mercoledì 31 dicembre 2014

Riconsacrazione






Una figura incappucciata si avvicina a Lukan ancora prima della fine del suo turno di guardia, è Andrej. Impaziente e desideroso di attende l'alba per poter pregare. Il suo volto, illuminato dalla torcia di Lukan, brilla di una gioia e di forza poichè arde del fervore della sua fede.

Appena Lukan entra al riparo dalla fredda notte invernale e dal vento freddo delle montagne, Andrej si inginocchia e posa davanti a sè l'arma che gli è stata donata.

"Signore del Mattino, nel silenzio di questo giorno che nasce, vengo a ringraziarTi di avermi dato la forza e avermi protetto sotto il Tuo mantello di luce in questo giorno cosi oscuro.
Mai prima d'ora mi ero trovato ad affrontare una tale creatura oscura, tale da spegnere nel cuore ogni speranza di vedere l'Alba. 

Ma grazie alla fede in Te ho superato la prova, sono passato attraverso l'oscurità, ho sentito il dolore del buio e della mancanza di speranza, ma sono rimasto in piedi. Come una fiamma nel buio, non ho vacillato e ho contribuito alla vittoria della Luce.
Oh Signore del Mattino, Calore del Giorno, in questo giorno ho trovato la fede in te e ho scoperto che vi sono molti alleati che parteggiano per la Luce. Pan Goe è un valido e potente alleato per la Luce, per la causa e per l'Alba; è stato lui a dare il colpo di grazia al demone che abbiamo combattuto e a dare soccorso a Kuzja. Mio Signore, potrò anche io un giorno avere tali poteri? So che con la fede in Te potrò continuare a portare la Tua Parola e distruggere ogni nemico della Luce."

I primi bagliori di luce appaiono all'orizzonte e un raggio punta su di Andrej. Il monach si inginocchia e solleva il maglio, ricevuto in dono dal nano dopo lo scontro, in direzione del sole.
"Rivesti della tua luce, Signore del Mattino, quest'arma; questo dono ricevuto che io riconsacro a Te con il nome di "Lampo del Mattino"
Infondigli la Tua benedizione per guidare il tuo popolo nella Luce della speranza e la Tua forza per proteggere i tuoi figli e scacciare la morte e la tenebra che li angosciano."

Detto questo dalle mani di Andrej sembra fluire un bagliore caldo che avvolge l'arma come sottili fili dorati. Il monach indugia ancora qualche momento con Lampo del Mattino ancora stretta in alto prima di portarla in posizione di attesa e iniziare le preghiere mattutine. E nel suo cuore la calda sensazione della forza della Luce.

martedì 30 dicembre 2014

Il Marchio e la Profezia





Al lento dissiparsi delle Nebbie lo spettacolo che si presentava agli occhi dei viaggiatori era cupo e
affascinante allo stesso tempo.
La strada proseguiva il suo percorso verso ovest mentre al crocevia un sentiero secondario scendeva a sud, nei meandri più oscuri del Passo di Svalich, dove il Villaggio di Barovia era annidato.
Un nutrito agglomerato di case in legno e pietra, robuste quanto rustiche, dai camini si sollevavano dense nubi di fumo scuro, dalle poche finestre non sbarrate, lasciate socchiuse fino a pochi minuti prima del tramonto, flebili lumi testimoniavano la presenza all'interno di anime altrettanto povere, la cui esistenza era scandita dal timido e frettoloso percorso che il sole durante le ore diurne azzardava al di là delle frastagliate cime dei monti.
I pochi che si azzardavano per la via affrettavano il passo per raggiungere il prima possibile la loro destinazione. Gli abitanti del piccolo borgo avevano imparato a convivere con il timore di ciò che li circonda, e prudenza e superstizione erano i loro dogmi sopra ogni altro credo.
La via principale arrivava a biforcarsi all'estremità opposta del villaggio, conducendo da un lato all'unico edificio che poteva mostrare una parvenza di sfarzo e benessere, la villa del borgomastro, la nobile Dama Atanasius, e dall'altro ad un massiccio ponte che attraversava il fiume Ivlis a poche centinaia di metri dalla sua sorgente: le Cascate di Tser.
Da lì il sentiero attraversava una piccola macchia di vegetazione che presto si diradava per lasciare spazio al vasto accampamento Vistani che si affacciava sullo stagno ai piedi del precipizio. In ogni ora del giorno e della notte decine tra lumi e falò brillavano intensamente rendendo il campo apparentemente ben più vivo e densamente popolato del villaggio poco distante, anche se in realtà gli effettivi occupanti erano poco meno di un quinto e molti di essi raminghi e soltanto di passaggio.
Sopra a tutto questo, osservando dal basso verso l'alto la cascata di Tser, le cui gelide acque si gettavano a precipizio per più di cento di metri, stagliato contro il cielo perennemente oscurato dalle nubi, aggrappato alle aguzze rocce dei monti Balinok, con guglie nere e mura merlate alte decine di metri, orribili guardiani di pietra immobili sui torrioni e stormi di pipistrelli in volo dalle grotte sottostanti, avvolto in un'aura di lugubre fama e superstizioso terrore, regnava sull'intera valle il Castello di Ravenloft, dimora del Conte Strahd Von Zarovic.

