domenica 15 maggio 2016

Errando per Laitia - Episodio 5


De li Compromessi et Oscuri Intenti


Zena l’è nota come La Superba. Prima vera et propria urbe ne la quale lo Magistro Alburno mise piede durante li suoi peregrinaggi. Quando lo carretto trainato da Salìa fece ingresso tra li vichi stretti et olezzosi de lo distretto portuale però tuttò pote sembrare tranne che magnifica.
V’era ovunque uno gran chiasso et ampio trafficare di genti d’ogni dove et commercianti, una gran baraonda dalla quale i nuovi venuti voller presto prender le distanze. Se Ottavianus Firminus ancora risiedeva in loco di certo non l’avrebber trovato tra la plebaglia.
Fu così che dopo un’aspra contrattazione su lo prezzo di stanza et pasto presso una locanda destinata a lo ceto medio et qualche ora in giro a chieder indicazioni, lo Magistro et li suoi compari giunser presso lo studio de lo alchimista.
Firminus, ignaro de l’abilità et somma conoscentia di Alburno, stentò ad acconsentire ad accoglierlo finché questi non gli rivelò di essere in possesso di un brandello di suoi vecchi appunti. Allora lo magister ne fu incuriosito et lo fece accomodare.
La Regola Aurea si rivelò essere un datato progetto di iuventute alla quale Firminus lavorò alacremente ne li primi anni di studi, progetto troppo complesso et per cui accantonato et dimenticato fino a che Alburno non ebbe la solertia di riportarlo alla luce.
Nonostante lo Magistro, di cui tutti noi ben conosciamo l’assoluta competenza et devozione a la causa, tenesse più che bene lo confronto con Firminus, questi, non fidandosi da subito di chi, peregrino senza fissa dimora, si professa grande alchimista et sapiente, volle un segno di fiducia per poter alfine accettare la collaborazione et rimettere mano al progetto.
Lo Magistro Alburno, seppur ferito ne lo orgoglio, con summa sorpresa de li suoi compari, accettò senza indugio et soprattutto senza chieder compenso, anteponendo lo fine del sapere al sempre gradito conio che ama, seppur con scarso successo, accumulare.

L’incarico volto a misurar la devozione a la causa di Alburno prevedeva di recarsi in Tempione, presso lo Monastero del Lupo et sincerarsi de lo motivo per cui un’ingente speditione di luparia et altre erbe non fosse pervenuta come di consueto su commissione di Firminus. Assieme a li infaticabili Tristano et Frandonato venne ad accompagnarli, recando seco le carte de la spedizione, un burbero et taciturno uomo d’arme di nome Fidenzo, che svolgea incarichi di sicurezza presso lo studio de lo alchimista di Zena.
Fu così che, dopo aver varcato li monti et attraversato valli et colli, lo carretto trainato da Salìa giunse infine in vista della meta e de lo villaggio sorto ai piedi de lo monastero. Lo viaggio era stato sino allora quieto et comodo, tutto sommato, scandito dallo sgranocchiar di taralli che ancora copiosi eran stipati in sacchi e cassette.

L’incessante colonna sonora de le chiacchiere et starnazzar di zampogna de lo Peregrino Scarlatto venne però interrotta da le grida di paura di uno viandante in fuga, vestito di sole braghe, cui fece presto seguito un’intenso puzzo di caciotta andata a male et vociare inconfondibile de le deformi creature note ai più col nome di Biro Biro.
Li selvaggi antropomorfi avanzavan brandendo clave et scudi fatti con gusci di testuggine et mulinando frombole con le quali scaglian sassi et escrementi. Uno piccolo gruppo avea quasi raggiunto il fuggiasco quando li nostri intrepidi viandanti si miser nel mezzo e lo soccorsero.
Quel che ne seguì fu uno scontro breve ma assai feroce, ne lo quale Frandonato seppe tenere a bada più creature et lo Peregrino le usò come puntaspilli, anche lo Magistro fece lo suo investendoli di ardenti lingue di verde fiamma profumata al mentolo et Fidenzo seppe dare il suo contributo. Eppure, sistemato il primo esiguo gruppo, subito a dozzine si riversaron sulla strada, pugnaci et feroci!
La fuga fu l’unica via possibile et Frandonato dovette attingere a tutte le sue qualità di abile carrettiere per spronar Salìa et lasciarsi lo pericolo a le spalle.
Quando la situazione fu di nuovo tranquilla lo gruppo si accorse di aver cambiato strada et di non poter tornare a lo monastero entro notte, così chiesero lumi a lo fortunato straccione che avean tratto in salvo, lo cui nome egli rivelò esser Zano.

Zano asserì d’esser uno soldato, precedentemente a li ordini de lo Signore di Auriate, la cui fama est invero oscura. Disse di essere stato inviato in scorta ad uno de li Rognosi, uomini di fiducia del sovrano, presso la Grotta Parlante, ne li pressi de lo Monastero del Lupo, et che, in suddetta cava, permeata di antichi poteri et mistiche entità, prese luogo un rituale, da lo quale soltanto Zano et altri due suoi commilitoni eran riusciti a salvar la pelle.
Lo soldato, invero assai scosso, disse di aver visto una fiera mastodontica uscir da la nebbia e divorar lo Rognoso et tutti li altri in pochi istanti, la stessa, un lupo li cui occhi ardean come braci, disse essersi messa a capo di altri branchi ad infestar colli, foreste e valli tra Auriate et la piccola cittadella di Epidolna.
Li altri due superstiti, tali Stanobio et Settimo, eran dispersi ormai da settimane et Zano era riuscito a salvar la pelle rifugiandosi ne lo monastero, dove li frati l’avean generosamente accolto. Ma quando lo Signore d’Auriate avea mandato una truppa di Biro Biro a scovarlo, lui avea nobilmente deciso di non mettere a rischio i fedeli et avea cercato la fuga, imbattendosi fortunosamente ne lo Magistro Alburno et i suoi prodi compari.

La storia di Zano era intricata et di difficile compresione da le parole confuse e timorose del disertore, il milite sembrava terrorizzato di quel che potesser fargli i servi di Auriate se l’avesser preso e avea intenzione di ricongiungersi con Stanobio, che a suo dire si sarebbe rifugiato ad Epilorna.
Sul far de la sera anche codeste chiacchiere vennero interrotte, stavolta da tremendi ululati che rivelarono la bontà de lo racconto di Zano, lo lupo demoniaco esisteva invero et avea fiutato odor di carne, quella de lo Magistro et de li suoi compari.
Salìa venne spronata nuovamente fino allo stremo in cerca di un riparo, lo lupo arrivò quasi a morder Tristano che si affacciava dal retro de lo carretto, ma infine il gruppo trovò rifugio in un granaio di una isolata fattoria di collina et quando la notte scese et il raschiare di artigli et il soffiare et ululare terminò, i nostri poteron schiacciare, stremati, un pisolino.

La mattina seguente lo fattore et li suoi figli si presentaron col forcone et ascoltaron impietriti lo racconto de li fatti de la notte precedente. Dieder indicazioni a lo gruppo su la zona: li commerci de lo monastero chiusi per via de li lupi inferociti, lo villaggio ai suoi piedi occupato dai mercenari Biro Biro, lo loco più vicino et sicuro era per certo Epilorna, dove, con un po’ di fortuna, lo gruppo avrebbe forse incontrato il milite Stanobio che avrebbe potuto rispondere ad altre domande su lo lupo, la grotta et li misteriosi affari occulti de li Rognosi di Auriate.

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