domenica 11 agosto 2019

Bòtte in Taverna


Ehh la vita è sempre così, come ti abitui a qualcosa te le toglie, che sia un insegnamento o un beffardo destino lo potrebbe sapere solo Paracelso che tra alambicchi ed altri marchingegni non mi stupirebbe sapesse prevedere il futuro. Di strada ne abbiamo fatta mio caro Jàco e molta altra ne faremo ancora, chissà cosa direbbe il Maestro Cèncio di me e delle mie ultime vicende. Spero di non esser passato per codardo andando via, ma solamente per un umile servitore della viltà, prassi per altro del tutto acclamata in quel di Vilezia. Ma oggi risplende la luce sull'immenso mare di Vascherdam, le bianche guglie riflettono i raggi di luce provenienti dalla finestra, e candidi increspi di spruzzi descrivono figure astratte sul filo dell'acqua. E' una bellissima giornata per lasciare la città. Questi pochi mesi qui mi hanno insegnato quanto possano essere differenti le culture delle varie regioni della Casa, qui c'è più rilassatezza nei rapporti, la gente è bendisposta, non si guarda troppo al tuo paese di origine, c'è meno pregiudizio. Me ne aveva parlato "M" ma benché tutt'ora incondizionatamente creda a qualsiasi cosa possa uscire dalle sue candide labbra, è difficile comprendere fino in fondo se non si passa del tempo qui. Forse dovrei smetterla di cacciarmi nei guai per correre dietro a quella soladina, non è la prima che mi combina, ma non posso resistere a quell'innocente visino e quelle rosse chiome che lo adornano, ma quello che più ti fotte è quella scintilla nei suoi occhi, quel lampo di vita ed arguzia, il suo essere dannatamente intrigante. Non dovrei cadere in simili inganni, proprio non dovrei, proprio io che la conosco ormai da un bel po'.
Eppure eccomi di nuovo in viaggio, per assecondare chissà quale suo arguto piano, che sia un semplice desiderio di rivedermi, a quello credo molto poco, mi preoccupa che "casualmente" mi richiami in quel di Vilezia proprio a ridosso di Ostara e del Carnevale. Ma forse è il mio animo vileziano che mi fa pensar male, vorrei cambiare modo di vedere le cose, sopratutto alla luce dei mesi spesi nei Liberi Domini.

E così di nuovo in viaggio, devo dire sempre eccellente l'organizzazione di Emme, trattato come un signore, che un tempo fui, etichetta che oggi ahimè temo di non meritarne più. Quanto è cambiata la mia vita in questi ultimi anni...E cambiamenti si percepiscono anche nella Casa stessa, si respira un vento di cambiamento, si respira un aria strana. Ad ogni modo questo passaggio sul corrimano è veramente suggestivo, c'e' un ottima vista da quassù, non mi stupirei che ci fosse lo zampino di Mastro Paracelso in persona nella sua costruzione. Passare vicino al luogo del grande tradimento, fa ancora "abbombonare" la pelle, pensare a quanti morti ci sono stati su quei terrazzamenti mette i brividi. Quanti feroci animali avranno pasteggiato con quei corpi, e cosa si nasconde nelle intercapedini immediatamente vicine a quel luogo, son cose che vorrei fare a meno di scoprire.

Il lungo viaggio dal primo piano alla cantina, è stato si suggestivo ma non vuoto di incertezze, sopratutto dentro di me, la domanda che va per la maggiore è sempre la stessa "Avrò fatto bene questa volta a fidarmi di Emme ? "...

Ad ogni modo a parte qualche predone che voleva solo commerciare, pare che una grande sventura si sia riversata qualche tempo fa sulle popolazioni del deserto privandoli dei raccolti delle loro oasi, e qualche strampalato turista del Reame, il viaggio è filato piuttosto liscio.

Il caldo afoso della Cantina mi ha dato nuovamente il benvenuto, anche se questa volta la mia direzione non è stata la Pozza ma Utu Bathur, vedere da lontano la Mirandola non nego che mi abbia fatto un certo effetto, ma per ora non vi è spazio per la malinconia, so che Miranda mi aspetta a Vilezia, ma prima devo prendere contatto con il mandante della spedizione, un certo Otto Novak vattelappesca. Il solito pomposo nome da nobile sembrerebbe, se dovessi esser sincero non mi fido molto di quegli ambienti, troppo formali, i nobili sono gentili di fronte e pronti a pugnalarti alla schiena, a questo punto è molto meglio la scuola della viltà dove ogni mezzo è lecito per raggiungere lo scopo e la cosa è dichiarata ed apprezzata da ambo le fazioni. Essere vile si ma che lo si faccia alla luce del sole non nascondendosi dietro alle buone maniere che diamine...

