martedì 30 dicembre 2014

Il Marchio e la Profezia





Al lento dissiparsi delle Nebbie lo spettacolo che si presentava agli occhi dei viaggiatori era cupo e
affascinante allo stesso tempo.
La strada proseguiva il suo percorso verso ovest mentre al crocevia un sentiero secondario scendeva a sud, nei meandri più oscuri del Passo di Svalich, dove il Villaggio di Barovia era annidato.
Un nutrito agglomerato di case in legno e pietra, robuste quanto rustiche, dai camini si sollevavano dense nubi di fumo scuro, dalle poche finestre non sbarrate, lasciate socchiuse fino a pochi minuti prima del tramonto, flebili lumi testimoniavano la presenza all'interno di anime altrettanto povere, la cui esistenza era scandita dal timido e frettoloso percorso che il sole durante le ore diurne azzardava al di là delle frastagliate cime dei monti.
I pochi che si azzardavano per la via affrettavano il passo per raggiungere il prima possibile la loro destinazione. Gli abitanti del piccolo borgo avevano imparato a convivere con il timore di ciò che li circonda, e prudenza e superstizione erano i loro dogmi sopra ogni altro credo.
La via principale arrivava a biforcarsi all'estremità opposta del villaggio, conducendo da un lato all'unico edificio che poteva mostrare una parvenza di sfarzo e benessere, la villa del borgomastro, la nobile Dama Atanasius, e dall'altro ad un massiccio ponte che attraversava il fiume Ivlis a poche centinaia di metri dalla sua sorgente: le Cascate di Tser.
Da lì il sentiero attraversava una piccola macchia di vegetazione che presto si diradava per lasciare spazio al vasto accampamento Vistani che si affacciava sullo stagno ai piedi del precipizio. In ogni ora del giorno e della notte decine tra lumi e falò brillavano intensamente rendendo il campo apparentemente ben più vivo e densamente popolato del villaggio poco distante, anche se in realtà gli effettivi occupanti erano poco meno di un quinto e molti di essi raminghi e soltanto di passaggio.
Sopra a tutto questo, osservando dal basso verso l'alto la cascata di Tser, le cui gelide acque si gettavano a precipizio per più di cento di metri, stagliato contro il cielo perennemente oscurato dalle nubi, aggrappato alle aguzze rocce dei monti Balinok, con guglie nere e mura merlate alte decine di metri, orribili guardiani di pietra immobili sui torrioni e stormi di pipistrelli in volo dalle grotte sottostanti, avvolto in un'aura di lugubre fama e superstizioso terrore, regnava sull'intera valle il Castello di Ravenloft, dimora del Conte Strahd Von Zarovic.

Ai piedi della cascata, sulla riva dello stagno, la vecchia Vistani tradusse in parole le immagini che avevano invaso la sua mente:

"Sangue versato. Anime dannate. Poteri a lungo dimenticati.
Il Corvo non vola più ma il suo gracchiare risveglia divinità perdute, condottieri e traditori.
La Disperazione porta Caos, il Caos genera Mutamento.
Il Corvo Disperato brama il Mutamento."

Furono le sue ultime parole, prima di svanire, come se lì, davanti agli occhi Astrid e Mircej, non fosse mai stata. Il fazzoletto che aveva ricamato però era ancora tra le mani del ragazzo e portava ricamato un simbolo ormai noto.

Lo stesso fazzoletto, a pochi giorni di distanza da quel momento, non era più in possesso dei figli di Lavinia. Presso il Circolo di Pietre degli Eterni Amanti, Roxolana delle Ombre portava con se la prova che gli Zarovan avevano qualcosa a che fare con la creatura strappata al Conte, giacché egli aveva impresso lo stesso simbolo sul collo.
I Mille Occhi avrebbero trovato interessante la notizia, ma forse qualcun altro prima avrebbe dovuto sapere, qualcuno che non voleva essere trovato...

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