mercoledì 31 ottobre 2018

Li pietroni de Licaonia


De pietre nella vita mia assai ne incontrai
di lato ai selciati , pe li campi e nei pietrai

Mai diedi così importanza a tale infausto oggetto
fin quando non ne fui con incantesimo soggetto

Li girodì passarono, immobile ne rimasi scolpito
ma non con scalpello e martello bensì nel tempo assopito

La posizione mia rimase per girodì e girodì ferma
con mano protesa la spada sguainata a posa di scherma

Di tempo per pensare ne ebbi a iosa
la vita mia veloce scorrea copiosa

Pensai e ripensai a dove avrei potuto cambiare
per esser più virtuoso e la vita mia migliorare

De fanciulle indifese un gran numero ne salvai
storie de re e popolani a mille ne narrai

Lo maestro mio ancor oggi è fiero
della sua scuola fui musico e cavaliero

Giammai fui coinvolto in scandali e corruzione
il rispetto e l'onore furono la mia religione

De grande ringraziamento se levino oggi li canti
Agli eclettici viandanti che c'han liberato tutti quanti

La gioia mia d'un tratto s'e' arrestata
scoprendo che il collega musico è na lenza nata

Proprio a me doveva capità il Peregrino
grande musico cantore e giocoliere malandrino ?

Quest'onta dovrò ben presto ripianare
Ed alla gloria lo nome della famiglia riportare

Impresa tosta e gajarda ci aspetta all'orizzonte
c'e' poco tempo per lagnarsi che l'arme sian pronte

Orsù amici onorevoli e non uniamoci in coro
lo futuro de Laitia sia ricoperto d'oro

                                                                                                         
 
                                                                                                              Tristano l'altro.... Peregrino

Da "Lo Vangelo de lo Sacro Gaudente" - Capitolo VI - La donna adultera


Lo Sacro Gaudente andò al monte degli Ulivi. All'alba tornò nel suo tempio, e tutto il popolo andò da lui; ed egli, sedutosi, li istruiva.

Allora i bigotti e quelli del Sacro ----- gli condussero una donna colta in adulterio; e, fattala stare in mezzo, gli dissero: «Buon Gaudente, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Or lo Signore senza Tempo, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?»

Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma lo Sacro Gaudente, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e lo Sacro Gaudente fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo.
Questo, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» Ella rispose: «Nessuno, Signore». E lo Sacro Gaudente le disse: «Neppure io ti condanno, anzi; vieni con me e continua a peccare poiché nell’amore non v’è peccato».

La donna trasognata dopo aver conosciuto lo Sacro, uscendo dallo tempio, si chinò per vedere ciò che Egli poco prima e non si stupì nel leggere: “Viva la Vita”

venerdì 5 ottobre 2018

Errando per Laitia - Episodio 25

De la Peste Viola et Giochi di Potere

Lo nostro viaggio iniziò varcando quella soglia nebbiosa.
Nessuno di noi poteva però immaginare quale sarebbe stata la nostra destinazione.
Rimanemmo tutti spossati ne la transizione, et una volta ripreso fiato scoprimmo di trovarci ne la medesima sala da la quale eravamo dipartiti, con solo lievi cambiamenti che notammo man mano che decidemmo di farci strada di nuovo fuori da li cunicoli.
Ad alcuni di noi apparve chiaro sin dai primi istanti che lo Peregrino indossava abiti alquanto desueti rispetto a lo solito, così come ciascuno di noi altri, iniziammo ad ipotizzare di trovarci ne lo stesso medesimo loco, ma in un altro tempo, uno non remoto, ma nemmeno troppo prossimo, lo tempo di cui ci aveva parlato lo Magister Samael, lo tempo in cui li Viandanti fecero assieme la loro prima apparizione su Laitia et in cui secondo le parole de lo anziano saggio li loro spiriti erano ancora intrappolati: Maro, tre decine di estati addietro, era reduce da la epidemica piaga de la Peste Viola.
Lo Magistro Alburno, mentre ripercorrevamo li dedali sotterranei de lo Cimitero dei Pellegrini, mi spiegò qualche storia riguardo quel periodo. Mi disse de li tre Signori che si spartivano competenze et influenze su la città tutta, de la feroce malattia portata da li barbari invasori, de le Entità Contrarie che pesantemente facevano pendere la bilancia de lo Equilibrio da la parte de la oscurità, et de la leggenda circa la isola artificiale di Licaonia, loco in cui, di lì a poco, scoprimmo di doverci recare.
La Spada de le Trame era la chiave per risolvere la questione, passata, presente et futura.


