mercoledì 28 dicembre 2016

Errando per Laitia - Interludio 2

De li Fumi di Nelea

La storia recente di Maro è nota a chiunque abbia orecchie funzionanti et uno cervello anche appena più voluminoso di quello di uno racchino. Su li soprusi et capricci de lo Imperatore Savio Vistiliano et de li screzi con li suoi più ostinati oppositori, quali Fra Graticola et altri noti urlatori di piazza, non reputo quindi necessario soffermarmi. Le righe che seguono andranno invece a raccontare una storia che difficilmente sarà mai nota al di fuori de li confini de la Zolia, visto che lo spietato et lungimirante Imperatore si premurò con tanto impegno di mettere a tacere ogni voce susseguente la caduta de li restanti Alti Signori di Maro, un tempo suoi pari.


Tra le nobili famiglie che si radunavano attorno a tavole imbandite, su scranni di velluto rosso, in alte sale con sontuose colonne et mirabolanti affreschi, ve n'erano di più et meno importanti, di più et meno influenti, ma tutti questi avevano in qualche misura voce in capitolo et tutti vennero infine trattati come rivali, contendenti a uno trono che lo stesso Consiglio de le Stirpi tanto premeva, a ragion veduta, per lasciar vacante.
Lo Signore di Nelea, possedeva una imponente tenuta fuori da le mura di Maro, oltre la sponda orientale de lo fiume Albula, su la quale crescevano rigogliosi et aurei decine di alberi di Maggiociondolo, chiamato anche Catena Dorata, che divenne poi lo stemma di famiglia. Egli discendeva da uno capitano mercenario proveniente da la Ilcisia cui era stato concesso titolo et podere per li servigi resi a lo Consiglio de le Stirpi durante le invasioni iperboree. Nelea prosperò ne li anni promuovendo li commerci ne le terre circostanti, soprattutto la Ciraiocia, et difendendo le sponde orientali de lo fiume finché lo suo Signore ebbe abbastanza influenza per poter sedere con li altri magnaccioni che decisero per secoli de lo fato di Maro.

Le generazioni si susseguirono per Nelea come in tutta Laitia. A le invasioni di Giscardo lo Smazzolatore seguì lo ritorno de la Entità Contraria, la terribile Peste Viola et lo Grande Anatema che sembrò ridar speranza ad uno regno fin troppo turbolento.
Fu proprio in quei pochi anni di pace che nacque in Laitia lo ultimo erede de la dinastia di Nelea, cui diedero il nome di Pirreo.
Lo fanciullo crebbe in buona salute et senza difficoltà alcuna ne la quiete et li agi de la tenuta di famiglia, circondato da fedeli servitori et amici in una realtà che sembrava esser fatta a sua misura, ne la quale non v'era spazio alcuno per problemi o preoccupazioni.
Lo fatto che li poderi di famiglia fossero dislocati fuori da lo centro nevralgico de lo governo di Maro facevano si che Nelea fosse meno invischiata ne li traffici et sordide macchinazioni de li Alti Signori, ma allo stesso tempo che la sua influenza fosse alquanto trascurabile se paragonata a quella esercitata da veri et propri gerarchi quali Vistiliano, che si interessavano di religione oltre che de la cosa pubblica.
Pirreo di Nelea divenne fanciullo destinato quindi a prender lo posto de lo Signore suo padre, dando sempre impressione di essere arguto et educato, in grado di comportarsi a modo sia con i suoi pari che con la servitù tutta et tutti gli volevano un gran bene.

L'adolescenza, si sa, è una brutta bestia... in grado di mutar agnelli in lupi et viceversa, o più semplicemente di far diverger le opinioni di figli et padri, portandoli a conflitto aperto.
Lo Signore di Nelea, fino a quel punto sempre soddisfatto de li giudizi entusiasti che li tutori professavano per lo suo unico erede, gradiva che Pirreo si dedicasse come suo dovere a l'arte de la politica et del commercio, egli però scoprì qualcosa di più interessante che finì per assorbirlo completamente...
Venne uno girodì di inverno, ne la tenuta di Nelea, uno vagabondo itinerante, appellatosi Dottor Pacubio, stanco et affaticato da uno viaggio estenuante et in cerca di riparo da lo maltempo di quel periodo. Egli venne ospitato di buon grado et Pirreo, che faceva le veci di suo padre, fece così la sua conoscenza.


Tale Pacubio, seppur svampito, si rivelò essere uno formidabile alchimista et li racconti et dimostrazioni che seppe elargire a lo giovane rampollo furon talmente sbalorditive che lo ragazzo ne rimase talmente affascinato da volergli chiedere di restare ed insegnargli. Improvvisamente per Pirreo la realtà cui era stato abituato sembrava stretta, limitata, di fronte a la conoscenza che racchiudeva il potere di mutarla a proprio piacimento.
Chiese a lo viandante di restare, ma ricevette un diniego alquanto sconclusionato et a nulla serviron copiose offerte pecuniarie. Pochi girodì dopo lo alchimista era andato via et lo Signore di Nelea fece ritorno al suo maniero.
Lo ragazzo insistette con lo genitore per avere uno mentore et dedicarsi a la Scienza Arcana, ma ancora una volta non venne accontentato perché lo suo destino era quello di governare un podere et gestire oro puro, non di chiudersi in uno scantinato a produrne di fasullo!
Pirreo si dimostrò comunque assai determinato et attingendo a li suoi risparmi et approfittando de le lunghe assenze de lo Signore si procurò li tomi adatti et attrezzò uno suo laboratorio in cui lentamente iniziò a fare i primi esperimenti.