Ai piedi della cascata, sulla riva dello stagno, la vecchia Vistani tradusse in parole le immagini che avevano invaso la sua mente:

"Sangue versato. Anime dannate. Poteri a lungo dimenticati.
Il Corvo non vola più ma il suo gracchiare risveglia divinità perdute, condottieri e traditori.
La Disperazione porta Caos, il Caos genera Mutamento.
Il Corvo Disperato brama il Mutamento."

Furono le sue ultime parole, prima di svanire, come se lì, davanti agli occhi Astrid e Mircej, non fosse mai stata. Il fazzoletto che aveva ricamato però era ancora tra le mani del ragazzo e portava ricamato un simbolo ormai noto.

Lo stesso fazzoletto, a pochi giorni di distanza da quel momento, non era più in possesso dei figli di Lavinia. Presso il Circolo di Pietre degli Eterni Amanti, Roxolana delle Ombre portava con se la prova che gli Zarovan avevano qualcosa a che fare con la creatura strappata al Conte, giacché egli aveva impresso lo stesso simbolo sul collo.
I Mille Occhi avrebbero trovato interessante la notizia, ma forse qualcun altro prima avrebbe dovuto sapere, qualcuno che non voleva essere trovato...

mercoledì 17 dicembre 2014

Un Segugio ed il suo branco.





Cuzau e l'insegna dello Stregone Impiccato
La luce del giorno filtrava pallida attraverso le nubi. Il borgo di Cuzau pigramente percorso da gente dagli animi buii e dagli abiti scuri, intenti nelle faccende quotidiane di un insolitamente mite mattinata d'autunno.
Appena oltre le ultime case la carrozza prese la svolta a sinistra, invece di tornare verso il passo montano dal quale era discesa solo il giorno prima si diresse verso la vasta valle ad occidente, prendendo la larga via mercantile di collegamento con Teufeldorf e gli altri confini.

Sebbene consapevoli di poter cadere in una trappola, Kuzja, Andrej e Lukan avevano deciso di restare al fianco di Bogdan. Il giovane Lev Torosic prestava fede al suo incarico di assisterli, seguendoli senza far domande e rendendosi utile al meglio delle sue possibilità.
La compagnia di Peter era quantomeno bizzarra, l'uomo vestiva abiti molto pesanti, ben più caldi di quelli necessari per un autunno fresco ma non glaciale come l'inverno che si prospettava, i guanti fatti su misura coprivano mani che solo ad uno sguardo attento potevano apparire monche, la voce stridula si incastrava spesso su alcune parole, ripetendo sillabe in un balbettio simile al latrato di un cane.
Di quell'uomo nessuno si fidava, ma aveva reagito immediatamente al nome di Rannarth, Il Maestro delle Aquile, mostrando stupore ed interesse in Bogdan e rivelando di possedere ulteriori informazioni, chiedendogli più volte: "Come mai tu sei ancora vivo?".