Le catacombe celavano un accesso a li sotterranei de le Carceri Catalavine, sorvegliate da uno paio di manticore prontamente messe a riposo da pochi colpi di frusta et padellone ben assestati. Mentre li tre magistri discutevano il da farsi et le probabili implicazioni che uno viaggio ne lo tempo avrebbe avuto su le loro esistenze, Tristano et Frandonato pensarono bene di liberare tutti li prigionieri trovati lì sotto a marcire: nanacci borsaioli, donne di malaffare et persino uno vendramino avvezzo a la cleptomania di nome Sugherello, che se non altro simpatizzò con lo Scarlatto Peregrino decidendo di farci da guida per le riscoperte vie di questa Maro da lunghi anni dimenticata.
Fu di nuovo a la luce de lo sole che incontrammo ciò che rimaneva de lo Arcimago Tomenabolo, consunto da la fatica et la frustrazione per aver cercato la Spada dell'Equilibrio tanto a lungo senza alcun lieto fine. Samael sperava ne lo suo consiglio et questi, prima di spirare, ripose tutte le sue speranze et ambizioni ne le mani de li eroi venuti da lo futuro, parlando di come tutti li suoi studi et calcoli portassero a la fine ne la misteriosa Isola de la Peste, o Licaonia, luogo senza ritorno perennemente celato da la nebbia tra li flutti de lo fiume Albula, in cui si dice che uno tempo sorgesse maestoso il tempio di Alupescio, divinità pristina de la guarigione, presso cui li deformi, malati et appestati a morte trovavano rifugio et forse una cura per le loro afflizioni.
Magister Samael ci condusse poi presso lo palazzo de lo Signore del Sapere, il sommo Derpa, presso cui ci avrebbe atteso et che avrebbe potuto poi prendere in consegna la Spada dell'Equilibrio per officiare uno incantesimo et rimettere a suo posto la Entità Contraria.
Scoprimmo con grande sgomento infatti che le forze oscure avevano in quella epoca una influenza talmente grande da poter infliggere una gravissima maledizione in grado di opprimere li poteri arcani di Tristano, confondere le formule alchemiche di Alburno, rendere inudibili a le Entità le evocazioni di Latinus et, sicuramente, di rendere insipide et stoppacciose gran parte de le mie ricette culinarie.
Derpa ci accolse come amici et offrì lo equipaggiamento di cui necessitavamo per la spedizione verso Licaonia, raccomandandosi di non cedere a la tentazione di consegnare ad altri lo artefatto qualora ne fossimo venuti in possesso, giacché soltanto lo Signore del Sapere et li suoi accoliti avrebbero potuto custodire la Spada delle Trame garantendo lo ritorno de lo giusto Equilibrio.
Lo prendemmo tutti sul serio, incredibilmente, poi ci separammo. Io rimasi con lo Magister Samael, che prima di salutare li suoi amici et compagni consegnò loro alcuni artefatti lasciatigli a suo dire da lo Magistro Alburno di quel tempo: una formula alchemica et ingredienti sufficienti per realizzarla una volta sollevata la maledizione de la Entità Contraria, et uno bizzarro artefatto sferico pulsante di energia arcana, ma a noi completamente alieno per quanto riguardasse lo suo scopo che prese in consegna lo Magister Latinus.
Frandonato et Tristano, che già iniziavano ad annoiarsi per via de lo continuo parlare di massimi sistemi, destino de le loro anime et de lo Equilibrio stesso, seguirono Sugherello ne lo campo de la sua gente lungo le sponde de lo Albula, dove ebbero uno ottimo banchetto a base di racchino et la fortuna di convincere una guida vendramina, Dozy, fratello di Sugherello, a scortarli oltre la palude che conduce a Licaonia. Li magistri, Alburno et Latinus, si procurarono in giro per botteghe lo occorrente per la impresa et effettuarono una perlustrazione de la zona.
Decisero poi insieme di trascorrere la notte ne lo accampamento et a la alba de lo giorno dopo fecero infine rotta per la Isola de la Peste.


