domenica 22 gennaio 2017

Errando per Laitia - Episodio 13

De le Cupe Nubi su la Città di Maro

La Via Poranica discendeva ad oriente lungo le sponde de la soleggiata Laitia, traversando tra ripide costiere et lievi colli la Gruilia, lo Sacanto, lo Mar d'Emmar et la Zolia sino a giungere ne lo fulcro de la civiltà antica, la sede de lo trono imperiale, la più grande, magnifica et per certi aspetti decadente de le città nostrane: la eterna Maro.
Lo gruppetto di Eclettici Viandanti, di cui lo sottoscritto era ormai entrato a pieno titolo a far parte come apprendista alchimista, viaggiò comodamente accompagnato da giornate soleggiate et piacevoli chiacchiere. Per risparmiar qualche ceo intervallammo lo percorso tra una locanda di via et l'altra, qualora la caccia di Ombra, lo falcone di Galvano, non riuscisse ad inviduare durante la giornata prede sufficienti a garantire uno buon pasto.
Ne le taverne invece a farla da padrone era lo Peregrino Scarlatto, con le sue ballate che portavano applausi, risate, grida ammirate et sospiri, oltre che naturalmente fiumi di vino et cibo et calda ospitalità senza costo alcuno.
Lo Magistro Alburno man mano che la Città Sacra si faceva più vicina iniziò ad incupirsi et parlar meno, passando più tempo in riflessione, rivergando appunti et calcinando intrugli, meno incline a le risate et a le continue idee di truffa a sfondo religioso che Frandonato provava a proporgli per raccoglier contante.
Ci godemmo lo viaggio, una volta tanto spensierato et privo di pericoli, ma le nere nubi che sovrastavano la città di Maro ci riportarono presto a meditar su la origine et lo scopo de la nostra missione, su ciò che venne prima et su ciò in cui a breve ci saremmo imbattuti.

Una sera chiesi a lo mio mentore quale fosse la causa de lo suo cattivo umore. Alburno fu vago et disse che vi era poco di cui essere allegri, indicò in alto verso lo cielo grigio et mi parve di intravedere una scura ombra alata scivolare silenziosa appena oltre lo velo, rapida et indistinta, maestosa ma anche terribilmente inquietante.
La salita a lo potere de lo Imperatore Vistiliano era costata molto sangue a la città, la caduta di Nelea et de li altri Alti Signori, ma quale altro prezzo era stato pagato?
Capii improvvisamente che lo Magistro accusava la tensione di esser tornato a casa, di aver realizzato che presto avrebbe dovuto fare li conti con lo suo passato, da cui era fuggito così tanti anni prima. Fiducioso ne la sua saggezza et maturità decisi di non stuzzicarlo oltre et lasciare che avesse tempo et modo per assimilare la faccenda.

Una volta in città scoprimmo che Tristano aveva trascorso gran parte de la sua giovinezza in uno de li quartieri popolari, conosceva gente et taberne, soprattutto taberne, et ci indirizzò verso quella di cui conservava li più gradevoli ricordi: la Locanda delle Sciacquette.
In quello luogo, assai più vicino ad un postribolo che ad una ostaria, v'era un palchetto su cui a turno poeti più o meno improvvisati et anche qualche scafata baldracca recitavano versetti sconci con più doppi sensi che endecasillabi, ove apprendemmo almeno due dozzine di modi diversi per appellare lo membro maschile et le virtù femminili.
Mi sentivo piuttosto in imbarazzo di fronte ad una tale quantità di oscenità declamate senza pudore alcuno et sebbene fosse divertente veder Frandonato sganasciarsi mentre palpeggiava una disponibile lavoratrice et lo Peregrino cimentarsi egli stesso ne la recitazione con versi ispirati da lo momento, preferii mantenere uno più compito atteggiamento quale era quello de lo cavalier Galvano et de lo meditabondo Alburno.
Li scopi de la nostra visita a Maro erano due: trovar notizie certe su la locazione de la sepoltura di Laitiano et equipaggiarci al meglio per lo seguito de la nostra avventura.
Trascorremmo uno intero girodì per mercanti et per mercati, mentre lo Magistro pagò per aver accesso giornaliero ad una de le biblioteche storiche meglio fornite de la città.
Con le gemme et le cianfrusaglie conquistate, vendendo anche qualche piuma nera de lo galletto Bastiano ad una fattucchiera, riuscimmo anche a scambiar lo carretto per uno carrozzone più grande, in grado di ospitarci tutti ma che avevamo intenzione di trasformare in uno laboratorio alchemico ambulante. Facemmo così i nostri affari con un dom, et la sera anche Alburno tornò da la biblioteca con informazioni certe su la nostra tappa successiva.

