venerdì 8 marzo 2019

Lo schiavo ed il suo padrone

I due tricarniani uscirono trafelati dal tempio che crollava: Azamet insolitamente davanti a Mosu, il quale stringeva al petto l'avvenente principessa Zamira al fine di proteggerla.
Sporchi, feriti, gli abiti sdruciti e strappati, le labbra spaccate e la pelle riarsa dal sole cocente del deserto: a guardarli in quel momento sembravano così simili. A distinguerli solo le evidenti differenze fisiche: slanciato e fiero Azamet, con lunghi capelli scuri e luridi ; pelato ed imponente Mosu con il ventre rigonfio che spunta sotto l'armatura.
Due avventurieri o a pensar male due furfanti, sicuramente due poveracci male in arnese.

Solo pochi mesi prima chiunque avesse incontrato i due tricarniani in una qualunque occasione avrebbe assistito ad una scena assai diversa: Mosu vestito con pantaloni di lino ed una giubba di cuoio bollito che lascia scoperto l'ampio ventre ed il torace flaccido quasi a mostrare le vistose cicatrici, a completare il tutto una spada di bronzo sempre appesa alla cinta e soprattutto un grosso collare di cuoio la cui fibbia rappresenta uno scarabeo dorato con le ali spiegate; Azamet vestito con raffinati abiti di seta ricamati, i capelli neri e lucidi che ricadono fluenti sulle spalle, due anelli con pietre vistose alla mano sinistra ed un bracciale d'oro intarsiato sui cui è riportato il medesimo scarabeo con le li spiegate che sorregge un grosso rubino.

Nessun dubbio sui loro ruoli e la loro appartenenza: Mosu che incede guardingo, a proteggere con la sua stazza il suo nobile padrone Azamet. Il collare indossato da Mosu a testimoniare a tutti la sua condizione di schiavitù e a ricordare che lui è proprietà della famiglia Arak.
Più precisamente ormai, a seguito degli sanguinosi eventi accaduti nel palazzo della famiglia, il suo unico padrone è Kher-heb Azamet Arak, ultimo erede e futuro Principe della casata Arak di Val Toraasa
. Costretto ad abbandonare lasua città natale ed il suo ricco palazzo a seguito dell'attacco infame scagliato dalla famiglia Xalarian che ha colpito nel cuore la famiglia Arak, praticamente sterminandone i membri nei loro letti. Azamet fu salvato proprio dal provvidenziale intervento della sua guardia personale di lunga data, Mosu che lo fece sgattaiolare di soppiatto da palazzo per poi fuggire da Val Toraasa
. Mosu ha poi seguito fedelmente il padrone nella sua ricerca di vendetta nei confronti degli Xalarian, ricerca che li ha portati in giro per i Domini seguendo la sete di potere di Azamet, assecondata da oscuri riti arcani. 

Dopo mille peripezie, i due tricarniani, sono arrivati a Qollaba nel tempio di
Ulasha per salvare al principessa Zamira dopo aver ucciso la manifestazione terrena del dio Ulasha.
Era stato proprio Mosu a strappare la principessa dalle enormi spire del serpente in cui si era incarnato il demone, prima che la gigantesca creatura demoniaca fosse finita da Nergui e Knut, due degli spietati compagni di viaggio dei tricarniani mentre Lejanne si occupava di un seguace alato di Ulasha. A quel punto le fondamenta del tempio iniziarono a tremare facendo crollare tutto.



Una volta in salvo, fuori dal tempio e tornati alla torre della principessa Zamira,  finalmente Mosu ed Azamet poterono riposarsi. Nella sua stanza il futuro principe aveva appena finito di lavarsi, mentre il suo schiavo era di guardia alla porta.
"Vai tu ora" ordinò indicando la vasca. Mosu iniziò a svestirsi rimanendo solamente con il collare. Mai avrebbe osato toglierselo: a Tricarnia un tale gesto avrebbe facilmente comportato la morte, dal momento che nessuno schiavo può levarsi di sua sponte il collare, simbolo della sua condizione di schiavitù come fosse un marchio apposto sul bestiame.

"Dimentichi qualcosa" disse Azamet con tono vago. Mosu perplesso si guardò in giro, per poi rivolgersi con tono di scusa al suo padrone: "Cosa, mio padrone?".
Azamet, nuovamente vestito con abiti più consoni al suo sangue nobile, si avvicinò in silenzio al suo schiavo, alzò le mani e con un gesto lento, fissando Mosu negli occhi, slacciò la fibbia del collare :"Non potrei mai ripagarti per tutto quello che hai fatto in questi anni al mio fianco, specialmente negli ultimi mesi. Non posso chiederti altro. Sei libero". Le guance ancora sporche di Mosu iniziarono a rigarsi, mentre il neo liberto fissava sopraffatto e sgomento il nobile decaduto, senza parole.
Azamet ruppe il silenzio prima che diventasse imbarazzante: "Ovunque tu decida di andare ora, sappi che ci  sarà sempre un posto per te nel mio palazzo a Val Toraasa" per poi aggiungere con un sorriso amaro "Sempre se riuscirò a tornarci". Mosu si scosse e con tono insolitamente deciso corresse il proprio principe "Quando ci torneremo insieme vorrete dire, mio Principe". 

