mercoledì 19 aprile 2017

Errando per Laitia - Episodio 18

De le Imprese Epiche, li Premi et Aspre Beffe

Quando, in quel di Virnepro, mi ricongiunsi con lo saggio Magistro Alburno, egli mi raccontò frettolosamente de li eventi che mi accingo a narrarvi, giacché lo suo umore era tetro et spazientito a causa de la grande beffa pocanzi subita.

Lo portale che lo spiritico Re Laitiano fece loro varcare conduceva in verdi vallate di una epoca assai lontana ne la terra da cui ebbe origine la nostra odierna civiltà. A li Eclettici Viandanti parve subito chiaro di trovarsi in uno mondo tangibile ma in uno qualche modo anche fittizio, onirico, come fosse visione di uno passato perduto che avrebbero dovuto ripercorrere et affrontare per dar prova de lo loro impegno et valore.
Fu così che Laitiano, con presenza eterea et voce sovrana, presentò loro le vallate di Gioia de lo Tauro in cui dozzine di fieri bovini da li enormi attributi et corna pascolavano quieti. Lo Re spiegò loro di come li primi enotri dovettero imparare a conoscere quelle bestie, domarle et comandarle a le origini de li loro primi insediamenti, pretese che li eroi facessero altrettanto ne la prima de le loro prove.
Rafiseno et Tristano optarono per lo sotterfugio, avvicinandosi di soppiatto o ammansendo la bestia con soave melodia prima di saltare in groppa et domarla con destrezza.
Lo poliedrico Alburno si affidò a le sue conoscenze alchemiche per distillare uno estratto che tenne mansueto lo tauro et poi lo convinse di essere suo amico et padrone con pochi gesti fermi et gentili.
Frandonato et Galvano percorsero la via più diretta, prendendo lo toro per le corna, ma mentre lo frate seppe imporre la propria stazza et vincere facilmente, lo cavaliere venne sopraffatto et portato via, per lui le prove di Laitiano terminarono a la prima, lo videro divenire presenza eterea, spettatore di ciò che avvenne in seguito.

Ne la antica civiltà enotriana li Sissizi consistevano in importanti banchetti et concili cittadini cui erano ammessi a partecipare li più fidati et importanti consiglieri de lo Re. Ne la seconda prova li eroi avrebbero dovuto guadagnarsi lo diritto a presenziare presentando una offerta degna in vino, carne, frutta et formaggio da loro stessi procacciata ne li due girodì successivi.
Lo Magistro et li suoi compari ebbero così modo di immergersi completamente ne la quotidianità de la antica Enotria, da lo sorgere de lo sole a lo suo riporsi oltre lo orizzonte, et ne lo tempo concesso si dimostrarono eccellenti foraggiatori, cacciatori et abili mercanti in grado di scambiare ciò che avevano racimolato in più per quel che gli mancava. A lo scadere de lo tempo consegnarono offerte sufficienti a permettere a tutti loro di partecipare et vennero accolti a la tavola di Re Laitiano.
Durante lo banchetto et la consulta successiva vennero anche giudicati per li loro atteggiamenti et comportamento a tavola, et nonostante qualche cedimento di fronte a lo ottimo cibo nessuno ebbe da ridire di come Frandonato et li altri parteciparono a lo convivio, dando la loro opinione et giudizio su come contribuire a gestire la primitiva comunità.

Per la terza prova vennero catapultati di poco più in là ne lo tempo, quando la capitale de la Antica Enotria, Tanzacaro, subiva la minaccia di assedio da parte de lo guerrigliero Ausone, re de li ausoni.
Re Laitiano convocò lo concilio di guerra, cui Alburno, Tristano, Frandonato et Rafiseno furono ammessi, et insieme fu deciso et votato come affrontare la minaccia.
Si optò per uno inganno. Laitiano avrebbe annunciato di accettare la resa et inchinarsi a la sovranità di Re Ausone, ma in realtà sarebbe stato uno manipolo di sicari a prostrarsi a lo invasore solo per avere occasione di porre fine a la sua vita.
Fu così che Rafiseno si vestì de la armatura de lo re de li enotri, affiancato da la sua guardia personale Frandonato et seguito di presso da li fidi consiglieri Alburno et Tristano. Insieme superarono le fila de lo esercito schierato et varcarono le tende de lo padiglione de lo Re Ausone et diedero inizio a la mattanza. Volarono sonore mazzate et lo nemico cadde sotto li colpi de lo imbattibile frate guerriero, ma lo Peregrino Tristano venne mortalmente colpito da la alabarda di uno nemico et andò a far compagnia a Galvano tra le eteree presenze.

