venerdì 25 gennaio 2019

Diario de viaje - parte tercera

«Hijo de la puta mujera guapa...»
«Non sono un guaritore - specifica non senza la solita spocchia Lord Azamet, intento a ricucirle il fianco aperto da uno sgarro dall'ascella fin quasi all'ombelico - so solamente ricucire gli schiavi danneggiati...»
«Asì asì - digrignando i denti - muchas gracias Señor Lord... guardo rencor por el pentarcos... los insultos son par el burdel donde la madre... AAAAAAAGH!!!!» mordendo una cinghia in bocca per non sentire il dolore.
E mentre la voce di Lord Azamet che puntualizzava «E' solo "Lord" Azamet...» va dissolvendosi nelle sue orecchie ripensa a come sono finiti in questo posto...

Ritorna con la mente a pochi giorni prima, quando sono sbarcati al porto di Teyerana; il vento caldo e secco proveniente dal deserto aveva un ché di rassicurante. Forse a causa dell'incontro con il suo maestro, Lord Azamet sembrava uscire dal periodo di broncio e riprendere la sua spocchia di sempre. Nergui aveva baciato, letteralmente, la terra una volta in porto e Knut si era interessato all'abbondante mercato suk locale, girando continuamente tra i banchi alla ricerca di "cose interessanti", per sparire poi la sera nei diversi locali attorno alla piazza principale.

Trovare a chi rivendere le gemme non fu facile e costrinse la jalizariana a trascinarsi nei vicoli più oscuri e polverosi, trattare incessantemente con presunti venditori ambulanti, e anche ungere un po' qualche ricettatore allungando qualche moneta, gentilmente fornita da Lord Azamet anche per trovare la dimora del suo maestro.
Ma alla fine ripagò parecchio e permise loro di spartirsi un decoroso bottino, e mentre il Don tricarniano si confrontava con il mentore, portando anche interessanti novità riguardo al maleficio che aveva invaso Mantello Nero, e indicando una via per il futuro, lei attese il momento di riprendere il viaggio trascinandosi la sera nei caratteristici piccoli locali, poco più di grandi stanze semi interrate nelle case di fango, ma caratterizzate da ottima birra, cameriere dai fianchi sinuosi e sodi glutei, e begli avventori interessati a divertirsi con una bellezza esotica come Lejanne. Che fosse abbracciata ad un boccale di birra o ad un bel maschio locale, o entrambi, era comunque solitamente un bel risvegliarsi.
Non quel giorno.
Quel giorno si svegliò con la bocca impastata e piena di sabbia, i polsi dolenti, la testa pesante. Come lei i suoi compagni di viaggio. In gabbie e depredati di molti loro beni. Erano stati drogati da un becero con il naso adunco, e portati all'Arena del Pentarcos Lucretios, al fine di "farlo divertire" entrando a combattere contro bestie feroci e bizzarre.

Fu quasi immediato il primo scontro contro dei lupi, legati tra di loro a coppie ed equipaggiati solo con rozze spade arrugginite, armature riassettate alla buona e scudi pieni di troppi graffi e spaccature. Knut dimostrò subito la sua rabbia spaccando la catena che lo legava ad un vecchio, mentre Lord Azamet divenne una cosa sola con il suo possente Mosul, uno la mente (e lo scudo) e l'altro la possanza. Lejanne avrebbe dato per spacciato Nergui senza il suo arco, e lei che a lui era incatenata, ma avrebbe sbagliato: usò lo scudo sia per tirare la terra addosso ai lupi, sia per spingerli verso il loro ultimo destino nella foggia del barbaro del nord, allo stesso tempo permettendole di volteggiare con il mantello e punzecchiarli con quella rozza spada che le avevano dato. Nonostante a nessuno piacesse essere comandato, il tricarniano si dimostrò in grado di gestire l'intera fila senza ricorrere all'uso della frusta, con una visione di battaglia che i singoli non avrebbero saputo avere. E come fossero un solo uomo, o l'equipaggio di una ciurma affiatata, i cinque nell'arena ebbero la meglio sulle bestie. Ma era solo il primo scontro.

