mercoledì 5 aprile 2017

Errando per Laitia - Episodio 17

De li Antichi Rancori, mai dimenticati


La isola di Caligo consisteva in uno alto et aspro promontorio roccioso, immerso per lo più in una fitta nebbia da la quale emergevano soltanto le propaggini più alte, raggiungibili tramite uno stretto sentiero che si inerpicava su lo scosceso declivio per lo quale lo porco Satollo guidò senza indugio alcuno li avventurosi viandanti.
Man mano che si saliva, et la caliggine diradava, la vegetazione andava a farsi via via più presente, per arrivare ad essere variegata et lussureggiante su lo altopiano in cima. Fu qui che lo Magistro seppe individuare la ruta riasica che avrebbe potuto liberare lo Peregrino Scarlatto da lo suo recente problemino di peli superflui, ma la preparazione de lo decotto richiedeva tempo et pazienza et ora, dinnanzi a loro, si presentava una nuova sfida: erano giunti a la dimora de lo misterioso residente eremita da cui lo colagogo Maccarone li aveva messi in guardia.

Dinnanzi a loro uno vialetto di ciottoli conduceva ad uno spartano edificio squadrato, di pietra bianca, solido et ben tenuto nonostante la remota architettura, prima di esso, in uno lussureggiante giardino con fiori et alberi da frutto, erano deposte numerose gabbie su entrambi li lati de lo sentiero, in cui placidamente giacevano animali di ogni sorta, per lo più maiali, ma anche lupi et altri piccoli predatori.
Straniti da la situazione et ben memori de li avvertimenti ricevuti, li Eclettici Viandanti decisero di appropinquarsi cauti, mandando avanti lo spavaldo Rafiseno, lo cavalier Galvano et lo saggio Alburno et lasciando ne le retrovie lo possente Frandonato et lo villosissimo Tristano.
Quando li primi tre si avvicinarono a lo uscio per palesare a lo padrone di casa la loro presenza vennero immediatamente raggiunti da uno canto delicato et delizioso, quanto di più sublime avessero mai udito et le loro menti subito fantasticarono, colte da malìa, su la innocenza et purezza de la sua fonte.
A lasciarli ancor più a bocca aperta et occhi sgranati fu la figura che aprì loro la porta, quasi sapesse che stessero per bussare: la donna di nome Calissa, era di gran lunga la creatura più bella et affascinante su cui avessero mai posato lo sguardo, con pelle di seta et bionda chioma che tornivano uno corpo prosperoso et statuario, la sua voce suadente li invitò ad accomodarsi.
Soltanto Alburno riuscì per qualche istante a non farsi ammaliare et mantenne una certa diffidenza, li altri due non poterono, o forse non vollero, farsi scrupoli ottenebrati da la visione celestiale et da la offerta di squisito cibo messo a loro disposizione ne la dimora.
Così li tre sedettero a tavola et cordialmente chiesero lumi su lo loro vero obiettivo, la Tomba di Laitiano. Mentre Galvano et Rafiseno si strafogavano et bevevano vino, Alburno si sforzava di dar retta a li avvertimenti de lo colagogo et trattenne li istinti, ma anche lui irretito da la perfezione di Calissa dubitava vi fosse realmente una minaccia in agguato.
La loro ospite si mostrò accondiscendente et falsamente interessata a li loro scopi, ma evitò di dar risposta a le domande et infine offrì a Galvano di accompagnarlo ne la stanza da letto, per rilassarsi uno poco. Fu allora che anche lo cavaliere ritrovò lo equilibrio, percependo qualcosa di strano in quella situazione, rifiutò con garbo ma Calissa reagì inaspettatamente.
Sollevata una bacchetta et pronunciate le parole: "Omnia homines porci sunt!" lanciò uno incanto su Galvano che in pochi istanti si rattrappì dentro la sua armatura trasformandosi in uno grosso porco. Rafiseno, con la bocca piena, rise, mentre lo Magistro iniziò a lamentarsi, ancora irretito da lo canto ammaliante de la strega, che non fosse carino trasformare li ospiti in maiali, in fondo erano lì solo per chiedere informazioni!
Calissa con odio inatteso rispose che non erano degni di avere lo suo aiuto et che li uomini di Laitia meritavano solo di esser resi ciò che li loro istinti meglio rappresentavano, così furono spiegati li animali in gabbia attorno a la casa, et forse anche la sorprendente intelligenza de lo porco Satollo. Mentre Rafiseno si abbuffava ignorando li discorsi, lo crescente mal di pancia et lo cavaliere-porco, la incantatrice rivolse la bacchetta anche contro Alburno et scagliò la sua maledizione ma la volontà de lo alchimista si rivelò forte a sufficienza per resistere et iniziò una colluttazione.
Dato che lo mio mentore non aveva intenzione alcuna di finire dentro una gabbia ma nemmeno di far male a la unica persona in grado di spezzare lo sortilegio, si alzò di scatto et bloccò la mano di Calissa, trattenendola dal compiere altri incanti, poi implorò Rafiseno di aprire la porta et chiamare li loro compari in soccorso, mentre lo ragazzo non capiva, o faceva finta di non capire la situazione et diceva loro di appartarsi et Galvano trasformato in porco girava agitato per la stanza.

