martedì 23 giugno 2015

Preparativi

Piazze affollate, attentati, riunioni, parole e funerali, una nuova dimensione di una vita alla quale era del tutto avulsa, Mira era stanca paradossalmente si stancava più con intrighi politici, riunioni affollate di quanto non potesse stancarsi dopo una giornata di allenamento nell’arena della Falange.
Estenuanti discorsi e congetture sul futuro, la ferocia spietata dei Romanov malcelata dietro una facciata di pacatezza e rilassatezza e gli ultimi colpi di coda di una famiglia rivale, la indussero a pensare se l’interesse vero fosse lo sgominare una dittatura per sostituirsi ad essa o quanto fosse valida la scusa del benessere dei Baroviani.

A Mira questo interessava marginalmente, era diventato di suo interesse quando il culto le aveva richiesto di dare il suo apporto alla causa. Per la Dhampir il tempo a Zeidenburgh scorreva troppo lento, differentemente dal sangue nelle sue vene, aveva sempre avuto questa idea del suo corpo registrato su di una velocità differente in contrapposizione con la normale velocità della razza umana. Mira si spiegava così il suo essere diversa, era abituata a vivere più veloce al punto che in situazione normali doveva limitare la propria frenesia per non essere additata come differente, alla scuola però le avevano insegnato a lasciarla fluire e scorrere selvaggiamente nei momenti di bisogno. La contrapposizione tra il fingere di essere normale e la constatazione palese di non esserlo, un dualismo che avrebbe caratterizzato tutta la sua esistenza. La morte per lei sarebbe stata una liberazione, la attendeva come un passaggio necessario come un corridore stanco vede il traguardo farsi sempre più vicino per potersi finalmente abbandonare al riposo. Mira non aveva paura perché non temeva la morte né la giudicava come un evento negativo e definitivo, voleva solo assicurarsi che il suo passaggio in questo mondo portasse più vantaggi che svantaggi e che quella scintilla che animava il suo corpo la portasse verso una morte giusta ed eroica degna fine di un discepolo di Irlek Khan.   
Così la vita scorreva tediosamente lenta per la diurna, nella gran parte della sua giornata e poteva concentrare la sua smania ed irruenza in brevi e feroci momenti, era stato l’insegnamento più duro al quale aveva dovuto far fronte, era la cosa tutt’ora più difficile da mettere in pratica. Non cedere alla bestia che era dentro di lei, non perdere la ragione e non deviare dal rigido cammino impartito dai dogmi del culto. Un lupo feroce ed affamato rinchiuso nel corpo di una giovane donna.
Pensando ai suoi “di nuovo nuovi” compagni, e vedendoli in azione non poté far altro che commiserarli, aver pietà della loro condizione, registrando al contempo cambiamenti in loro preoccupanti. Si era passato dal lutto per la condizione nella quale erano stati forzati, alla prepotenza ed alla spavalderia con la quale usavano e misuravano i propri poteri. D’altro canto il cambiamento repentino del proprio fisico e delle proprie abilità sarebbe stato inebriante ed incontrollabile anche per una mente abituata ad una ferrea disciplina. Andrej e Kuzja erano sì inquadrati in un culto che gli aveva fornito le basi di una disciplina erano sì avvezzi ad un potere magico o sacro, ma i loro culti davano un importanza alla disciplina insufficiente rispetto a quanto necessario. In poche parole Mira sapeva che non era no pronti, aveva paura che tutto quel potere nelle mani di un sacerdote e ancora peggio di un sacerdote con velleità arcane li portasse a diventare un pericolo per gli altri, un grande potere comporta una mente ferma, obiettiva e neutrale che rifugga dal piacere stesso generato dal suo uso che ben presto porterebbe alla corruzione della mente stessa. Un enorme responsabilità.
Pensando questo il giovane monaco richiudeva la porta della sua stanza dietro di se, all’interno la mobilia era sottosopra, un cuscino strappato e la lana al suo interno sparsa sul terreno, una flebile candela generava una luce tremolante per lo spostamento d’aria causato dall’apertura della porta della stanza.


In un angolo rannicchiata con le ginocchia strette al petto dalle sue stesse braccia, i lunghi capelli riversi sulle gambe fino a toccare il pavimento, il singhiozzo strozzato in gola, tremando giaceva Vivien.

Mira dopo essersi avvicinata con passo fermo ma lentamente, si sedette vicino alla giovane donna ed accarezzandole la folta chioma le disse: “E’ finito il tempo della disperazione e della rabbia, imparerai a convogliare tutto questo a tuo piacimento, è giunto il tempo della tua rinascita ti chiedo solo di fidarti di me.”

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