mercoledì 25 gennaio 2017

Errando per Laitia - Episodio 14

De li Tremendi Malanni dovuti a la Pessima Alimentazione

Lo Magistro Alburno est homo di grande virtute et conoscienza (quanto tempo che non lo scrivevo!), estremamente abile ne le sopraffine arti alchemiche ma a lo stesso tempo grandemente avvezzo a lo studio et pratica de la Medicina Universale. La sua Crisopea è infatti dimostrazione tangibile de lo potere de le sostanze in grado di mutare l'inanimato ma anche di riparare organi vivi et complessi, eppure, come a sue stesse spese ebbe modo di constatare durante la nostra avventura a Nirte, esistono mali de lo corpo le cui origini possono essere ben più antiche et terribili che necessitano di cura specifica et grossi sacrifici per esser debellati.

Nirte, lo borgo in cui nacqui, sorge ne la landa che in Laitia prende il nome di Brumia et li cui abitanti sovente vengono guardati con occhio storto a causa di alcune strane abitudini che non a tutti possono piacere ma che, mi affretto ad aggiungere, lo sottoscritto Arcadio non condivide come gli è stato insegnato da la sua rispettabile famiglia.
Ad ogni modo, ne li pressi di una palude, alimentata da li fiumi La Rena et Livone, sorge la cittadina di Nirte, rinomata in tutti li dintorni per la alta maestria de li suoi fabbri et armaioli et la durevolezza de lo acciaio prodotto ne le sue fonderie.
Come forse ebbi già modo di anticipare lo problema de la mia Nirte perdurava oramai da svariati cicli lunari, quando da la palude interi sciami di zanzaroni grossi come passeri avevano iniziato a diffondere una fastidiosa malattia debilitante, che sebbene non portasse a la morte del contagiato aveva diffusamente indebolito et rallentato la solerte forza lavoro de lo borgo.
Stremati da tale situazione di degrado li nobili signori de la consulta cittadina avevano prima cercato di ovviare con decotti et rimedi, che in molti improvvisati cerusici avevano iniziato a spacciare ne le piazze, per poi infine optare per rimedi più drastici ingaggiando uno gruppo di Frati Scavoni per deviar lo corso de lo Livone et allontanare per sempre la malsana aria di palude, et fastidiosi insettoni annessi, da la popolazione.

Detta così può sembrar già tutto bello et definito, ma allora a cosa sarebbe servito lo intervento de li Eclettici Viandanti?
Lo scoprimmo giungendo una grigia mattina a Palazzo Pollastrani, ove l'onorevole Garbunzio Pollastrani ci accolse per discutere et valutare la questione de lo nostro intervento.
V'è da dire che lasciata la Zolia terminò anche la parte piacevole de lo viaggio, dato che stavolta evitammo locande affidandoci a le doti di caccia di Galvano et lo suo falcone Ombra per i pasti et ci addentrammo in terra di Brumia, coperta spesso da foschia et malsani acquitrini in cui tutti avemmo modo di far fastidiosa conoscenza con le zanzarone di cui tanto si parlava.
Ricoperti di bolle grosse come prugne venimmo comunque accolti di buon grado dal Pollastrani che uno poco sfiduciato ci enunciò lo ennesimo problema sopraggiunto.

Li Frati Scavoni, coordinati da tale Fra Cazzuola, avevano infatti iniziato la loro opera di deviazione de lo corso de lo fiume ma avevan presto rallentato a causa di alcuni sabotaggi, occorsi nottetempo, a li strumenti da loro utilizzati et a le loro derrate alimentari. La causa nominata più di frequente era da attribuire a spiritelli dispettosi conosciuti come Gnefri, ma Garbunzio Pollastrani sospettava in qualcosa di più tangibile et terreno et gli occorreva qualcuno che sistemasse la situazione una volta per tutte. Una volta sinceratici che la paga non sarebbe stata inferiore a vitto et alloggio per lo tempo necessario a le indagini et non meno di uno oplo di platino zecchino in caso di successo, accettammo lo incarico et cominciammo a raccapezzarci.
Li primi che volemmo interrogare furono proprio li Frati Scavoni, ma lo Magistro, saggio et previdente come suo solito, si fece prima indicare chi tra li venditori di cure in strada fosse quello più fornito et volle acquistare da tale Colbecco Manostorta uno campione di ogni suo intruglio, per poterlo poi studiare con comodo ne lo nostro carrozzone.
Dimostrando una magnanimità comparabile a la sua immensa sapienza lo mio mentore poi mi concesse anche la sera libera per poter riabbracciare dopo tanto tempo et senza fretta la mia cara mamma et mia sorella Camadona.