A poche ore di viaggio da Cuzau la carrozza lasciò la larga strada lastricata per procedere nuovamente verso nord, lungo un percorso di terra battuta che portava verso una macchia di vegetazione. Gli alberi spogli con il loro intreccio di rami facevano da controsoffitto al cielo coperto di nubi, qualche animale selvatico rimase ad osservare il passaggio dei forestieri, altri, più cauti, corsero a nascondersi tra i cespugli rinsecchiti al primo accenno di rumore.
Tutte le terre di Barovia appartenevano al Conte, ma in suo nome boiari e nobili proprietari terrieri amministravano singoli appezzamenti. Le proprietà di una singola famiglia erano delimitate da confini naturali o, come in questo caso, da un muretto di cinta facilmente scavalcabile ed un vecchio cancello arrugginito e parzialmente divelto il cui emblema era ormai arrugginito ed illegibile.

Peter squittì: "La tenuta di caccia dei Buchvold Khkhkh! Siamo diretti alla villa in rovina". Kuzja fu bravo a nascondere la sorpresa di tale fortunata coincideza, ma la scoperta non diminuì la sensazione di sfiducia e dubbio nei confronti della loro guida, specialmente dopo che lungo il viale iniziarono a scorgere uomini e donne intenti nel tagliar legna, cacciare e cogliere radici.

Pate il Segugio
La villa era si in rovina, ma non abbandonata: "Chi sono quelli?" Chiese Andrej.
"Ci siamo stabiliti qui con la mia banda quando Lord Buchvold è fuggito. Khkhkh! La villa è stata saccheggiata ma nessuno ne ha reclamato la proprietà. Il mio gruppo aveva bisogno di un riparo. Khkhkh!" Rispose la loro guida.
"Gruppo? Che tipo di gruppo?"
"Khkh! Briganti. Siamo fuorilegge."
Il monach portò istintivamente la mano all'impugnatura del martello da guerra Tuono di Pietra, donatogli dal Vecchio Goe, vide fuori dal finestrino un paio di cacciatori rientrare con piccole prede ed arco in spalla, incuriositi dall'arrivo dei nuovi ospiti. In cassetta anche Bogdan, sempre guardingo, rimase in allerta, attento ad ogni improvviso movimento.

Quando la carrozza, trainata da quattro magnifici destrieri, uscì sul piazzale antistante la villa si era già radunato un piccolo drappello di rifugiati, perlopiù vestiti di pelli e cuoio, armati con accette, lance, archi e attrezzi da lavoro. Soltanto alcuni sembravano veri e propri combattenti, forse ex soldati o mercenari, o sciacalli abbastanza fortunati da esser riusciti a saccheggiare un cadavere fresco della sua cotta di maglia e arma bianca.
Il viaggio terminò con mezzo giro attorno ad una grande fontana rotonda non più in funzione, direttamente ai piedi di tre scalini a mezzaluna in prossimità dell'ingresso principale della Villa dei Buchvold.

Subito alcuni curiosi iniziarono ad avvicinarsi da ogni direzione, fu una donna a parlare, vestita di lana e pellicce, dal volto sporco, scarno e posticci capelli color paglia, si rivolse all'unico volto noto tra quelli appena giunti: "Pate! Chi ci hai portato? Dobbiamo imprigionarli?"
L'uomo si affrettò nel saltare in terra: "Khkhkh! NO! No, sono ospiti, non prigionieri! Bella carrozza vero? Khkh!"
La donna si limitò a fare una smorfia ed un cenno di alt verso gli altri suoi compagni che avanzavano con le armi in mano. Ubbidirono restando ad osservare.

Bogdan raggiunse Pate smontando dalla cassetta e anche gli altri uscirono allo scoperto, Andrej tenendo saldo in pugno il Tuono di Pietra, Lukan col volto in ombra sorreggendosi al bastone nodoso.
"Dovreste... khkhkh ...consegnare le armi e poi seguirmi dentro." Squittì il loro ospite.
"Non ci penso nemmeno." Ruggì Andrej mentre Kuzja alzava le braccia dimostrandosi completamente disarmato.
L'imponente monach in assetto da guerra non invogliava i briganti a farsi sotto, ma il loro numero attorno al gruppo iniziava a crescere e assieme alle lame iniziarono a sollevarsi anche archi e balestre.
Pate fece un cenno per calmare gli animi, invitò Bogdan a seguirlo: "Tu seguimi, khkhkh! Gli altri possono accompagnarci se disarmati. Altrimenti aspettateci qui."
Varcò la soglia della villa e gli fece seguito anche Kuzja, chiusero la fila due degli uomini di Pate.

