giovedì 8 agosto 2019

Sahla Yafiha bent al Naadir - Capitolo II

«Un sacchetto di polvere di caffetta, bollire per un paio di minuti lasciar freddare qualche minuti»
«No guardi, non trattiamo il fungo pavero...»
«La polvere rossa di fungo Nerhabo va sparsa sulle zampe di bombo fritte, ma solo un pizzico o ne copre il sapore»
«La melata di afidi la consiglio sullo shawarma di larva ma ci aggiungerei anche un cous-cous di micelio»
«La muffa brillantina l'abbiamo finita ma forse ci torna domani. O dopodomani al massimo»

Con l'apertura delle frontiere e l'arrivo di turisti e mercanti dalla Scala Tremante, Mato Ab'haram non era in grado di servire l'aumentata richiesta di muffe, spezie, micetospezie e saltuariamente qualche piatto di cucina locale nonostante l'aiuto del figlio Kareem; la presenza di malintenzionati, minima visto che il suk si trova all'imboccatura del Tubo ma non completamente assente, non faceva altro che appesantire la situazione, e lo sluagh sarebbe stato costretto a chiudere bottega se non avesse ricevuto più di una mano.
Dal canto suo, dopo la tempesta di segatura, l'odissea nel Khashab e l'inseguimento delle tracce dello zio, e lo scontro con la lucertola brillantemente messa in fuga da uno sforzo coordinato di tutto il gruppo, Yafiha e il suo dorato compagno erano arrivati nei pressi della città stremati e desiderosi di riposarsi. Per chi arriva dalla direzione verso il muro, la Fattoria di Mato è forse il primo segno di civiltà degno di nome che si incontra, che offre riposo ai viandanti e ai loro topi, e spesso anche del cous-cous di micelio e muffe di stagione o tortini di melata fresca, e la giovane sluagh aveva deciso di stabilirsi a riposarsi qualche giorno prima di riprendere il suo viaggio. Ma quando Mato ha scoperto la sua conoscenza per le zone circostanti e le sue arti officinali, ha capito di aver trovato una soluzione che gli permettesse di mantenere di mantenere in ordine la fattoria senza abbandonare il suk.

Servire al banco delle spezie la stanca, anche se lei "da solo un aiuto" all'introverso Kareem, ma la vita di città ha anche i suoi lati positivi e le ha permesso di comprare un paio di abiti nuovi, da viaggio e da città, rimpinguare il suo inventario e addirittura legalizzare la pistola presa ai briganti che li hanno attaccati nel deserto. Intanto il piccolo coleottero dal carapace dorato è cresciuto e si è fatto più scuro, quasi bronzeo, le mandibole sono diventate sovramisura e per molti omini minacciose, ma in compenso è diventato più ubbidiente, evitando anche di saltare in braccio a chi gli fa le carezze, cosa peraltro molto importante perché il peso è aumentato al punto che solo uno sluagh ipertrofico, e al massimo un boggart, sarebbe in grado di afferrarlo senza essere buttato a terra dall'impatto.
Di giorno mentre la sua padrona impara l'arte di socializzare con la gente e cerca anche di non vendere a un prezzo troppo basso, l'accompagna al mercato e tiene la guardia vicino alle teglie con le zampe di blatta glassate e lo shawarma di larva, allontanando chi cerca rogne o anche semplicemente un pasto a scrocco, ma si offre con l'addome per aria quando bambini e signorine, non senza timore, si avvicinano per accarezzarlo. La sera, alla fattoria, si sgranchisce invece tenendo in riga gli afidi da allevamento anche se i braccianti assunti di recente rendono il suo lavoro non necessario.

Nonostante questa idilliaca vita che gli permette di godersi sia la vita di campagna che quella di città, il momento migliore della giornata per entrambi è il terminare della notte poco prima dell'alba, quando il Tramonto non ha ancora iniziato a scaldare dalla sua montagna di ghisa ed è possibile addentrarsi ai bordi del Khashab a cercare muffe e spore non affondate nella segatura. Dismessi gli abiti di città ed indossati quelli da viaggio, ogni giorno Yafiha distende le antenne a quei refoli di vento fresco che si dice provenga dalla Pozza, il robusto galleggiante ligneo da passeggio in mano, e si avventura, accompagnata dal fedele Dahabi, con la scusa di cercare prodotti rari da vendere al banco durante la giornata.

Solitamente per fare rifornimento per il mercato diurno basta un giro nei campi incolti di muffe e funghi che crescono dove l'umidità goccia all'esterno del Tubo, ma sempre di più è affascinata da quelle oasi lontane, dai funghi maestosi e dove la muffa cresce spontanea ai bordi delle pozze di umidità. Ogni tanto, quando si sveglia presto e le antenne vibrano verso il mare di segatura si allontana fin dove le prime luci iniziano a tinteggiare di rosso le dune più alte, sperando di incappare in qualche impresa, in una carovana arenata da aiutare, o un fungo raro spuntato durante la notte dove non dovrebbe essercene. Una volta è tornata con una coda di forbicina tagliata di netto dal non-più-piccolo Dahabi, un'altra volta con delle piccole cappelle di funghi biancospinati e un giorno addirittura portando un denutrito e assetato topo, unico sopravvissuto di una carovana distrutta dal caldo, e che ora serve alla fattoria di Mato; la maggior parte delle volte però torna con un pugno di segatura, tanto caldo, e un po' di delusione per una mancata avventura. In queste occasioni, ripensa alla storia di Khaset At'Dathrez, la mitica città scomparsa, e si chiede se un giorno parteciperà mai ad un'avventura come quella che attende chi si recherà alla ricerca della perduta città...

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