giovedì 11 giugno 2015

Il potere del sangue


Essendosi ripreso a stento dal riuscito attacco alla fortezza in cui era asserragliato Barboianu, il gruppo si preparava alla seconda parte dell’epurazione voluta repentina e feroce contro i veri artefici dell’attentato alla precaria “pace” desiderata dai Romanov.

Mira aveva subito alcune ferite ma era più pronta che mai a mettere al servizio della causa le sue conoscenze faticosamente apprese nella Falange di Irlek-Khan, Andrej a seguito della “trasformazione” era ora in grado di incanalare il proprio potere affinché curasse le ferite di differente fattura del Damphir. Il gruppo composto da Cornel, Locke, Mira, Vasily, Andrej, Mircej, Feldon e Constantin e si sarebbe diretto nel luogo dove le spie dei Romanov avevano identificato la possibile “tana” di Sinise Trikskys, il capoclan della omonima famiglia e stirpe. Dall’eliminazione del clan dei Trikskys, ovviamente i Romanov avrebbero attinto rinnovato slancio e potere debellando uno dei nemici più ostici e soprattutto più vicini alla loro causa.

La dislocazione della tana di Sinise la diceva lunga sullo stretto legame di collaborazione, da appurare se voluto o indotto, tra lo stesso clan e la milizia governata da Barboianu, mero fantoccio nelle mani dei Trikskys. Il colle Ashen, sul quale si stagliava l’imponente fortezza omonima, all’interno della quale i Romanov avevano già rivendicato la loro potenza bellica durante il primo assalto, voluto per liberare i componenti della famiglia “trattenuti” da Barboianu, ufficialmente per preservarli da futuri attentati, ufficiosamente trattati come prigionieri. Tra le mura della rocca si ergeva il bastione adibito a prigione ed i suoi sotterranei in realtà erano diventati il covo del clan Trikskys.

L’impeto e l’acume tattico di Cornel, guidarono lo strampalato gruppo verso una vittoria annunciata.
Mira prese parte a questo repentino attacco e fece il possibile contro le creature alla sua portata, orrendi ghauls tramutati dal clan capeggiato da Sinise Trikskys, ed immondi servitori. Lo scontro si divise naturalmente in due tronconi, uno scontro tra creature mortali ed uno scontro tra immortali. Mira qualcosa aveva intuito della potenza che risiedeva nelle stanche e vecchie membra di quegli esseri non scalfiti dal tempo ma che di umano avevano salvato ben poco.
Il monaco comprese fin da subito che contro tali esseri immortali c’era poco da fare per i comuni, benché nel gruppo vi fossero delle eccellenze un normale combattente avrebbe potuto poco o niente e sarebbe stato fatto letteralmente a pezzi da tali esseri se solo lo avessero voluto. Decise quindi di lasciare che il combattimento avesse il proprio corso e che le forze sovraumane si scontrassero tra di loro. Vide negli occhi di Cornel i riflessi di un ira che poco aveva di naturale, ma rimase profondamente colpita dallo sguardo e dalle movenze di Andrej, che seppur per poco aveva conosciuto prima dell’abbraccio e non poté far altro se non rassegnarsi a tale destino, così come immaginava lo stesso Andrej avesse dovuto fare. Rimase il rammarico ed il senso di impotenza, sapeva che contro i Vampiri avrebbe potuto nulla, sarebbe stata suo malgrado una pedina nelle loro mani. La frustrazione del non poter essere artefice in toto del proprio destino o più semplicemente la constatazione di essere troppo inferiore alla loro forza la demoralizzarono.

Giunti nell’anticamera della stanza in cui risiedeva il “letto”, a forma di bara, di Sinise, i suoi acutissimi sensi aiutati dalle innate capacità della sua razza e soprattutto da un potere magico che le permetteva di individuare i diversamente vivi, iniziarono a vibrare rivelandogli di un imboscata. Il gruppo fu colto impreparato ma comunque non del tutto di sorpresa e l’attacco in parte fu smorzato, evitando se non altro, danni maggiori. Strani esseri piombarono dall’alto in mezzo al gruppo che aveva a malapena fatto in tempo a sparpagliarsi, ed usando dei poteri magici, riuscirono ad influenzare le menti di alcuni suoi compagni. L’addestramento ostico e senza pietà al quale venne abituata fin da piccola gli venne ancora una volta in aiuto, la sua mente era difficile da penetrare, il suo corpo abituato ai più comuni effetti malefici. Mira ripensò alla disciplina ferrea ed a quelle che da piccola considerava delle torture. Ripensò ai duri allenamenti sotto la pioggia battente, in ambienti ostili, ai combattimenti con scarsa visibilità, agli attacchi a sorpresa, di gruppo e portati da quelli che poco prima erano tra le sue stesse fila. Normale routine di allenamento alla quale un discepolo della Falange era costretto ad abituarsi o a soccombergli. Non c’erano cose prevedibili o sicure, non c’era una famiglia alla quale rivolgersi, non c’era e non doveva esserci spazio per le emozioni o i sentimenti, non era possibile distrarsi mostrando un lato debole al nemico, era una macchina, era uno strumento, benché impotente contro taluni esseri, era un soldato. 

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