Ne lo cantiere Fra Cazzuola et li suoi ci accolsero con garbo et ospitarono come loro richiesto dal Pollastrani, ci mostrarono lo mistico aratro, di dimensioni ragguardevoli, che dicevano sarebbe andato senza buoi una volta scavata la prima traccia per volontà divina de lo Signore Senza Tempo, raccontarono poi de li strani furti et sabotaggi che li rallentavano a dismisura ma lo unico che asseriva di aver visto lo colpevole era lo mesto Frate Mezzabotte, uno poco svampito et molto spesso poco sobrio: anche lui parlava di Gnefri, creature piccole et glabre, bambini che sembrano vecchi rugosi, in grado di non farsi vedere et sentire se non per far scherzi di dubbio gusto.
Anche non volendo credere a le favole, come li nostri eroi ebbero modo di apprendere con le vicende occorse a Borgoratto, molto spesso le dicerie hanno fondo di verità et quindi organizzarono una trappola per cogliere in fallo lo furtivo intruso qualora si fosse intrufolato ne la tenda de li attrezzi. Eppure la notte trascorse immota et lo mattino successivo non avevamo nulla di fatto.

Quando raggiunsi lo carrozzone, sistemato ne li pressi de lo cantiere, vidi Frandonato, Tristano et Galvano affamati et allegri a consumar lo primo pasto de lo girodì, ma di Alburno non vidi traccia. Pensai stesse già lavorando et entrai ossequioso ne lo laboratorio ambulante per trovarlo incredibilmente ancora assopito. Tale situazione mi mise subito in allarme, giacché li fumi colorati solitamente son visibili sin da l'alba se non prima, et come ebbi subito modo di constatare la causa era lo male de la palude, lo Magistro sembrava infatti averlo contratto durante lo viaggio et ora ne accusava li primi sintomi spossanti.
La fiacca che lo aveva infidamente colto lo frenò quindi da lo recarsi con li compari in esplorazione, ma non interruppe lo suo alacre compito di dispensatore di saggezza et creatore di intrugli miracolosi. Seppe così illuminar li suoi compagni suggerendo loro di seguir lo corso previsto per la deviazione de lo fiume, giacché se qualcuno aveva interesse a bloccar la opera de li frati probabilmente aveva pari interesse a salvaguardar qualcosa che a causa loro sarebbe andato perduto.

Rimasi a lo fianco di Alburno tutta la mattinata, non ci limitammo ad attendere lo ritorno de li suoi compari ma analizzammo li preparati del cerusico Colbecco rivelando che due rimedi su tre potevano esser considerati poco più che acqua sporca. Ciò che invece lo Magistro trovò in qualche modo utile et seppe facilmente replicare fu uno filtro nasale composto con erbe aromatiche che avrebbe aiutato ne lo respirare la malsana aria di palude ne le spedizioni successive.
Puntuali per il rancio, annunciato prima ancora che da la campana da li brontolii de lo ventre di Frandonato, tornarono al campo li altri eroi. Erano stanchi, lerci et spaventati, ma con loro avevano riportato uno giovane biondo et ben vestito, come fosse un cavaliere senza cavalcatura che si presentò come Giacollo Pollastrani, figlio di Garbunzio et aspirante eroe in cerca de la cura per la sua gente afflitta.
Lo Peregrino et li altri lo avevano beccato sommerso fino a la cinta in acque torbide et salvato da una sorte infausta, lo avevano anche ripreso per essersi avventurato solo et gli avevano suggerito di unirsi a loro se aveva tanta premura di rendersi utile, ma poi, su la strada di ritorno, fecero un incontro cui non erano preparati.

Dapprima furono voci, appena sussurrate ne le orecchie, poi stupidi dispetti, lo Frate Martellone che faceva loro da guida venne quasi smutandato et Frandonato udì urla tanto forti da fargli spuntare una frezza bianca tra la chioma. Impotenti contro creature dispettose, aggressive et incolpibili da la spada di Galvano, giacché invisibili, decisero di ritirarsi et riorganizzarsi con lo ausilio de lo loro amico Magistro da le mille risorse.
Alburno, nonostante la spossatezza, iniziò subito a lavorare per produrre filtri adatti a la situazione et ne lo primo pomeriggio furono pronti a ripartire. Io venni lasciato a far la guardia a lo carrozzone, un po' per mia salvaguardia, un po' perché trovar la cena pronta et calda a lo ritorno era cosa che li allettava grandemente.

