Sempre che non sia troppo ubriaco o stanco. Ma questo dipende da voi amiche mie" Detto questo il nostro amico scompare fra le morbide membra delle due fanciulle.

mercoledì 13 maggio 2015

Ricordi

La notte sembrava ancora più scura di quanto in realtà fosse, l’artista sedeva sullo scranno che si era ricavato dal lungo davanzale della finestra nella magione dove era costretto ad abitare per un po’, a seguito delle vicende che lo avevano visto protagonista. Due morbidi cuscini di velluto ingentilivano la seduta e gli permettevano di sedersi comodamente allungando le gambe mentre il suo sguardo vagava spento tra le stelle che luccicavano nella oscura notte baroviana. Il vortice di emozioni che lo pervadeva da qualche tempo era in netto contrasto con l’apatia e la remissività che stranamente lo caratterizzavano ultimamente.
Warwic se ne stava lì a guardare fuori dalla finestra, riempiendosi i polmoni di fredda aria mentre strimpellava note sulla sua arpa, le dita scorrevano sapientemente tra le corde danzando come piccole ballerine. Per un attimo ripensò ai suoi sogni da bambino alle mille storie di personaggi fantastici e creature insolitamente curiose nate dalla rigogliosa fantasia di sua nonna Melisande. Il piccolo pendeva letteralmente dalla labbra dell’anziana signora quando ella iniziava a raccontargli storie simili, non ebbe mai modo di scoprire se quelle storie fossero frutto del suo passato di avventuriera o se fossero semplicemente inventate, certo era però che la dovizia di particolari rendeva vivi quei racconti e la sensazione di viverle in prima persona era molto forte.
Melisande fu senza dubbio ispirazione per il piccolo Warwic, insegno al nipote quel che sapeva sulla magia, ma notando una predilezione per l’arte musicale non esagerò e preferì lasciar a lui la scelta di cosa essere un giorno. La donna, bellissima nonostante la sua età, era la più giovane di sette figlie di una famiglia non originaria di Barovia. Il come ed il quando fossero giunti in quelle terre era del tutto un mistero, i pochi che li conoscevano semplicemente a domanda rispondevano che di punto in bianco apparvero e si stabilirono ad Hoessla. Ben presto si resero famosi per la conoscenza nelle arti divinatorie e magiche, aiutando come potevano la popolazione più povera della cittadina, che molto spesso coincideva con la parte di popolazione gundarakita.

Melisande non amava raccontare del suo passato, lo faceva sempre lasciando un alone di mistero intorno a troppe vicende, forse per umiltà o forse per altri motivi non era solita soffermarsi sul come e sul perché delle scelte fatte. Amava però raccontare a suo nipote delle meraviglie del mondo visibili solo a chi sapeva coglierle ed edulcorarle dal mondo del quotidiano, dalla solita e grigia visione di tutti i giorni. Non ci furono mai cenni storici particolari, ne riferimenti a cose reali nei suoi racconti, c’erano sempre un gruppo di persone, con nomi che Warwic iniziò a credere inventati, che si trovavano sempre in qualche genere di missione. Creature fantastiche orribili e meravigliose, erano storie di onore, e per lo più erano storie che portavano a riflettere, avevano spesso una morale, erano favole ma sembravano dannatamente vere. Il piccolo si affezionò molto a quello strampalato gruppo, la maga dai lunghi capelli neri e gli occhi leggermente allungati, il possente guerriero sempre pronto a frapporsi tra il nemico ed il suo gruppo, la piccola ladra esile ma molto veloce, ed il paffuto chierico che arrancava per seguire il gruppo. Erano divertenti le storie che li vedevano protagonisti erano forse molto stereotipate ma la passione con la quale Melisande incastrava i tasselli del racconto entrò nel cuore del futuro bardo e ne caratterizzarono gran parte della sua vita. Le storie ebbero un evoluzione da semplici favole, raccontate ad un bimbo, a storie più corpose ed intrigate man mano che Warwic cresceva, la nonna aveva trovato un modo originale di insegnare quel che sapeva o che aveva letto, chissà, al nipotino. In un qualche modo quelle mille storie furono prima ispirazione e poi esperienza per il bardo, la curiosità di sapere sempre di più lo portarono a leggere ed interessarsi, passava ore a sfogliare antichi testi regalatigli dalla nonna e qualche volta quel che leggeva gli era tornato anche utile. Ma Warwic amava anche la strada amava il contatto con le persone, conoscere, capire, studiare fu ben chiaro che nelle sue vene scorreva un sangue differente da quello della famiglia si stregoni, maghi e chierici, la tradizione con lui si era forse interrotta, o forse Barovia aveva cambiato il corso delle cose.

Era ormai notte fonda, ed i suoi pensieri avevano preso il sopravvento, la musica non sgorgava più dalla sua arpa mentre le sue mani erano chiuse e serrate verso il petto stringendo qualcosa, l’aria si era fatta più fredda ed il sonno iniziava ad annebbiare i ricordi del bardo. Scese dallo scranno e si avviò verso il letto, la sua mano posò sul comodino il piccolo oggetto metallico che poco prima stringeva al petto, sembrava una moneta di forma circolare sul dorso visibile non appoggiato sul morbido legno, c’era raffigurata una corona di alloro che campeggiava sulla sagoma di un drago trafitto da una spada e subito sotto delle lettere “ A. IV “.

mercoledì 6 maggio 2015

Metamorfosi





Dal sangue bagnato degli uomini il destino
mentre lo sguardo degli altri incrocia il tuo cammino
a volte benevolo a volte malvagio
e' dunque difficile sentirti a tuo agio.

Scorre la vita lenta o veloce 
dai primi vagiti alla dipartita precoce
la testa che pensa la testa che agisce
contro il tempo una corsa che non finisce.

All'alba del giorno o nella notte oscura 
si dimena l'individuo con molta paura
scappare o lottare non è valsa la pena
se la morte ti coglie proprio dietro la schiena.

Il sangue che scorre sulla tua lama
è stato versato per chi ti ama
non servon regole o principi giusti
se tagliar le gole è questione di gusti.

Il dolore, può la musica solo lenire
aspettando il male che sta per venire
Ordunque tempo non c'e' da sprecare
se la tua vita ti preme salvare.

Riconoscer non puoi il tuo volto da vecchio
Solo guardandoti dentro uno specchio
compiuta sarà metamorfosi intorno. 
prima che cambi la notte in giorno.


Mastro Warwic