Superata con successo questa sfida, anche se ridotti in tre, dovettero affrontare la quarta et ultima prova. Sebbene la invasione de li ausoni fosse temporaneamente scampata a li enotri occorreva rinforzarsi per lo futuro, ma la creazione di uno esercito regolare richiedeva ingenti ricchezze per la sua preparazione et mantenimento. Re Laitiano dispose quindi che venisse rinvenuto et riportato a Tanzacaro lo perduto tesoro di Lairaco, re de li togi, sepolto insieme a le spoglie de lo antico condottiero sotto lo corso di uno fiume.
Lo recupero avvenne fruttuosamente, grazie a nuovi intrugli de lo preparatissimo Magistro che consentirono a lo gruppo di respirare sotto li flutti, et finalmente Laitiano riconobbe lo valore de li Eclettici Viandanti et li riportò su Caligo.

Con solenne cerimonia et parole di raccomandazione lo re de li enotri cavò da la sua corona la seconda ambra et la consegnò ad Alburno, che ossequioso ringraziò et chiese lumi su la sua provenienza. Laitiano seppe dire soltanto che la gemma fu cesellata et a lui donata da lo celeberrimo precursore de le scienze arcane, Ermete Trismegisto, noto a tutti li alchimisti come padre di molti principi che regolano la loro arte, fondatore de la Scuola de li Fossi ne la antica città pietrosa di Etamar, in Calbatisia, oggi nota con lo nome di Ertama et quindi successiva tappa de lo nostro viaggio.
Ricongiuntisi con li compagni che avevano fallito le prove et congedatisi da lo antico sovrano li eroi attesero lo sorgere de lo sole et lasciarono Caligo per far ritorno a Virnepro, dove lo sottoscritto diligentemente li attendeva.

Ci accingiamo a lo termine di questo sunto, direte voi, tutto è bene quel che finisce bene, direte voi, et invece così non è, giacché accadde qualcosa di assai grave prima che lo nostro viaggio potesse proseguire come preventivato lungo la Via Gulpia.
Galvanizzati da lo riconoscimento de lo loro valore da parte di una vera et propria autorità quale lo immortale Re Laitiano li eroi non si fecero venire troppi dubbi quando, nel bel mezzo de la Selva Piamanca, incontrarono uno frate polisneano ferito con in grembo uno grosso uovo che diceva essere di grifone.
Lo frate li intortò per benino, parlando di San Marzano et de la volontà di astenersi da la tentazione de lo cibo, de lo furto de lo uovo et de li ordini de lo abbate di riportarlo ne lo nido, implorò aiuto perché ferito et lo ignaro Magistro per primo volle proporre una deviazione per assisterlo.
Fece male, anzi, malissimo.
Lo frate si rivelò essere uno marpione a lo soldo de li loro nemici, lo uovo era di arpia, non di grifone, et vennero condotti ne lo mezzo de la loro tana. Mentre le alate bestie inferocite insultavano et attaccavano li suoi compari, Alburno ne le retrovie venne tagliato fuori da lo sorgere improvviso di uno muro di rovi et, isolato da lo gruppo et minacciato con una lama di consegnare entrambe le ambre da lo frate mentre una figura di scuro ammantata osservava cupa la scena nascosta tra le fronde.
Lo Magistro con lo pugnale a la gola dovette cedere la ambra appena ricevuta da Re Laitiano, ma mentì negando di avere con se anche la precedente, trovata ne le cripte di Castel Vero, lo tempo necessario per liberarsi et implorare aiuto a li suoi compari.
Sopraggiunti anche Tristano et Frandonato, mentre Rafiseno et Galvano coraggiosamente continuavano ad affrontare le arpie, lo falso frate et lo misterioso figuro si dettero a la fuga ne lo fitto de li boschi, Frandonato li inseguì sparendo dietro di loro mentre lo resto de lo gruppo riuscì infine ad avere la meglio de le ibride creature alate starnazzanti.

Beffati proprio a causa de li loro buoni propositi et animo eroico, usciti da la Selva Racchina, si trovarono ad uno bivio: Frandonato non era ancora tornato da lo inseguimento, a Virnepro v'ero io ad attenderli, li ladri invece si erano con ogni probabilità recati ne la vicina et caotica Polisnea. Decisero quindi di dividersi et darsi appuntamento ne la città marittima, presso la tenuta di Ciro lo Mercante, lo grasso maiale Satollo che avevano salvato da lo sortilegio de la Maga Calissa et che aveva loro promesso di sdebitarsi.
Presto mi accorsi che lo nobile animo de lo Magistro Alburno, ottenebrato et ferito da lo inganno subito, covava lo venefico seme de la vendetta.

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