mercoledì 19 aprile 2017

Errando per Laitia - Episodio 19

De la Splendida Polisnea et li suoi Torbidi Inciuci

Lo punto di incontro stabilito era la residenza di Ciro lo Mercante, ne la parte alta de la splendida civita portuale di Polisnea, prima per magnificenza et estensione in tutta la Piamanca.
Galvano et Rafiseno precedettero lo Scarlatto Peregrino et lo Magistro Alburno, giacché questi ultimi tornarono prima a Virnepro per avvertire lo sottoscritto Arcadio et lasciare avviso in locanda per Frandonato, ne la ipotesi che si fosse rifatto vivo dopo lo aspro inseguimento de lo villano che ci aveva sottratto la ambra di Re Laitiano.
La sera stessa, però, presso la ricca villa de lo mercante, ci presentammo solo noi in viaggio da Virnepro mentre de lo cavaliere et barbuto giovanotto non vi era traccia alcuna.

Ciro lo Mercante, conosciuto ne la selva pochi girodì prima con lo nome di Satollo lo puorc', aveva di buon grado ripreso le sue sembianze et le redini de li suoi affari. Si dimostrò di parola et diede cortese et ricca ospitalità a noi tre offrendoci vitto et alloggio.
Approfittando lasciando lo vardo de lo Magistro ne lo cortile de la magione, ma preferimmo non abusare de la gentilezza et dormimmo ne li nostri soliti giacigli.
A lo sorgere de lo sole de lo girodì successivo finalmente giunsero anche Galvano et Rafiseno, sporchi, affamati et alquanto provati da una nottata trascorsa a lo addiaccio dopo che, a loro dire, avevano avuto una baruffa presso una taberna de lo porto in cui persero una mano a carte ma riuscirono a raccogliere informazioni su lo furfante mascherato da frate che ci aveva rapinato: uno poco di buono et truffatore noto con lo soprannome di Manunta.

Alla compagnia mancava solamente Frandonato, dato per certamente morto da Rafiseno, in qualche bordello per Tristano et sicuramente illeso per Alburno. Decisero di attenderlo a Polisnea per qualche girodì approfittando de la ospitalità di Ciro et ne lo frattempo di rintracciare lo villano Manunta per estorcergli informazioni su li suoi mandatari et impartigli una severa lezione.
Una volta che anche li ultimi due giunti si furono ripresi con una sana dormita et lauto pasto lo gruppo si divise nuovamente per scovare lo nascondiglio de lo marpione.
Alburno et Galvano interrogarono la milizia cittadina, per capire se lo tizio fosse già noto a le autorità et scoprirono che trattavasi di uno pesce piccolo, lo cui vero nome era Raffaele, noto per lo più per furti e truffe a ignari viandanti o gente di altri posti, probabilmente risiedente ne la zona de lo porto.
Tristano et Rafiseno preferirono invece visitare li bordelli, pensando fossero luoghi frequentati da gente di bassa lega come Manunta, et in effetti, tra cosce et tette di cui non si negarono le morbidezze, scovarono qualche lavoratrice che lo aveva avuto come cliente et ne conosceva la residenza: la zona più pericolosa di tutta Polisnea, la famigerata Piazza Piamasca. Tale luogo era infatti interamente in mano a la malavita locale con sgherri et sicari appostati in ogni angolo et su ogni tetto, inaccessibile a chi non fosse ne lo giro o espressamente invitato et non sicuro per la sua incolumità nemmeno in quel caso.
Occorreva quindi trovare uno modo per introdursi ne lo appartamento di Raffaele Manunta senza destare troppo clamore et ci venne in mente di chiedere uno favore a lo nostro gentile ospite.