Azamet aveva ancora in mano il collare, sospeso a mezz'aria tra lui ed il torace di Mosu, quando questi lo prese e con gesto solenne se lo allacciò al braccio destro : "Io sarò sempre al vostro fianco Kher-heb" disse Mosu da Val Toraasa nato schiavo, divenuto eunuco, poi guardia del corpo, soldato del confine, avventuriero giramondo ed ora infine uomo libero.

giovedì 7 marzo 2019

Il Leone e l'Ibis



--- Il sogno prosegue --- 

Nitari : "C’era una volta un Ibis grigio come l’acciaio che sfidò un grande leone nero, che si diceva essere capace di far diventare pazzi animali e uomini con il solo suo intenso sguardo. Il piccolo Ibis non aveva paura e con i suoi occhietti gialli lo sfidò con uno sguardo placido.


Il leone cercò di avvicinarsi all’ibis, incuriosito dal fatto che aveva tre occhi, non appena il leone si avvicinò, l’uccello spiccò il volo. Per un giorno intero il leone inseguì l’ibis, che continuava a scappare un momento prima che il leone fosse pronto a raggiungerlo, al crepuscolo l’uccello si andò a rifugiare in una caverna tra le montagne Tricarniane, ed il leone esausto lo seguì. Dentro l’oscura caverna, proprio sotto ad una piccola cascata si era formata una pozza di acqua, l’ibis era fermo nel mezzo. Il leone si avvicinò di soppiatto e sicuro di se stesso spiccò un grande balzo convinto di afferrare la sua preda.


In effetti atterrò nel mezzo del laghetto ma le sue fauci non trovarono le morbide carni dell’ibis, piuttosto il grigio volatile si sciolse come acciaio fuso mischiandosi con l’acqua del laghetto, forzando il possente leone a guardare la sua stessa immagine riflessa. Stordito il leone non riusciva a muoversi e sentì una voce familiare riecheggiare soavemente nella caverna: “Mio amato fratello, sei esattamente dove Io volevo che tu fossi, adesso divertiti nella tua nuova gabbia”. In quel momento il leone capì di essere stato ingannato, rimanendo imprigionato nelle mille immagini di se stesso, come se fossero schegge di uno specchio spezzato. "



lunedì 4 marzo 2019

Morte Strisciante

La Locanda del Serpente era stata gravemente danneggiata durante gli eventi, l'ultima scossa aveva fatto crollare in realtà gran parte degli edifici di Quollaba e soltanto le solide mura esterne ed alcuni locali interni erano ancora integri e sufficientemente sicuri da poter offrire alloggio.

Il valk uscì, accompagnato da una nube di vapore, dalla stanza in cui per la prima volta dopo settimane aveva potuto detergersi e lavar via sangue rappreso, polvere e schegge residue della tumultuosa avventura appena vissuta.
La tremenda ferita che gli aveva lacerato il fianco era in via di guarigione, cucita in maniera fin troppo vistosa dalle grezze arti mediche di lord Arak, ma quel che ora aveva più urgenza di medicazioni era il setto nasale e l'occhio livido. La sera prima avevano festeggiato la loro vittoria sul demone Ulasha.

