giovedì 25 giugno 2015

L'inquietudine di Mircej


Di nuovo quel bosco, di nuovo quell'ombra che lo inseguiva, fino all'arrivo nella radura, dove la nonna lo aspettava e dove nessuno poteva ghermirlo. Quello era il suo posto sicuro, l'ultimo rifugio della mente nel quale nessuno poteva nuocergli, lontano da ogni paura e da ogni incertezza. Era cambiato molto durante queste settimane, dal ragazzo freddo e distaccato quale era, la condivisione della sua vita con Madame Eva lo aveva mutato, lo aveva fatto aprire di più al mondo, lo aveva reso più sensibile, gli aveva permesso di acquisire una nuova forma di conoscenza, nella quale non contava l'intelligenza né l'esperienza ma solo l'empatia e la compartecipazione, ma tutto questo lo aveva anche indebolito, lo aveva reso più insicuro, aveva minato la fredda corazza dello studioso di arti arcane per rivelare il fragile e insicuro ragazzo che non aveva mai fatto uscire fuori in vita sua. Dov'era adesso la sicurezza di essere superiore alla madre? Dov'era il freddo calcolatore in grado di essere sempre un passo avanti agli altri? Finalmente stava facendo i conti col suo vero io, e soltanto accettando i propri limiti sarebbe riuscito a crescere davvero e a fondere i sogni del bambino con la determinazione dell'uomo che stava diventando. Madame Eva non gli aveva solo permesso di conoscere il passato, il presente e il futuro, ma gli aveva permesso di conoscere di più se stesso. Ormai aveva capito di essere ancora nel suo letto, a dormire, e quasi si stupiva di come persino i suoi sogni toccassero tematiche così profonde, che più si addicevano a una persona sveglia forse.


Non appena realizzò tutto questo si svegliò e si ritrovò per l'ultima volta nella stanza che lo aveva ospitato per tutti questi giorni. Era finito il suo "riposo" in casa Romanov, era finito il suo ruolo a Zeidenburg. Grazie alle sue risorse il patriarca dei Trikskys era stato definitivamente spazzato via da Barovia. Dopotutto aveva rischiato molto anche lui, e suo malgrado aveva comunque fatto la sua parte, Astrid non era stata l'unica a mettere in gioco la sua vita, non che la sfida lo interessasse, ma in futuro nessuno avrebbe potuto dire che Mircej era stato a guardare, per quanto avrebbe sicuramente preferito restare al sicuro nella villa che uscire di notte e essere toccato da quei non-morti e poi da... un brivido lo percorse, si guardò la manica sinistra della casacca da notte e lentamente la tirò su, quasi sperando che ricordasse male, che anche quello fosse parte di un brutto sogno, e invece no, era tutto vero, i quattro segni neri sul suo avambraccio gli ricordavano che era stato toccato da uno dei peggiori non-morti evanescenti che si potessero incontrare. Corse allo specchio cercando di vedere se la necrosi fosse in espansione o se fosse uguale al giorno precedente. No, sembrava essersi arrestata, forse non sarebbe più andata via, ma il pericolo ormai sembrava arginato. Quando sollevò lo sguardo li vide per un attimo, alle sue spalle, un riflesso fugace, un barlume, poi scomparirono subito, non appena si voltò. I peli delle braccia gli si rizzarono dalla paura, no, forse era stata solo la sua immaginazione, non era più nei sotterranei della fortezza, Andrej aveva messo in fuga quella creatura, era al sicuro in casa Romanov, quegli occhi gialli non potevano averlo seguito anche qui. Si guardò di nuovo allo specchio, si asciugò il sudore freddo che gli imperlava il viso e il collo col suo fazzoletto di seta e vide le occhiaie procurategli dai sogni inquieti delle ultime notti. Forse era un bene lasciarsi Zeidenburg alle spalle e con lei tutti i brutti ricordi degli ultimi giorni. Una voce femminile nella sua testa gli ricordò che non era quello il modo di superare le proprie paure, ma in quel momento non aveva bisogno della verità, desiderava solo una rassicurante bugia...

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