Il vecchio incatenato con loro si scoprì essere un sacerdote di Hulianos, il dio cui era dedicato il tempio che Lucretios ha trasformato in arena, e che le colonne dell'arena avrebbero celato un mistero. Sarebbe stato importante per lo scontro a venire di dedicarsi ad ispezionarle. Fu così che entrarono nuovamente nell'arena. Ma stavolta disarmati, e contro due leoni. Il lord e il suo obeso schiavo si gettarono su una colonna per arrampicarvisi sopra, allettati dalle armi appese su di essa, mentre Lejanne su quella agli antipodi. Knut, dalla cui mano spuntava a malapena uno stiletto che Lejanne era riuscita a trafugare, avanzava verso le bestie attirandole a sè mentre dietro a lui Nergui impugnava fieramente una frombola immprovvisata poc'anzi con dei lacci e un lembo di camicia.
Il primo felino si gettò sulla povera Lejanne, e pronto a balzare avrebbe fatto scempio di lei se non fosse stato colpito diretto da una pietra scagliata dal valk. Il secondo leone saltò verso il barbaro, che si abbassò di colpo e gli piantò la minuscola lama nell'addome sfruttando il suo movimento per aprirlo, e poi ricoperto di sangue si gettò sull'altra fiera, afferrandola al collo e piantandogli l'arma nell'occhio, spingendola col palmo, fino a farlo stramazzare. Mentre sfotteva il padrone dell'arena incitandolo a fare di meglio, i letterati della squadra decifrarono nelle colonne di pietra delle lettere nell'alfabeto imperiale.

Sfruttando la calma del dopo scontro, decisero che era momento di agire; la vecchia serratura arrugginita si aprì di scatto sotto le dita e gli strumenti improvvisati di Lejanne, e poterono nascondersi nell'oscurità. Oscurate delle torce, Mosu e Knut tesero un agguato alla ronda di guardia mentre Nergui li attirava sull'altare al centro della stanza e Lejanne si preparava per un assalto dall'ombra. Lord Azamet intanto decifrava le arcane scritte per aprire il passaggio, dentro il quale si infilarono immediatamente altri due prigionieri, destinati a perire nelle trappole che riempivano le catacombe.
Eliminate fulmineamente le guardie, e recuperato il loro equipaggiamento, venne il momento di infiltrarsi nell'angusto passaggio, mentre il plotone di guardia rumorosamente si gettava all'inseguimento; il vantaggio fu fondamentale, e mentre le guardie perdevano tempo negli anfratti sotterranei, i non-più-prigionieri raggiunsero la fine delle scale e si trovarono di fronte un massiccio granchio grosso come un carro da quattro cavalli. Circondarlo fu fondamentale per fargli aprire la guardia, e permettere ad un'azione combinata di colpirlo al centro degli occhi, unico punto ove la corazza era assente, ma non prima che con una possente chela aprisse l'addome di Lejanne.

Mentre si riprende dal dolore e i sensi si riattivano, ancora sente il brusio dei suoi compagni di viaggio. E il rumore delle guardie dietro di loro la spingono a rialzarsi e risistemarsi rapidamente: la loro fuga si tramuterà rapidamente in un inseguimento...

giovedì 24 gennaio 2019

Delle Città Indipendenti e dei suoi luoghi

 

Lucretios 

Pantarkos , l’equivalente a Faberterra di un conte è l’ultimo erede della sua incredibilmente ricca
famiglia originaria del sud di Faberterra. Fisicamente fragile, ha sviluppato una grande passione per i giochi gladiatori e sperperato fortune scommettendo sui combattimenti nell’arena. Non contento si è trasferito nella zona delle città indipendenti costruendo una sua rocca fortificata arroccata su di un promontorio. Qui organizza giochi privati per il suo divertimento personale. Da qualche tempo , aiutato da Corvus, un maestro del Loto al suo servizio il nobile rapisce gli stranieri che viaggiano sulle sue terre e li usa per i suoi giochi. Grazie alle sue ricchezze può permettersi di assumere un gran numero di mercenari e servitori per la sua incolumità e per proteggerlo.




 Corvus

Maestro del Loto, originario delle città indipendenti, di etnia nomade, ha deciso di farsi chiamare Corvus, pur non essendo il suo vero nome. Si vocifera che è stato costretto a collaborare con Lucretios, che lo paga profumatamente affinché non si faccia troppi scrupoli, pur di sfuggire dal suo terribile passato. Nessuno sa cosa sia successo e perché ha deciso di cambiare nome, o meglio chi lo ha scoperto non ha avuto il tempo di raccontarlo.