mercoledì 11 gennaio 2017

Errando per Laitia - Episodio 12

De le Deluse Aspettative et Eroici Rodei

Viaggiare in estate su uno carretto, tra li colli colorati et profumosi di Laitia, con lo mare a la destra et le brezze montane a la sinistra può esser considerato ritemprante. Giunsi a Zena via nave et devo ammettere di preferir di gran lunga la terraferma et li odori di campagna a lo ondeggiare inquieto et odore di salsedine de le azzurre acque de lo Mare Missogeo.
La compagnia, lasciata Zena, volette fare una prima sosta presso lo isolato villaggio di Leceria, loco di una de le sue prime imprese, in cerca di ospitalità et altri tipi di intrattenimento.
Fu così che mentre lo Magistro chiedeva notizie riguardo lo loro vecchio compagno di viaggio Magellino, al secolo Serafino, scoprendo che avea lasciato di soppiatto lo borgo dopo aver ingravidato una pulzella, lo Peregrino et Frandonato preferiron far visita a la divina Xeriana, chiedendole di organizzare per loro uno di quei rituali orgiastici che difficilmente avrebber dimenticato.
Ritemprati ne lo corpo et ne lo spirito ripartimmo uno paio di girodì dopo, appena lo mio abile mentore Alburno ebbe portato a termine lo ennesimo suo prodigio: per giustificare infatti lo fatto che aveva reclamato come suoi sia lo grosso topazio rinvenuto tra le eredità di Frandonato, che lo medaglione incantato appartenuto uno tempo a Manomarcia et finora custodito da Tristano, si offrì di trattare alchemicamente le loro armature. 
Fu così che battezzò Ferroccia lo metallo de la cotta de lo frate, et Cuoiacciaio la dura pelle lavorata de lo corpetto de lo musico, mostrando loro di averle rese assai più resistenti, sebbene di pari peso et flessibilità. Tutti soddisfatti riprendemmo lo cammino.

Le ripide colline de la Gruilia lasciaron presto passo a le morbide alture de lo Sacanto, faceva un gran caldo ma le lievi brezze provenienti da nord rendevano sopportabile lo tragitto. Seguendo sempre la Via Poranica giungemmo infine in quel di Pelopia, città di grande sfarzo et cultura.
Tristano aveva sicuramente ereditato da qualche suo parente ignoto la sua predisposizione verso lo arcano, eppure aveva sempre preferito una vita libera, senza fronzoli, improvvisata et vagabonda. Aveva preso questo suo dono come gli sembrava più facile, per li suoi scopi, ma non sarebbe mai riuscito a scatenar nemmeno una scintilla di magia senza la guida di uno vero maestro ne la complessa arte de la Nominazione: costui portava lo nome di Magister Sinelurm.
Come scoprimmo durante la nostra visita a la torre del mago, Sinelurm aveva uno tempo nutrito grandi speranze per lo Peregrino ma infine, comprendendone la intrinseca natura cazzona, aveva gettato la spugna rinunciando a trasformar lo eclettico musicante in rispettabile sapiente. La situazione inoltre s'era ulteriormente complicata quando Tristano aveva deciso di rubare la virtù a la giovane servetta de lo Magister promettendole di prenderla in sposa poco prima di fuggir via da la città senza ritegno.

Compresa la patetica situazione lo saggio Alburno si mostrò comprensivo et chiese umilmente la collaborazione de lo Magister, persino Frandonato si mostrò sensibile a lo disappunto causato da lo lestofante Peregrino et cercò di far ragionare la servetta et farle scordar lo sciagurato.
Sinelurm accettò infine di esaminare la pergamena incantata a patto che la compagnia restituisse uno favore in sua vece et che, finito lo incarico, lo suo vecchio discepolo si levasse una volta per tutte da le gonadi.
Accettata di buon grado la ragionevole offerta, anche per riabilitare in parte lo nome de lo lor compagno, et fattogli doverosamente pesare lo ennesimo incidente diplomatico causato da la sua incapacità di tener allacciate le braghe, lo Magistro porse a Sinelurm lo scritto et egli seppe infine rivelar, con lo lume de la sua bacchetta, lo arcano celato, una ulteriore iscrizione precedentemente invisibile:

Cercate la Tomba dello Straniero il cui Nome per noi est sopra ogni Cosa.
Accompagnator dello Fondatore della Città Sacra,
Marinaio sulla Prima Barca che attraccò nella nostra Terra.

Dopo breve disquisizione Frandonato et Alburno convenirono che lo misterioso straniero non poteva esser altri che Laitiano, storico marinaio et compagno di viaggio di Resna in persona, lo stesso da cui poi l'intera Laitia prese nome. Discorso diverso fu per la locazione de la sua sepoltura: occorreva interrogar tomi antichi a riguardo et ne la breve permanenza in città la informazione non venne rinvenuta.
Prima però di riprendere il viaggio in cerca di risposta, la parola andava mantenuta et, per conto de lo Magister Sinelurm, uno favore andava restituito.