Ciro lo Mercante smentì con vigore di avere qualsiasi conoscenza tra la criminalità organizzata di Polisnea, difendendo la legittimità de li suoi traffici da ogni ingerenza esterna, però, fedele a lo suo intento di sdebitarsi con li suoi salvatori, seppe metterli in contatto con uno suo collega che occasionalmente aveva necessitato di alcuni favori et contatti et avrebbe potuto avere accesso a la zona.
Lo piano era semplice. Lo commerciante avrebbe condotto lo suo carro quanto più vicino possibile a la abitazione di Manunta, li nostri sarebbero scesi al volo senza farsi notare et si sarebbero intrufolati ne lo palazzo, avrebbero interrogato lo mariuolo et se la sarebbero data a gambe levate ne la direzione opposta, senza mai mettere piede ne la malfamata piazza. Et effettivamente andò quasi tutto come preventivato, con giusto uno paio di piccolissimi imprevisti che andrò presto a descrivervi.

Io rimasi a custodir lo carro et riordinare li reagenti alchemici, come a lo solito. Lo Magistro aveva alacremente lavorato tutta la notte su uno nuovo composto, ripetendomi continuamente di doverlo finire prima de la missione perché avrebbe avuto una eccellente occasione per testarlo proprio in quella occasione.
Mi furono raccontati raccapriccianti particolari et gravissimi atti riguardo quanto accadde quella mattina, ma rischiammo grosso, di nuovo, proprio per non esserci adeguatamente guardati le spalle.
Manunta venne trovato ignaro ne lo suo appartamento, facilmente bloccato et severamente interrogato. Come previsto disse di sapere poco su li suoi mandatari ma scoprimmo che la nera figura che lo assistette ne la Selva Racchina era uno evocatore de le Potenze Oscure et che anche lo nero cavaliere Tarquinio de Belloveso era coinvolto. Lo mariuolo era stato profumatamente pagato per li suoi servigi et Alburno volle impartigli una crudele lezione: versò le poche gocce de lo nuovo composto direttamente su lo dorso de la mano sinistra de lo poveretto, che iniziò immantinente a bruciare, mutandosi in grezza pietra che lentamente divorò le carni fino quasi a lo gomito prima di arrestarsi. Manunta soffrì le pene de li inferi per quei lunghi istanti et poi svenì con una violenta mazzata in capa infertagli da Rafiseno.
Lo filtro funzionava bene, tramutava la carne viva in immota pietra, ma, come ebbe modo di rivelarmi in seguito lo Magistro, non immaginava che lo processo fosse tanto doloroso. Si consolò pensando che in fondo lo omuncolo di bassa lega la tremenda punizione se la era sicuramente meritata.

La fuga da Piazza Piamasca fu più turbolenta de lo preventivato, giacché li malviventi notarono li intrusi et li inseguirono per i vicoli, ma li nostri furono più lesti et riuscirono a dileguarsi. Poi però, abbassata la guardia, vennero colti da uno altro, inaspettato, accadimento.
Attraversavano ignari una via più trafficata, diretti a la villa di Ciro quando improvvisamente si ritrovarono soli et davanti et dietro due file di miliziani sbarrarono loro lo cammino. Lo banditore incaricato da Lodovico II del Vasto, Viceré de lo Regno di Polisnea et Signore de la Piamanca in persona, proclamò mandato di arresto per "Frandonato et lo suo compare, rei di aver commesso duplice omicidio ne la taberna dei Tre Sette" a seguito di una mano di carte finita male. Ognuno reagì a modo suo.
Galvano et Rafiseno, rei de lo crimine, se la diedero a gambe. Lo Peregrino Scarlatto si mutò in fringuello et volò sopra li tetti. Lo Magistro Alburno invece decide inaspettatamente di consegnarsi, sicuro de la propria innocenza et ingenuamente certo ci fosse uno malinteso.
Lo unico malinteso fu che lo vero nome de lo assassino era Rafiseno, ne la giornata in cui con Galvano avevano cercato di rintracciare Manunta, appena giunti a Polisnea. Lo ragazzo infame, oltre ad avere levato arma contro ignari giocatori di azzardo, aveva proclamato il falso nome di Frandonato per gettare fango, et sangue, su lo compagno. Lo cavaliere Galvano era invece stato suo omertoso et inaspettato complice.
Ciò che invece sorprese ancora di più fu quel che accadde dopo che lo Magistro venne ammanettato: li tre compari rinunciarono a la fuga, aggredendo selvaggiamente la milizia de lo Viceré con incanti, mazze et lame, trasformando lo arresto in una vera et propria carneficina ne lo mezzo de la via, dinnanzi una esterrefatta moltitudine di testimoni et lo sguardo attonito de lo mio mentore che si affrettò a farsi portare in gabbia per dissociarsi da quanto accaduto.