L'interno dell'edificio era spoglio di ogni oggetto di valore, l'ampio ingresso era stato svuotato di ogni mobile, espropriato o nel peggiore dei casi utilizzato per rinvigorire le fiamme di qualche falò notturno. Il portone dava su una elegante scala che da un pianerottolo si divideva in due collegando il pian terreno con le due ali della balconata al primo piano. Salendo sulla sinistra Pate guidò i due ospiti in quello che un tempo era lo studio del padrone di casa, il Kapetan Emilian Buchvold.

Al contrario di quanto visto in precedenza la stanza presentava ancora un'ombra di arredo. La libreria era stata saccheggiata di ogni tomo di valore, il resto giacevano in terra trasformati in fogli sparsi e accartocciati, al posto di quella che un tempo doveva essere una scrivania degna di un Lord era stato sistemato un barile su cui era poggiata una tavola di legno. Pate si sistemò dietro di essa facendo cenno a Bogdan e Kuzja di accomodarsi.
I due energumeni attesero il loro ingresso sistemandosi poi accanto la porta d'ingresso, lasciata aperta per via dei cardini divelti.
Pate non poté fare a meno di notare come lo sguardo dei suoi ospiti fu subito calamitato dal dipinto alle sue spalle: la tela occupava quasi metà parete, un'opera troppo scomoda da trasportare, era stata lacerata nel mezzo per verificare che non ci fossero vani nascosti sulla parete. Raffigurava due soggetti in primo piano, il padrone di casa Emilian Buchvold ed accanto a lui una bambina di circa dieci anni dai capelli corvini arruffati, alle loro spalle, stagliato contro un cielo notturno, era raffigurato un edificio sontuoso, immerso nella vegetazione da cui torri e guglie si slanciavano oltre le cime degli alberi.

Quel dipinto lasciava poco spazio ai dubbi, la bambina aveva gli stessi tratti della loro compagna di viaggio rapita dai Vistani.
"Martha!" si lasciò sfuggire Bogdan a labbra serrate.
Kuzja annuì e Pate si voltò ad osservare i tratti per poi scrollare le spalle: "Khkhkh! Vogliamo iniziare?"

All'esterno della villa, nel frattempo, Lukan e Andrej sorvegliavano la carrozza tenendo alla larga i curiosi che continuamente gli si avvicendavano intorno. Il richiamo improvviso di Lev li fece quasi sobbalzare: "Ehi! Che stai facendo?"
Entrambi si affrettarono per raggiungere l'altro lato del trasporto dove uno dei briganti era stato colto dal ragazzo a curiosare di nascosto tra la loro roba.
"Via di lì! Subito!" Tempo di metter mano alle armi e si accorsero che gli abitanti del luogo erano tutti attorno a loro, più vicini di prima, in un cerchio che continuava a stringersi e sensibilmente più minacciosi...

venerdì 12 dicembre 2014

Sprofondati nel buio

Abbiamo appena ucciso Mor-Malakar, o meglio il suo corpo mortale. In realtà era una specie di marionetta comandata dal demone che si diverte ad infestare le vite di Ghakis con le sue manifestazione provenienti dal mondo d'ombra. Privo di emozioni Mor-Malakar ha combattuto come una furia senza provare dolore sino a che non è crollato sotto i nostri colpi. Pan Goe si riappropria del suo maglio tonante, strappandolo dalle spoglie del suo nemico mentre noi spalanchiamo le porte della sala ove si trova la tanto agognata campana di Goe.