Ripercorsero li passi fatti quella stessa mattinata eppure stavolta nessuno si palesò ad eccezione ovviamente de le fastidiose zanzarone infette, così decisero di inoltrarsi ulteriormente ne li acquitrini cercando di attirar su di se lo sguardo de li folletti birichini; oramai tutti erano convinti che li Gnefri esistessero et fossero loro ad ordire lo complotto.
Nonostante urla et schiamazzi nessuno però si fece vivo et li eroi si ritrovarono ad attraversare una porzione di palude più compatta, boscosa, ne la quale finalmente qualcosa attirò la loro attenzione.
Due de li Frati Scavoni erano intenti in animata discussione attorno a la immensa et pestilenziale montagna di sterco lasciata da una creatura a loro dire incantata. Si ostinavano a dire che fosse di Leone di Palude, lo gruppo sapeva per esperienza personale che l'unica creatura che non poteva aver espulso cotanto schifo sarebbe stato un Dentiranno et così lo Magistro tappandosi lo naso et resistendo a stento a li conati pensò di prelevarne uno campione.
Fortuna volle che Frandonato gli suggerì maggior cautela, porgendogli uno frammento metallico, giacché la pila di sterco, oltre che tremendamente nauseabonda, era anche incredibilmente rovente, sicuramente espulsa da le viscere di una creatura li cui bruciori non sono solo intestinali.
Prelevato lo campione, et studiatolo brevemente, Alburno si mise su le tracce che di sicuro uno essere tanto mastodontico avrebbe lasciato ne li dintorni et trovandone la possente orma ebbe conferma de li suoi sospetti: ne la palude vi era uno Drago!

Quel che da conoscenze accademiche essi sapevano su li Draghi è che quelli di fiume son più ragionevoli di quelli di lago, et anche uno poco più piccini, ma soprattutto che son creature antiche che detestano assai lo Nuovo Popolo et la fede et cambiamento da essi motteggiati. Mandarono così indietro a lo campo li due frati et chiesero a Frandonato di nasconder saio et croce tau, cosa che tutto sommato non gli costò grande sacrificio.
Le gigantesche impronte lasciate da la mitica creatura sembravano condurre ne lo sfintere anale di uno demonio, vista la quantità et pessima qualità de li effluvi simili a nebbiolina che andavano via via addensandosi. Occorse a tutti grande prova di coraggio et viscere di ferro per resistere et spingersi avanti fino a destinazione.
Lo respiro de lo Drago era lento et pesante, pestilenziale, umido et bollente. Era sveglio et fissò subito lo sguardo sui nuovi venuti che si prostrarono dinnanzi a lui con gesti lenti et misurati et parole ossequiose et ponderate, pronunziate ne la Lingua Antica con lo scopo specifico di volerlo compiacere. Lo possente Tyrus, questo lo nome de la bestia, si rivelò disposto ad ascoltare et poco incline a divorare, visto lo grande male che lo attanagliava: egli infatti soffriva da quasi uno anno di intensi dolori addominali dovuti a qualcosa di indigesto che aveva trangugiato et non era mai riuscito ad espellere. Lo Magistro Alburno prese quindi parola et professò la propria disciplina, offrendosi, in quanto guaritore et alchimista, di trovare uno rimedio per la sua indigestione et associando immediatamente li effetti de la aria malsana prodotta da le evacuazioni de lo Drago a la misteriosa malattia che affliggeva la palude et Nirte tutta. Come prova ulteriore di competenza et di esser degni di fiducia mostrò a Tyrus la Crisopea et lo convinse ad utilizzarla per lenire temporaneamente lo suo dolore.
Lo Drago brontolò soddisfatto ma assai svogliato, afflitto com'era da tempo da uno male tanto fastidioso, et chiese loro di tornare con una cura.

Quando a sera furono tutti di nuovo a lo campo de li Frati Scavoni temetti di dover bruciare tutte le loro vesti, visto lo lerciume et la puzza che emanavano. Lo mio mentore mi mise subito a lo lavoro insieme a lui, cercando tra li tomi di Medicina Universale che aveva ne lo laboratorio, qualcosa di sufficientemente potente da poter curare uno malessere tale da piegare uno vigoroso Drago, infine trovammo la formula che faceva a lo caso nostro: avremmo dovuto procurarci li ingredienti per produrre la famigerata Magna Potione de Digestione Universalis!

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