Ad ogni modo ieri era il quinto giorno di Marzo e come da istruzioni mi sono recato alla Taverna di Jossafat, aggiungerei "rinomata", non so perché ma immaginavo che rinomata fosse da intendere nel verso Mirandesco della cosa. Ed infatti, lasciati i quartieri turistici di Utu Bathur, seguendo le indicazioni, e vedendo le facce degli abitanti locali quello che era un semplice presentimento si è rivelato realtà.
Ma dopo tutto come direbbero a Vilezia, devi provare l' XXX come si beve nelle peggior bettole di Utu Bathur, prima di dire di aver visto tutto. E devo dire che quelle bottiglie avvolte in sacchette di pelle di Lumaca essiccata ed invecchiate anni emanano un magnificamente acidulo profumo cui è difficile resistere. Usanza del luogo poi è bere in piccoli bicchieri accompagnati in successione da altrettanti bicchieri di un nettare di qualche frutto esotico del luogo. Li chiamano "colpini" da queste parti, bah paese che vai usanza che trovi.

Ad ogni modo arrivarono due strani tizi, due Sluagh, una minuta e disincantata Allevatrice di nome Sahla Yafiha e Aleikh un robusto e pragmatico Cacciatore. Da li a poco, giusto il tempo di sorseggiare un paio di colpini, che la solita banda di taglieggiatori, ingaggiata da chi sa chi si è fatta avanti per mostrarci gli usi locali. Non che io sia un facinoroso, bruto e senza maniere, li avvertii del terribile sbaglio che stavano facendo, dopotutto mi sembrava giusto metterli in guardia. Eppure non vollero desistere, ci attaccarono, fedele agli insegnamenti del caro Cèncio, ed anche per non aver problemi con le autorità, parammo ogni colpo possibile e gli concessi l'onore del primo sangue. A quel punto, non si trattava più di un attacco da dimostrare ma di legittima difesa. Con un balzo furioso, parando i colpi degli assalitori mi gettai a fronteggiare quello che sembrava esserne il capo, mentre i miei due compari di sventura fronteggiavano gli altri criminali. Gli concessi di infilzarmi per primo guidando la sua lama in modo che non mi fosse fatale il colpo, ed assestai un mortale colpo alla sua gola, beffardamente entrambi facemmo capo al "Sangue Nero" e rimarginammo le nostre ferite. L'attacco successivo fu ancor più strabiliante, il cacciatore di scatto girò il suo clavischetto e lo usò come da tradizione a mo di clava, mandandone al terreno due, la piccola allevatrice, dal canto suo, richiamò da fuori la locanda il suo fedele Coleottero, che appoggiandosi delicatamente alla porta ne fece mille pezzi fronteggiando i malcapitati nei suoi paraggi.

Due ottimi diversivi che sorpresero il nemico, e che mi diedero la possibilità di sguinzagliare il mio Ago, che balenando nell'aire andò a disegnare sbreghi mortali tra le carni dei malcapitati. Il primo a cadere fu proprio il loro capo, nemmeno il tempo di cadere in terra ferito mortalmente alla gola, per la seconda volta, che girandomi infilzai gli altri rimasti, avendo cura di lasciarne uno vivo, in modo che ci potesse fornire indizi sui mandanti.

In breve attirammo con un inganno la vedetta dei criminali, che era rimasta fuori dalla locanda, e poiché si rivelò alquanto smargiasso, dopo aver ottenuto le informazioni di cui necessitavamo , lo lasciammo libero di scappare con le braghe calate e le mani legate dietro la schiena...
Giammai si dica che L'Asso di Fiori non fu magnanimo e che sia da lezione a chi volesse prendersi gioco di lui come fece il povero malcapitato di cui sopra. Vile si ma con un onore da difendere...


Per non dilungarmi troppo vi dico che non cavammo una blatta dal buco a livello di indizi, ma che alla fine trovammo un incartamento nascosto nella casa che mi era stata assegnata da Miranda, e che scoprimmo essere anche l'ultimo domicilio di Ser Otto Novak Decimo. Soddisfatti iniziammo a pensare a come organizzare  il viaggio verso Vilezia, dove presumiamo sia anche Ser Otto.

Vi starete domandando, invero, quale strampalato messaggio si nasconda dietro al titolo di questa nota del mio diario... Semplicemente un modesto gioco di parole ed il mezzo,  con il quale vilmente e fieri di ciò, nascondemmo i cadaveri dei nostri assalitori...

Meditate dunque a quanto il suono di una vocale possa cambiare il senso di una frase...

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un commento a questo post :