Buio come neanche nella piú tetra delle notti baroviane. Anche la luce del Signore del mattino portata da Andrej non riesce a penetrare la coltre oscura che riempe questa sala dimenticata: a malapena illumina il volto del monach con una luce pallida e sbiadita, tremolante nell'oscuritá che sembra inghiottirla da un momento all'altro. La malvagitá è quasi palpabile nella sala mentre brancoliamo in fila seguendo Pan Goe, diretti verso la campana che dovrebbe spezzare i malefici che infestano questo monte e la sua valle. Ogni passo nel buio accresce l'inquietudine sino a quando improvvisamente il demone d'ombra si manifesta ai nostri occhi : un'ondata di paura e crudeltà sovrannaturale ci investe, gelando innaturalmente l'aria intorno a noi. Il terrore pervade i nostri animi: io, Andrej e Goe resistiamo, aggrappandoci alle rispettivi divinità che ci danno la forza per continuare ad avanzare; Bogdan e Lukan invece, sopraffatti dal terrore, si staccano dal gruppo scappando verso l'uscita.

Noi continuiamo l'avanzata spinti dal nano ma veniamo rallentati da delle creature che prendono forma dalla coltre oscura che ci circonda. Attaccati da queste creature d'ombra perdiamo contatto con Goe che continua la sua cieca avanzata, attratto inesorabilmente dalla campana. Disuniti, feriti e sperduti al buio in questo posto dove le nostre divinità sono solo echi lontani, io ed Andrej continuiamo a lottare fianco a fianco per spirito di sopravvivenza. In lontananza udiamo Pan Goe lottare con il demone che infesta la montagna: il nano da vita ad uno scontro mortale con la sua nemesi il cui esito è a noi ignoto, scandito solo dai rintocchi della campana scossa dai due contendenti.



Nel frattempo scacciamo le creature d'ombra che svaniscono nel nulla da cui erano venute e riusciamo a ricongiungerci con Bodo e Lukan, quando la voce del demone tuona nella sala: "Se non tu moriranno i tuoi compagni!"
Il buio sembra prendere forma, esplodendo tutto intorno a noi in un inferno di fiamme cieche che mordono e dilaniano la nostra carne. Un improvviso ed insopportabile dolore che non pensavo possibile mi attanaglia le membra e l'anima. Il dolore lancinante mi accompagna solo pochi attimi, poi tutto inizia ad abbandonarmi e scivolo nella più completa e silenziosa oscurità. A quel punto non c'è altro che sordo buio: non c'è più il mio corpo, non ci sono più i miei compagni, non ci sono più suoni, forse non c'è neanche Hala.
Buio, solo buio ...

venerdì 5 dicembre 2014

Preda e non cacciatore

 
Assalito dai pensieri mentre la pioggia batteva sul suo mantello, se ne stava, per avere una visione
migliore, rannicchiato su di un albero, il freddo mordeva il suo viso e l'umidità iniziava a farsi sentire. Adesso Bodo rimpiangeva il caldo tepore del focolare di casa Grau. C'era poco tempo per riflettere e per tornare indietro nel tempo con i ricordi, era veramente solo questa volta, solo ed in una situazione pericolosa. Cercando di trovare del buono in quel contesto, pensava tra se e se, che tutto sommato tra tutti i suoi compagni era quello più abituato ad una siffatta situazione, sapeva che se qualcuno poteva farcela era lui. Si strinse nel mantello guardando la mandria di "oscuri", aveva deciso di chiamarli così, che senza apparentemente una ragione valida si aggiravano per le strade della cittadina. Dentro di se sentiva riecheggiare gli insegnamenti ricevuti, sapeva cosa avrebbe dovuto fare, sapeva che sarebbe stata una lunghissima notte, sapeva che lo attendevano lunghe ore di terrore, come se non bastasse la notte baroviana, ed il clima impietoso del paesaggio montano. Bogdan sapeva che non poteva mollare, la stanchezza era un lusso che non poteva e non doveva permettersi, la paura doveva essere un monito per tenerlo lontano dalla rassegnazione e dalla distrazione. I suoi sensi questa volta avrebbero avuto il massimo dell'attenzione, si sarebbe fatto guidare da essi.
Il suo cuore si era fermato nell'attimo in cui riecheggiando il rintocco della campana il paesaggio intorno a lui era cambiato ancora una volta, il sollievo di vedere quel pover' uomo martoriato in salvo si era tramutato in orrore scorgendo e relizzando allo stesso modo che situazione si stava delineando intorno a lui. La notte era appena iniziata e con essa la grande caccia, ma questa volta era lui la preda e non il cacciatore.