Narrerò li seguenti accadimenti come mi vennero riportati, dato che non fui presente perché lo Magistro Alburno volle tenermi al sicuro (dimostrando immensa dose di saggezza et premura ne li miei confronti, visto tutto ciò che di lì a poco sarebbe avvenuto), ma non pensate ch'io voglia romanzarli, dato che le gesta de li Eclettici Viandanti non hanno bisogno di essere ricamate come farebbe lo Peregrino, esse sono già epicissime et assurde così come avvengono ne la realtà de li fatti.
A poca distanza da lo inizio de la traversata, lo gruppo di eroi seguiva Dozy quando venne incrociata et interrotta da una delegazione de lo sommo Eduk, secondo de li tre governanti di fatto di Maro et appellato come Signore del Potere. Egli li invitava a recarsi in sua presenza per ascoltare una offerta, certamente riferita a lo recupero et consegna de la Spada de le Trame ne le sue mani, ma lo Magistro Alburno, memore de li avvertimenti di Samael et Derpa et spavaldamente spalleggiato da li compari, non volle saperne di accettare et allora li soldati farabutti si ritirarono indignati, lasciando lo passo a chi per loro avrebbe dovuto punire li eroi per lo rifiuto: Tarquinio de Belloveso, sgherro senza onore di Emmeus, riversò per la via una feroce brigata di mercenari murias, con lo intento di finirla una volta per tutte.
E così fu.
Lo scontro fu feroce et senza esclusione di colpi. Tarquinio si dimostrò maestro d'armi senza eguali, mettendo in seria difficoltà sia lo Magistro Alburno che lo ben più coriaceo Frandonato, ma la giusta ira de li Eclettici Viandanti, una volta messi in fuga i murias et riunitisi per affrontarlo fianco a fianco, seppe infliggergli la sconfitta che da lungo tempo egli meritava: pesante come non mai et definitiva.
Tarquinio de Belloveso venne azzannato da lo Magistro tramutato in leone da la sua purpurea Crisopea, bloccato et disarmato da le lunghe et sferzanti fruste di Tristano et Latinus et infine spadellato con violenza contro uno muro da lo agguerrito Frandonato.
Gli venne generosamente offerta la resa, che ostinato rifiutò parandosi dietro lo nome de lo padrone suo Emmeus et infine venne giustiziato da Tristano et Frandonato, rabbiosi nei suoi confronti et ansiosi di levarselo di torno una volta per tutte, mentre lo Magistro Alburno si voltava da lo altro lato tristemente cosciente che una ennesima vita era stata sprecata a lo servizio di una causa meschina et deprecabile.

Li eroi ripartirono di fretta, prima che altri potessero interferire, diretti a Licaonia, a la ricerca de la Spada dell'Equilibrio.
Si presero solo la licenza di lasciare una nota di monito su la corazza ormai ammaccata fino ad essere inservibile de lo nemico abbattuto:

"Tarquinio de Belloveso avea da tempo SMARRITO lo EQUILIBRIO, et ora, infine, è CADUTO"