"Quando il deserto ci ha risputati fuori dalle sue labirintiche dune abbiamo subito capito che a Quollaba non avremmo trovato ristoro, morivamo di sete e la fame iniziava a farsi sentire, avremmo avuto bisogno di una sosta e invece ci siamo trovati a combattere con gli stessi abitanti che avremmo voluto aiutare assassinando Zanator, oltretutto mutati in orribili uomini serpente. Non credevo che il nostro gesto avrebbe causato tanto scompiglio e non avevo idea che la principessa facesse parte dei congiuranti... mi spiace per quanto accaduto."
L'odalisca che aveva giaciuto con lui quella notte era la più abile nelle arti mediche ed ora si preoccupava di tamponargli il viso, ancora pesto: "Nessuno di noi avrebbe potuto crederci, da una parte pensavamo che assoldando degli sconosciuti la Maledizione, se fosse stata vera, si sarebbe abbattuta su di loro e non su tutti noi... ognuno ha agito secondo il proprio interesse" replicò lei.
"Il Comandante ci ha tradito ed ha pagato con la vita il tentativo di sbarazzarci di noi, quel grasso vizir invece era diventato un'enorme bestia-serpente, ci ha inseguito dai primi momenti in cui siamo tornati in città, braccandoci fino alla torre della regina dove ci siamo barricati, questa ferita..." ribadì Nergui sfiorandosi il fianco "...me l'ha causata lui dopo che l'ho reso zoppo... e prima che lo spedissi nel regno delle anime perdute. Non sento il dolore, non mi ero nemmeno accorto mi avesse lacerato così in profondità finché non ho notato quanto sangue stessi perdendo, è merito di questa pietra che ho raccolto nel deserto, credo sia incantata, credo sia merito suo se non sono caduto."
La giovane donna osservò brevemente la ferita ricucita, soffermandosi più a lungo sul cristallo rosso rubino che al collo del valk sembrava pulsare con il lento ritmo di un cuore calmo: "Invero è una fortuna che tu, che voi, non siate caduti, avremmo perso tutto quanto altrimenti. Quando le serpi alate hanno rapito la principessa e siete andati via per salvarla ho temuto che nessuno sarebbe più tornato indietro e che saremmo morti, o ci saremmo anche noi trasformati in quelle bestie orrende."
Nergui annuì: "Avevamo solo un modo per uscirne, ed era tutti insieme, spezzando la maledizione, uccidendo Ulasha, ammesso che un demone possa realmente trovare la vera morte in questo mondo. Ve la siete cavata bene in quella torre, voi odalische, Unoch, gli eunuchi: le frecce li hanno tenuti a bada, e quando l'Enorme è caduto gli altri si sono dispersi, non potevamo immaginare fosse un diversivo per rapire Zamira."
Finita la medicazione l'odalisca rimase seduta accanto a lui, incuriosita: "Cos'è successo al tempio? Come avete fatto ad abbattere un dio?"
"Come si abbatte qualsiasi altra cosa, con le armi, astuzia e determinazione. Invero le persone con cui viaggio sono i più abili e temibili individui che io abbia mai incontrato: Lord Arak aveva scoperto tra i libri della regina che il Dio Ulasha trae vitalità dai cristalli del deserto rosso, la sua tana ne era piena e li abbiamo infranti come prima cosa. Lejanne, Mosu e Knut hanno assalito il demone prendendo tempo, il volto di Zanator sporgeva tra gli occhi della gigantesca bestia serpiforme, un mostro talmente grande da avvolgere con le sue spire contemporaneamente due persone, la principessa era sua prigionera e da essa la bestia traeva energia vitale, rigenerandosi ad ogni colpo subito. Quando lo abbiamo capito non è stato facile liberarla prima che venisse uccisa, Knut in preda all'ira continuava ad affondare le asce senza capire che ogni colpo inferto al serpente veniva in realtà subito da Zamira, è per questo che ho rivolto l'arco verso di lui ed ho scoccato." Il tono del valk si fece pensieroso "Per un attimo mi ha sfiorato l'idea di mirare al collo, o alla testa, quel barbaro del nord è un folle in preda al rancore e ad istinti omicidi e mi ha sfiorato il pensiero che per un'aggressione avrebbe potuto farmela pagare cara, non avrei speranze se rivolgesse la sua rabbia verso di me. Ma dovevo fermarlo in qualche modo e per fortuna mirando al braccio sono riuscito a distrarlo senza causargli danni. Ha inferto lui il colpo di grazia al mostro dopo che Mosu ha liberato la principessa, non volevo lei morisse ed ero disposto a tutto per restituirle il suo regno, o ciò che ne resta."
La fanciulla ascoltò attentamente ogni parola, rifletté per qualche istante mentre inumidiva nuovamente le garze, poi oso chiedere: "Perché? Per quale motivo dare tutto per salvarla? Non ti sarebbe bastato liberarti della maledizione ed andartene abbandonando Quollaba e noi superstiti al nostro destino?"
Il valk si lasciò sfuggire una breve risata: "Non è così semplice Jadja, sicuramente non è il desiderio di ricchezza a muovermi, né il potere, né la sete di sangue. Sapere che questo regno avrà una seconda possibilità e di aver fatto in modo che voi possiate sopravvivere è il tipo di ricompensa che preferisco, è per questo che faccio finta di niente quando Lejanne divide il bottino e a me spetta la quantità minore. Ti dirò che quel che riesco a racimolare dai lavori che facciamo non lo tengo nemmeno per me, c'è qualcuno, nel nord, che sto cercando di aiutare e proteggere, qualcuno che non desidera che io sia vicino per via delle colpe di cui mi sono macchiato in passato."
"Capisco..." fece lei e preferendo non indagare oltre cambiò argomento "Ma se nello scontro con Ulasha non sei stato ferito come hai fatto a romperti la faccia?"
Nergui sbuffò con aria rassegnata: "Direi che mi è anche andata bene, non crederai mica che un bruto come Knut di Northeim si dimentichi di chi ha osato alzare le armi contro di lui?"

[La Caduta di un Tiranno - FINE]