Tristano et Frandonato dovettero attendere uno lungo tempo senza sapere cosa accadesse prima che la porta si spalancasse et ne uscisse uno porco trafelato che fece loro capire di seguirlo verso la dimora in cui rumori di lotta et fiammate si mescolavano a li versi di animali spaventati.
Intervennero mentre Rafiseno, finalmente ridestatosi se la vedeva con uno essere di puro fuoco, sorto da le braci de lo camino, che aveva preso le difese de la incantatrice in difficoltà. Lo Magistro, rintronato da li incanti et le fiamme, urlò a li compagni di non ferirla, comprendendone lo antico potere, ma Frandonato et Tristano, fiutato lo pericolo, agirono senza alcuna premura tra padellate et coltellate, et infine, uno spruzzo di sangue, Calissa cadde et lo elementale di fuoco si ritirò ne le sue braci.
Alburno si affrettò a soccorrerla, constatando che per pura fortuna era ancora viva et poteva esser medicata, la tenne lontana da li sguardi lussuriosi et poco virtuosi de li suoi compagni et le salvò la vita.

Quel che non poterono bende et unguenti poté la Crisopea. Quando infine Calissa si riprese si mostrò assai più docile et propensa a lo dialogo. Avvertì che cibo et vino offerti erano avvelenati, atti a piegare fisico et corpo degli ospiti per piegarli a lo suo volere, ma Frandonato non si trattenne comunque da lo mangiarne senza fare una piega. Acconsentì a ritrasformare Galvano in uomo et finalmente rispose a le domande circa la Tomba di Laitiano.
Calissa rivelò, tra lo stupore di tutti, di essere creatura assai più antica di quanto la sua perfetta forma non mostrasse, et di essere stata benedetta da li Dei Pristini in epoche remote quando, ritiratasi su la isola di Caligo ebbe promessa de la eterna giovinezza et uno continuo afflusso di stolti omuncoli in preda a li istinti più ferali che sarebbero giuntì lì in cerca di sollazzo o avventura.
Li nostri eroi si mostrarono diversi, se non altro per essere riusciti a sconfiggerla, et meritavano le risposte che andavano cercando: la incantatrice rivelò la posizione de lo sepolcro di Laitiano, rivelandolo essere suo nipote, Re degli Enotri che diede lo nome a la penisola, cacciato in esilio da lo suo stesso popolo che si dimostrò vile et ingrato. Lo rammarico per la perdita di suo figlio et lo infame esilio de lo nipote aveva portato la donna a nutrire sentimenti di odio verso gli abitanti di Laitia et in particolare verso lo genere maschile, et da secoli ella perpetrava la sua vendetta tramite crudeli metamorfosi, custodendo a lo stesso tempo le sale in cui Re Laitiano dimorava dopo la morte.