V'è uno luogo ne lo Mare Missogeo, a metà strada tra Maro et Polisnea, separato da la costa da acque cupe et turbolente: la Isola di Caligo, così chiamata forse a causa de la caliggine che la circonda. Essa secondo la leggenda custodisce le tombe di grandi uomini de lo Antico Popolo, tra cui lo eroico marinaio Laitiano.
Per giungerci avremmo dovuto proseguire lungo la Via Poranica, attraversando lo fiume Albula et viaggiar per pochi girodì ne la Ciraiocia, eppure lo Magistro sembrava avere ancora qualche dubbio.
Riuniti ne lo nuovo carrozzone che, ancora spoglio de le scaffalature, libri et attrezzature previste, era abbastanza capiente da ospitarci tutti quanti, lo saggio Alburno mostrò le pietre d'ambra in suo possesso et la sottile struttura di vile rame fabbricata per poterle mandare in risonanza.
Ci rammentò che le istruzioni su pergamena incantata de lo Magistro S. eran due: scovar lo sepolcro ma anche utilizzare le ambre, forse per svelarne uno segreto importante. Ipotizzammo che quindi le pietre incantate servissero come chiave et la fabbricazione de lo supporto per attivarne lo potere fosse di primaria importanza. Ci occorreva pertanto lo lavoro di uno stagnino sufficientemente abile et soprattutto, lo materiale giusto da fargli lavorare: costosissimo platino per la quantità di almeno un oplo!
Con lo acquisto de lo carrozzone ci erano rimasti assai pochi cei, lo gruppo stava già meditando di darsi al furto, organizzare una estorsione o una rapina et, sebbene a malincuore, persino lo onorevole Galvano et lo retto Alburno sembravano non vedere altre opportunità per racimolar tanto in tempi brevi. Allora mi permisi di intromettermi per dar loro uno suggerimento.

Mio padre Bastiano lavorò per decadi a Nelea et mi porto con se appena in fasce per far si che crescendo imparassi lo suo mestiere, ma le mie origini et il resto de la mia famiglia, una madre et una sorella, son rimaste ne lo borgo di Nirte, in Brumia, soltanto pochi girodì a settentrione di Maro.
Già alcuni mesi prima di lasciare Nelea in cerca de lo perduto erede Pirreo mi erano giunte missive da la mia sorellina Camadona riguardo uno male debilitante et persistente, portato da la palude limitrofa da zanzaroni grossi come passeri, che pian piano andava contagiando tutta Nirte.
Siccome la consulta cittadina era da tempo in cerca de le sue cause, una cura et preferibilmente di una soluzione permanente, pensai che lo eccellente alchimista Alburno et li suoi eroici compari avrebbero potuto venirne a capo et richieder cospicua ricompensa per lo aiuto fornito.
Vidi li occhi de lo Magistro illuminarsi sentendo tal proposta, rispettosa de lo suo nome et de le leggi di Laitia, et in breve la decisione fu presa, saremmo partiti per Nirte a lo sorgere de lo sole.

Frandonato et Tristano preferiron trascorrere la ultima notte a Maro ne la Locanda delle Sciacquette mentre Galvano, Alburno et io ripossamo ne lo nuovo carrozzone. Dormimmo tutti de la grossa et al mattino avemmo una amara sorpresa.
Da una botola secondaria su lo fondo de lo carro, di cui li dom si erano accuratamente guardati dal mettercene a parte, qualcuno s'era intrufolato nottetempo et aveva rimestato tra le nostre cose.
Visto che nessuno di noi aveva sentito nulla doveva trattarsi di qualcuno piuttosto abile, che avrebbe potuto prendere con se tutti li nostri averi ma che invece s'era rivelato interessato principalmente a determinati articoli, ovvero tutto ciò che era scritto su pergamena.
Rubò una mappa di Gruilia, alcune formule de lo Magistro, che per fortuna erano anche ben impresse ne la sua mente, avendole sviluppate lui stesso, pochi beni di valore tra cui alcuni cei et abiti eleganti de lo Peregrino, et, infine, probabilmente ciò per cui era stato mandato: non trovammo infatti traccia de la pergamena incantata con le mistiche parole de lo Magistro S.

Venimmo gabbati veramente come polli, ritardammo la partenza di un girodì mentre senza aver successo Frandonato, Galvano et Tristano provavano a cercar tracce de lo ladro et de lo suo mandatario tra li dom de la capitale, et Alburno si occupava di installare chiavistelli per render più sicura la sua dimora ambulante.
Ne parlammo meglio durante lo viaggio per Nirte, probabilmente sostare di locanda in locanda facendosi riconoscere aveva reso lo viaggio più piacevole et assai meno costoso, ma aveva anche dato modo a chi ci seguiva, et tutti pensammo a lo cavalier Tarquinio che ci aggredì nei pressi di Borgoratto, di rintracciarci persino in una città caotica come Maro.
Certo era che anche li nostri nemici seguivano le tracce de la eredità de lo Magistro S., forse de la Spada dell'Equilibrio stessa, et che costruir la chiave et recarsi ne la Isola di Caligo era cosa da fare ne lo minore tempo possibile, sperando che anche li nostri antagonisti venissero come noi rallentati da li complessi indizi che ci erano stati lasciati.

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