La mente del ragazzo era sicuramente adatta a tale arte, veloce et intuitiva, eppure senza mentore che sapesse fornire li giusti consigli et distinguere uno tomo farlocco da uno autentico et inestimabile, gli insuccessi erano sempre più numerosi de li piccoli successi. Apprendere si dimostrò lento et difficoltoso: occorreva trovar rimedio.
Una volta, mentre lo Signore di Nelea era assente, Pirreo incaricò Bastiano, lo più fidato de li suoi servi, di recarsi a Maro et commissionare uno intruglio ad uno alchimista di professione: lo composto doveva servire per incrementare le capacità mentali, di intuito et immaginazione oltre li limiti de lo soggetto.
Bastiano tornò con quanto richiesto et Pirreo si chiuse per interi girodì ne le sue stanze a lavorare sul composto, la sua idea infatti non era quella di berla, perché ben conosceva la effimera durata di tali pozioni, inadatte a lunghe sessioni di apprendimento, bensì aveva intenzione, tramite processo inverso, di scomporla et ricrearla con le qualità specifiche di cui necessitava.

Occorsero interi cicli lunari, lunghe stagioni, di lavoro segreto ne lo suo laboratorio, quando lo Signore di Nelea era in viaggio per affari o in quel di Maro per sedute di governo. Da li comignoli iniziarono ad uscire fumate multicolori, a volte scoppi et fitta fuliggine spaventavano a morte l'anziano Bastiano che temeva di dover ripescar lo cadavere carbonizzato de lo erede di Nelea da le sue stanze, eppure Pirreo ottenne infine uno successo.
Lo filtro, battezzato in Lingua Antica, Imago Mentis, avea durata assai superiore a quello di partenza et spettro assai più ampio, ideale tanto per riconoscere l'esatta composizione di una sostanza poggiandola su la lingua, quanto per percepir rumori assai distanti o contar le zampe di uno millepiedi su lo muro opposto de lo cortile. Quello che lo esaltato rampollo non avea considerato erano però li tremendi effetti collaterali.
Lo estratto così perfezionato non avea necessità alcuna di venir trangugiato, bastava infatti inalarne li vapori per sortir taluni effetti non voluti, et la lunghissima esposizione cui Pirreo si era sottoposto ne li ultimi mesi aveva avuto effetti che a tutti, tranne che lui, erano palesemente evidenti.
Ne era diventato completamente assuefatto, tanto che non riusciva per un girodì intero a farne a meno senza dar di matto o cominciare a delirare, ma la produzione a lo stato attuale era talmente difficoltosa et dispendiosa che raramente riusciva a ricavarne quantità soddisfacenti. Ne risentì lo suo ruolo et la sua immagine, specie quando lo videro ad orinare ne lo cortile su la statua de la bisavola, o quando nudo si affacciò da le sue stanze a vomitare su sua cugina Lisia in visita di cortesia, o quando ancora provò ad accoppiarsi con uno povero racchino che Bastiano riuscì miracolosamente a salvare in tempo.

Lo Signore alfine mangiò la foglia et proibì a lo suo figlio ogni pratica alchemica. A lo laboratorio venne dato fuoco per intero et lo fanciullo legato a lo letto fino a che non fosse rinsavito manco fosse indemoniato!
Da la tenuta di Nelea si levarono per molti girodì fumi densi et variopinti mentre le fiamme distruggevano anni di lavoro et incondizionata dedizione et le urla deliranti di Pirreo non accennavano ad estinguersi, a lo contrario de li suoi sogni.
Dopo giorni di agonia si dice che li deliri terminarono d'improvviso et tornò lo silenzio.

Lo Signore di Nelea si fece aprire le porte de la stanza: era vuota, li lacci sciolti et solo uno ramoscello di Maggiociondolo su lo letto, madido di sudore, accanto una fiala vuota con dei rimasugli di fluido bluastro.
Bastiano, che fedele come sempre provava tanta pena per lo ostinato et sfortunato signorino, anche a dispetto de lo autoritario et determinato padrone, sparì anche lui quel giorno et venne cercato in lungo et largo per tutta Maro et dintorni senza mai esser ritrovato et del giovane Pirreo anche si perse ogni traccia.
Lo Signore di Nelea divenne furibondo, iracondo et assai depresso di fronte a tale sciagura. Cadde in una spirale di autodistruzione che lo portò a perder potere, influenza, ricchezze et infine a schierarsi con le persone sbagliate. Quando, ormai quattro anni or sono, l'Alto Signore Savio Vistiliano si proclamò Imperatore, Nelea perse ogni influenza, lo suo Signore si spense pochi cicli lunari or sono, lasciandoci senza un padrone.

De lo padre mio Bastiano nessuno seppe più nulla, ma dubito, vista la sua età, che sia ancora in giro; che le Divinità Pristine lo perdonino per quanto ha fatto...
De lo giovane Pirreo di Nelea anche, fino a pochi girodì orsono, non v'era traccia, poi sentii di questa ballata: Lo Mulino Beffardo di un tale Scarlatto Peregrino et di uno gruppo di Eclettici Viandanti in quel de la Gruilia, lo frate Frandonato, lo cavalier Galvano et lo alchimista Alburno.
Ero piccolo allora, ma affascinato da li fumi colorati et profumati dagli effetti imprevedibili, da lo vivace et pazzoide erede di Nelea. Mi rivenne in mente la sua stanza vuota in cui entrai di nascosto dopo che se ne fu andato, lo rametto di Maggiociondolo dai fiori dorati che il giovane Pirreo amava chiamare con lo suo nome alchemico, Laburnum, et alfine realizzai...

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