Quella notte Calissa offrì loro di rimanere, preparò con la ruta riasica lo decotto che guarì lo Peregrino da la maledizione de lo fauno et offrì a Rafiseno una notte di piacere. Lo mattino successivo tutti seppero che lo sfortunato ragazzo aveva fatto cilecca, ma ancora nessuno sospettava che lo motivo fosse sempre da imputare a la maledizione de lo flauto di Lupercolo che gli aveva provocato la Mollanza, male subdolo et difficilmente riconducibile a lo incanto.
La incantatrice sconfitta mise quindi da parte lo suo rancore, convincendosi de lo valore de lo gruppo di avventurieri et accettò di rendere la loro forma a tutti li precedenti avventori ancora rinchiusi in gabbia, anche Satollo tornò ad essere uno pingue mercante di Polisnea di nome Ciro, che non mancò di ringraziare sentitamente li suoi salvatori invitandoli a raggiungerlo ne la sua dimora una volta tornati su la terraferma.

Rimessa in sesto una barca a remi lo gruppo salpò poi su indicazione di Calissa verso la sponda più remota de la isola, ove, tra scogli et anfratti rocciosi, giaceva lo ingresso de la dimora de lo re sepolto.
Nonostante la poca dimestichezza con la navigazione lo gruppo riuscì ad approdare senza danni et venne subito accolto da ostili creature elementali, stavolta composte di acqua, che però vennero facilmente spazzate via da li incanti de lo flauto di uno ritrovato Peregrino Scarlatto.
Lo complesso di stanze et cunicoli si celava dietro una porta, tra grotte, ponti sospesi ne lo vuoto et sale di pietra arredate con la mobilia di una era ormai dimenticata. Lentamente lo gruppo si fece strada, deviando ne li corridoi secondari fino a giungere in quella che sembrava essere la sala di sepoltura di uno antico guerriero.
Re Laitiano giaceva sepolto in uno pesante et rifinito sarcofago, attorniato da le spoglie in armatura dei dieci guerrieri a lui rimasti fedeli: scheletrici guardiani tenuti in vita da una magia antica quanto Laitia stessa. Sicuri de le loro possibilità et pronti a menar le mani li Eclettici Viandanti decisero di affrontare di petto la situazione et varcarono la soglia proibita.
Rafiseno seppe fare uso eccellente de lo Respiro de lo Alchimista et vaporizzò metà de li nemici prima ancora che potessero reagire, poi Galvano et Frandonato pensarono a li restanti cinque, con poderosi fendenti et padellate che in breve ridussero li antichi scheletri ad ammasso di ossa rotte et metallo ammaccato.
Lo sarcofago scoperchiato rivelò ciò che cercavano. La corona de lo re era di per se di scarso valore, ma aveva in esso incastonata una ambra identica a quella rinvenuta in Bramoldia, eppure, prima che potessero mettervi le mani sopra, lo spirito di Re Laitiano si ridestò, terribile et funesto, adirato per la profanazione de lo suo sepolcro.

Il fantasma troneggiava ne la sala sopra le fragili spoglie de la sua vita passata, minacciando li intrusi con una scure fatta di tetra luce blu, inveendo in uno dialetto de la lingua antica ormai dimenticato anche dagli studiosi. Lo Magistro et lo Peregrino, inchinandosi davanti a lui, cercarono di farsi capire et motivare lo sacrilegio.
Senza mentire tirarono in ballo la visione de lo Magistro S, la ricerca de la Spada de lo Equilibrio et lo recente incontro con Calissa. Le tre cose insieme seppero placare lo spirito de lo Re, comunque contrariato da lo fatto che avessero profanato la sua tomba invece di chiedere udienza ne la sala de lo trono come consuetudine. Riconobbe pero la entità de la immane oscurità che incombeva su Laitia ma non acconsentì a concedere loro la gemma incastonata ne la sua corona prima che si fossero dimostrati degni di riceverla.
Lo Magistro Alburno non si aspettava nulla di semplice, ma sicuro de li suoi mezzi et soprattutto de la sua virtù seguì Re Laitiano attraverso le antiche sale in testa a lo gruppo et varcò per primo lo Portale Magico cui li condusse, ove avrebbero calcato lo suolo de la antica Enotria per mostrar lo loro reale valore.

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