domenica 17 aprile 2022

Il passo maledetto

 


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E' ormai qualche mese che giro per queste lande sferzate da lunghe tempeste di neve, il freddo ti entra nelle ossa, l'inverno sembra non finire mai. I corpi martoriati degli abitanti delle Ten Towns sembrano dover cedere da un momento all'altro, sottoposti ad un lunghissimo e rigidissimo inverno che ormai dura da due anni.
La neve copiosa ricopre le cittadine, i tetti delle case sono messi a dura prova dal peso della neve ormai ghiacciata da tempo, le strade ed i sentieri sono ormai quasi invisibili, ricoperte da una coltre di neve e ghiaccio. La gente è esausta, ma in loro alberga una fierezza che li rende più che mai operosi nella loro caparbietà di sopravvivere a questo gelido inverno. Duri i loro sguardi indagatori verso gli "stranieri", ma sempre pronti a dare una mano in cambio di chi voglia aiutare. La solidarietà tra gli abitanti dello stesso villaggio o cittadina è incentivata dalle avverse condizioni in cui si trovano a vivere. Sanno che solo unendosi e collaborando possono aumentare le loro possibilità di sopravvivere.

In pochi si avventurano fuori dalle città, i commerci sono rallentati tra le dieci cittadine e del tutto fermi tra la costa della spada e la valle. Da quel che ho capito la mia carovana, proveniente da Luskan potrebbe essere stata l'ultima ad aver attraversato il passo. Se così si può dire, visto che sono l'unica sopravvissuta, è stato terribile, quando ormai pensavamo di aver passato il peggio una valanga si è abbattuta sulla carovana. Tutti siamo stati travolti, con noi il carro pieno di mercanzie dei mercanti ai quali ci eravamo uniti. Si è trattato di secondi, un battito di palpebre, di quel momento ricordo solo le urla di chi è precipitato nel crepaccio ed il sordo rumore della neve che ha messo a tacere qualsiasi altro rumore, ricoprendo completamente lo stretto passo e sommergendoci. Pensavo di essere morta, devo aver perso i sensi, sballottata tra massi neve e ghiaccio, eppure ricordo che qualcuno mi ha dato una spinta, forse Braelin che era vicino a me, forse quella spinta potrebbe avermi salvato la vita. 


Non so quanto sia passato, non so quanto sia stata sotto alla neve, ma so che il desiderio di sopravvivere è stato più forte del torpore al quale il mio corpo voleva abbandonarsi. Devo essermi lamentata ed ho sentito una mano sollevarmi e tirarmi fuori dalla neve. Una delle guide con il volto completamente tumefatto ed il sangue rappreso e gelato a disegnargli una maschera terrificante sul volto : " Come stai? Hai qualcosa di rotto ? " disse in un comune quasi stentato, il suo corpo era ricoperto di pelli di lupo, ma la sua stazza era imponente e difficilmente non si poteva notare. Occhi azzurri, quasi glaciali, un alito che puzzava di qualche sostanza alcolica, forse quel latte di capra fermentato di cui ho letto sui libri prima di partire. Abbiamo passato quella che penso sia stata un ora o giù di li a cercare altri sopravvissuti, niente nessuna traccia erano stati trascinati giù nel crepaccio.

Oleg, questo il nome del barbaro, trovò una pista : "Tre uomini, una bestia, Nord, andare ora" guardai le orme non mi dissero molto ma pensai che la bestia fosse una di quelle che trainavano il carro. Oleg mi diede le sue racchette da neve, e lui ne costruì alcune di fortuna con i resti della carovana. In cambio gli diedi delle razioni che avevo nel mio zaino, caddi un paio di volte, quelle racchette erano troppo grandi per me ed io non ero di certo abituata. Dopo qualche ora di cammino, trovammo uno dei tre uomini, era rannicchiato vicino al costone di roccia, immobile, gelido, ricoperto di ghiaccio, vicino a lui un sacco, nulla di utile, sicuramente roba preziosa che aveva trafugato dai resti della carovana, ma dannatamente pesante, prenderla sarebbe significato abbassare le nostre possibilità di sopravvivere. 

Camminammo per interminabili ore, trovammo delle orme di un predatore che seguivano le ormai dei superstiti, più avanti del sangue e poco più avanti i resti della bestia che trainava la carovana, aveva un taglio su una zampa. Oleg disse "uomini scappati, ferito bestia per dare in pasto a....." non capii quella parola ma dubito fosse comune. C'era poco da star sereni, oltre alle condizioni avverse anche bestie feroci popolavano quel posto, forse qualcuna stava seguendo anche noi, Oleg mi invitò a non fermarmi, si limitò a raccogliere qualche pezzo di carne dalla carcassa. Fu disgustoso, mangiare della carne cruda, quasi congelata, i resti del pasto di una bestia, fu orribile.

Dopo un' altro giorno di cammino trovammo anche gli altri due, dovevano aver speso le loro ultime energie per affrontarsi, uno dei due sembrava aver avuto la peggio, aveva una ferita su un fianco, una lama corta e morsi disse Oleg, l'altro lo trovammo poco più avanti assiderato, gli occhi spalancati, il  viso cosparso di sangue rappreso e gelato. Per quanto possibile sentii un brivido lungo la schiena quando capii che i morsi sul cadavere dell'altro erano i suoi. Svenni, ricordo solo che Oleg mi caricò sulle sue spalle. Dopo altri 2 giorni di cammino, Oleg si fermò e mi disse "Nord Est, segui rocce color rosso, sentiero per Bryn Shander" mi fece quello che mi sembrò un sorriso e se ne andò verso est, lo vidi scomparire nel nulla, quasi come se non fosse mai esistito. Da li a poco scavalcai un dosso e vidi del fumo ergersi da delle case a qualche miglio di distanza. Rotolai giù dal dosso, il cuore che mi batteva forte ero ancora viva.

Dal diario di Myriel Karamon