lunedì 18 maggio 2015

Campane a morto


Le campane rintoccavano a morto, era ormai giunta l’ora dell’esecuzione, sul palco frettolosamente allestito durante la notte come piccole formiche impazzite si muovevano gli uomini di Galka, chi verificava le corde per l’impiccagione, chi sistemava il ceppo per le decapitazioni. Un cordone di uomini tenevano lontana l’inferocita folla accorsa per vedere lo “spettacolo” della giornata. C’erano uomini ubriachi, donne di strada, e famiglie intere compresi bambini, portati per apprendere cosa volesse dire contraddire chi comanda.
Warwic con riluttanza aveva deciso di partecipare, non tanto per l’evento in se, che in cuor suo non aveva ancora deciso se approvare o no, ma più che altro per guardare e carpire i sentimenti del popolo riunito, per assaggiare la loro sete di vendetta, figlia della frustrazione per essere come sempre tra l’incudine dei briganti ed il martello di chi è al potere.
Sentiva e percepiva l’odio nell’aria, i suoi sentimenti erano un misto tra pietà per quella povera gente e rammarico nel vedere come la frustrazione della gente si concretizzasse in quei momenti rendendo la folla manipolabile e plasmabile, lasciando a loro l’illusione di essere parte integrante di un sistema di giustizia che avrebbe dovuto tutelarli.
Seguiva il fiume di gente festosa, e pensava tra se e se a quanto fosse lontana la visione dei più dalla realtà delle cose, avrebbe potuto avvertirli, avrebbe potuto destarli con la sua musica, ma non sarebbe stato compreso, avrebbe rischiato di essere poco popolare. Ed un artista che si rispetti deve fuggire da quello status più veloce di quanto le proprie dita possano muoversi sulle corde del proprio strumento musicale.
E così non si scandalizzò più di tanto nel vedere intere famiglie andare a vedere l’uccisione di altre persone, magari sfortunate come loro ma che avevano fatto scelte differenti, anche se del tutto errate. Non fece una piega nel leggere nei loro occhi la bramosia nel lasciar uscire tutta quella violenza repressa dalla condizione disagevole in cui versavano ogni giorno. Capì che per loro si trattava di una valvola di sfogo necessaria per potersi alzare serenamente il giorno dopo e per mandar giù le pessime condizioni in cui si sarebbero ritrovati come ogni giorno, nei giorni a venire.
Il popolo inconsciamente si sistemò per classi sociali, per etnia, così come era composta la città stessa, i simili con i propri simili…nemmeno quello riuscì a strappare un sorriso, anche se amaro, al bardo, nemmeno la gioia nel constatare che le cose iniziavano ad andare secondo i piani. Pur non avendo preso parte alle ultime missioni, le informazioni che aveva scovato, erano state di enorme aiuto, nella formulazione della strategie, erano state determinanti nello scovare le tane dei banditi, che ora visti in catene non sembravano più così minacciosi.

A parte quell’essere immondo assetato di sangue, Samoel il Mostro, che di umano aveva ben poco; Warwic non riusciva ad odiare come la folla, gli altri poveracci che da lì a poco sarebbero stati giustiziati. Avendo fatto parte della resistenza gundarakita da che ne avesse memoria si domandò quanto in realtà in un’altra situazione in un altro tempo non fosse plausibile immaginarsi al loro posto con una giustizia leggermente differente. Il suo pensiero inevitabilmente andò ai suoi passati compagni, a quelli che come lui facevano parte della banda dello Straniero, a quelli che lottavano contro una giustizia che non era propriamente equa. E si trovò a pensare quanto fosse sottile la differenza tra chi segue le leggi e chi invece le infrange. Certo la sua ex banda non seguiva quella vita per scopi personali o per arricchirsi, non lo faceva per la sete di sangue, ma lo faceva per tutelare quella parte della popolazione vessata e ridicolizzata dai nuovi signori di Barovia.
Ripensò al suo accampamento, a come scorresse felice la vita, a come ogni giorno era bello destarsi respirando l’aria di libertà, a come ogni piccolo sforzo fatto segnasse un piccolissimo passo avanti verso l’identità di un popolo troppo spesso dimenticato. E poi come una scure lanciata contro il suo collo ripensò a quelle stesse strade insanguinate, alle donne sventrate ed ai bambini trucidati, ai suoi compagni infilati nelle picche per deprivarli anche della dignità. Quel mare di sangue che aveva bagnato quel piccolo paradiso nelle foreste di Cuzau, quel mare di sangue che aveva distrutto la sua casa, una casa da libero gundarakita. L’odio dei cittadini di Zeindenburg, un odio pilotato e controllato, era un odio ingiustificato rispetto a quello che provava tutt’ora Warwic dentro di se. Giurò a se stesso che non avrebbe mai dimenticato i valori che apprese con la banda, giurò a se stesso che le facce straziate dei propri amici e compagni, che non ebbe nemmeno modo di seppellire e che erano ancora lì a marcire per quanto lui ne sapesse, sarebbero stato monito per il futuro.
Ma non c’era altro tempo per pensare, le corde erano già tese, i prigionieri incappucciati, e la folla gridava “A MORTE”, mentre i corpi impiccati ancora si contorcevano e la folla si zittì contemplando la vita che abbandonava quei corpi, in quel silenzio innaturale non poté far a meno di ascoltare il discorso di due guardie poco distanti. Parlavano di come ci fosse stato nella notte un cambio turno improvviso e di come la fortuna avesse loro arriso, visto che erano esausti dalla battaglia del giorno prima.
Nel mentre la testa di Ursul, volava nella cesta, tagliata di netto da un insolito boia, che con perizia e precisione cristallina evitò altre sofferenze al bandito…l’odore del sangue arrivò alle sue narici, l’acre odore gli portò un messaggio…
Era come se le anime dei suoi ex compagni volessero portargli un messaggio…immagini veloci si susseguirono nel suo inconscio, l’arena bagnata del copioso sangue nel suo ex accampamento, la gente che scappava senza trovare rifugio, quella folla così radunata nella piazza era un invito perfetto per chi volesse fare una strage, il palco costruito di fretta e furia e Barboianu che ad esecuzione appena iniziata si defilava con le sue guardie del corpo… Perché non aveva assistito alla fine dell’esecuzione?
Come un pugno una sensazione divenne un idea ed in fine una fissazione…qualcosa non andava, l’odore del sangue si fece più intenso, un fremito gli percorse la schiena e si ritrovò ad urlare frasi sconnesse…


Fuggite……


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