In quel di Pelopia era da tempo in corso la edificazione di una sontuosa torre di guardia, che avrebbe permesso di individuare le nemiche flotte d'oltremare et sgradene a grande distanza. Fato avverso però volle che, ne lo punto ottimale per la costruzione, non si riuscisse a far star diritta la torre, et ogni nuovo tentativo finiva sempre, immancabilmente, per farla pendere da un lato con grosso rischio di crollo.
Li ingegneri retropodi si arrovellavano per trovare una soluzione et forse stavolta ne avevano pronta una che avrebbe permesso a la torre di star dritta. Li nostri eroi giunsero con perfetto tempismo et , come pattuito, ricevettero lo incarico per conto di Sinelurm senza chieder ulteriore retribuzione.
Lo loro compito sarebbe stato quello di recarsi ne lo Mar d'Emmar et procurarsi una congrua quantità di una sostanza perfetta per far da malta, grazie a la quale la torre sarebbe stata finalmente eretta perfettamente perpendicolare a lo terreno, niente di apparentemente rischioso, non fosse per li intrinseci rischi di inoltrarsi in una infida palude et per la natura di ciò che dovevano recuperare.
La bianca malta inodore di cui dovevano caricare lo carretto era infatti di origine animale, più precisamente defecata da una de le creature più rare et pericolose di tutta Laitia, lo quasi estinto Dentiranno, immenso bestione tricornuto et da la indole estremamente lunatica. Ma un patto era un patto!

Gran parte de li problemi furono evitati dopo lunghe trattative assumendo una guida vendramina, tale Tombolino si rivelò onesto et perfetto seguipista. In appena uno paio di girodì portò li nostri eroi fuori da lo Sacanto, su la scia di feci che avrebbero condotto a la tana de la bestia.
Lo Cavalier Galvano et io restammo fuori da la palude, a sorvegliar li nostri beni vista la massiccia presenza di banditi lungo le poche strade mercantili del Mar d'Emmar, li altri si inoltraron ne la palude.
Tra li brontolii di Tristano, che non si sentiva in alcun modo in dovere verso lo suo Magister né tantomeno verso la servetta, et su li passi de lo coraggioso vendramino, lo gruppo si bloccò infine in prossimità di una bassa grotta, sicuramente tana de la creatura da la merda tanto agognata.
Fecero appena in tempo a muover qualche passo prima di rendersi conto che lo padrone di casa era in zona et aveva facilmente fiutato la loro presenza: il Dentiranno era immenso, grosso quanto un elefante et due volte più coriaceo, oltretutto inferocito perché ovviamente i nostri eran piombati lì in uno momento di luna storta! A volte lo Fato sa esser beffardo...

Sollevatasi su due zampe la bestia grugnì, ricadde pesantemente al suolo et iniziò una carica potente et inarrestabile che avrebbe travolto lo carretto et tutti coloro non abbastanza scaltri da levarsi di torno, ma qui la compagnia seppe dare il meglio di se: mentre Tombolino correva a lo riparo, Alburno trasse di tasca due filtri precedentemente preparati, calcolò li tempi esatti di ogni cosa, non mosse lo carretto, mescolò li intrugli, li tappò et agitò, poi passò la fiala a Tristano, assai più abile lanciatore.
Lo Peregrino senza far domande, ma defilandosi per sicurezza da la traiettoria de lo mostro, prese l'incarico et con letale precisione stappò et scagliò la fiala su la bestia mentre questa era a poche decine di cubiti di distanza. La sostanza esplose su lo muso de lo Dentiranno in una nuvola di polvere multicolore che la bestia non potè fare a meno di inalare... appena uno istante prima di subirne gli effetti soporiferi et interrompere la sua corsa scivolando placidamente a terra.
Mi rammarico di non aver potuto assistere a tale dimostrazione di astuzia, nervi saldi et coordinazione da parte de lo Magistro et li suoi compari, ma anche ciò che accadde dopo ha di che esser narrato ne le locande.

Alburno dopo essersi lasciato sfuggire un grido di esultanza si affrettò a specificare che lo effetto soporifero non sarebbe durato a lungo, si premurò di fornire a Frandonato uno altro intruglio raccomandandosi di usarlo per fuggire et poi gli affidò lo compito più arduo: tenere a bada lo Dentiranno a lo suo risveglio finché lo carretto non sarebbe stato pieno di merda bianca et al sicuro.
Lo spavaldo frate sembrava non chieder nulla di meglio, si mise in tasca la pozione et preparò a la sfida.
Individuarono ne li pressi de la tana una pila sufficientemente grande di feci et iniziarono di buona lena a spalare, a metà carretto pieno la bestia confusa iniziò a riprendersi et Frandonato ad attirare la sua attenzione per allontanarla da lo gruppo.
Lo bestione abboccò et iniziò una dura corrida con lo frate che per due volte schivò le cariche, altre due volte venne quasi investito da lo colosso uscendone illeso solo grazie a lo suo vigore sovrumano et infine osò anche cercare di cavalcare la bestia arrampicandosi fino a lo collo et cimentandosi in uno epico rodeo.
Li altri riuscirono ad allontanarsi grazie a le sue gesta et quando venne infine disarcionato approfittò de lo primo attimo in cui lo Dentiranno era lontano per prender la rincorsa et bevve lo intruglio del Magistro fidandosi anche lui ad occhi chiusi: in pochi istanti sparì nel nulla.

Resosi conto di essere invisibile evitò facilmente la carica de la bestia et si ricongiunse a li altri ormai a distanza di sicurezza con lo carretto et lo prezioso carico. Ci reincontrammo su la Via Poranica, salutammo et pagammo Tombolino il vendramino per lo suo inestimabile contributo et tornammo a Pelopia per consegnare quanto richiesto.
Li retropodi furono molto soddisfatti et convinti di poter edificare finalmente la loro torre. Lo Magistro riuscì anche a tenersi alcuni campioni di feci, intenzionato ad usarli per intrugli lenitivi di cui spero di non aver mai bisogno, dopodiché concordammo la prossima meta, ove trovare informazioni su la tomba di Laitiano.
Convenimmo tutti che Maro era la scelta più saggia per vicinanza et grandezza et fu allora che scorsi per la prima volta uno velo di tristezza ne li occhi de lo mio mentore Alburno.

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