Ovviamente non accadde quanto sperato, giacché a lo termine di quella giornata li tre assassini erano liberi et al sicuro, anche se malconci, mentre lo Magistro chiuso in cella in attesa di giudizio, come compare et loro complice. Nonostante vi fosse vero et proprio risentimento, oltre che sbigottimento, da parte di Alburno per lo operato de li suoi amici, sorse presto anche la sgradevole consapevolezza che la giustizia di Polisnea aveva avuto uno notevole incentivo da parte di una terza presenza interessata a li loro affari.
La sera stessa si presentò infatti a la sua cella, in tutta la sua boriosa fierezza, lo cavaliere Tarquinio de Belloveso in persona, pronto a minacciare et ricattare, certo di avere stavolta la vittoria in pugno.
Lo ostico antagonista propose la libertà de lo Magistro in cambio de la ambra di Castel Vero, ancora in mano a li Eclettici Viandanti, assicurando in caso contrario una lunghissima et sofferentissima permanenza ne le temibili Carceri di Lucullanum. Dunque la milizia era corrotta, forse non era nemmeno vero che Rafiseno et Galvano avevano ucciso al tavolo da gioco, ma la mattanza per le vie non era certo stata una finzione et, sebbene passata in secondo piano a causa di guai nuovi et più pressanti, non sarebbe stata dimenticata né perdonata da la inflessibile moralità de lo alchimista.
Tarquinio de Belloveso era invece figuro risoluto et carismatico, per quanto Alburno lo ritenesse ottuso, poco astuto et in torto marcio. Disse di operare per lo bene di Laitia, ma rifiutò di fornire spiegazioni a riguardo, diede lo suo ultimatum et lasciò lo ostinato Magistro a meditare su come fargliela pagare.

Lo stesso messaggio per consegnare la pietra venne recapitato a me, Arcadio, presso la villa di Ciro lo Mercante, che saputo de lo accaduto non esitò a prendere da noi le distanze et cacciarci via.
Né noi, né lo saggio, virtuoso et coraggioso Alburno, volemmo però saperne di cedere a lo ricatto et iniziammo subito ad organizzare una evasione.
La parte più ardua fu sicuramente capire dove fosse tenuto lo Magistro prima de lo suo trasferimento a Lucullanum, ma lo Peregrino fu caparbio et fortunato et la mattina stessa de lo girodì in cui al tramonto sarebbe dovuto avvenire lo scambio si introdusse tra le grate usando lo suo proverbiale "Animalis Mutanda!". Alburno stava già preparando una fuga per suo conto, cercando di mettere mano a li suoi filtri, ma lo intervento di Tristano fu rapido, efficace et risolutivo, et in breve fummo tutti di nuovo insieme, lungo la Via Gulpia, giacché riapparve anche lo vero frate Frandonato, che ignaro di tutti li recenti accadimenti si era attardato ne li pressi di Virnepro per decantare lo vangelo di uno sacro mai sentito, tale San Gaudente, dedito ai baccanali più che al sacrificio et al pentimento.
Quella sera al tramonto, su lo colle in cui Tarquinio de Belloveso attendeva che gli venisse consegnata la seconda ambra, venne recapitato solamente uno messaggio, arrotolato ad una comunissima roccia, volutamente provocatorio:

"Anche stavolta t'è andata male.
La prossima ti andrà peggio.
Ci vediamo ad Ertama."

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