martedì 26 febbraio 2019

La Maledizione di Ulasha

Allontanarsi verso nord era stato inutile. Dopo un estenuante giorno di cammino nel Deserto Rosso il sole non stava tramontando dove il valk si sarebbe aspettato.
L'angosciante senso di oppressione che aveva iniziato a provare da quando era stata pronunciata la parola "maledizione" per la prima volta iniziò a divenire la malaugurata certezza che il loro coinvolgimento con la caduta di Zanator, Tiranno di Quollaba, non era ancora concluso.
Avevano pochi giorni di razioni, e le sabbie immote del deserto non avevano intenzione alcuna di lasciarli andare.

Quella notte i loro sogni furono vividi richiami a luoghi misteriosi e memorie perdute, testimonianza di ciò che avrebbero di lì a poco vissuto e della sorte che sarebbe loro toccata se si fossero lasciati intimorire dalla minaccia del terribile Dio Ulasha.
Nergui vide la gente di Quollaba trasformarsi in orridi ibridi di uomo-serpente prima di contagiarlo dello stesso male ed il timore che ciò potesse avverarsi lo rese taciturno e scosso per tutto il viaggio, mentre il deserto continuava ad inghiottirli, facendoli girare in cerchio ed esaurendo le loro risorse, senza che potessero in alcun modo orientarsi.

Quando venne la tempesta trovarono rifugio le crepe di un costone roccioso, costretti a rannicchiarsi insieme alle loro bestie e razionare il cibo perché il vento e la sabbia sferzante non cessò di ululare per due albe e due tramonti. Il terzo giorno avevano borracce e stomaci mezzi vuoti e la polpa di cactus di cui si nutrirono non fecero altro che dar loro nausea ed allucinazioni. I cavalli iniziarono a morire, rallentando ulteriormente il loro incedere senza meta.

Il quinto giorno parve loro di essere intrappolati in una realtà onirica, mentre il bagliore rosso tra le dune li faceva aggrappare ad un'ultima speranza di salvezza, infranta poi dalle urla di battaglia, mentre demoni di luce sgusciavano fuori da un campo di variopinti e vividi cristalli, loro anima e loro debolezza.
Lo scontro servì a fiaccarli ancora di più, ma sopravvissuti alla lotta il valk ebbe l'improvvisa consapevolezza che qualcosa stava cambiando: non percorrevano più gli stessi paesaggi, non camminavano in cerchio, qualsiasi cosa stessero affrontando li stava mettendo alla prova e loro stavano avanzando, deboli ma costanti, e infine ne sarebbero usciti.

L'ultimo dei cavalli cadde il sesto giorno, insieme all'ultima borraccia vuota, abbandonata tra la sabbia che si affrettò ad ingurgitarla in un vortice di vento. Un'altra duna e poi un'altra ancora.
Infine delle impronte.
Il vagabondo era ciondolante, ma quando li vide diede fondo alle ultime sue energie per raggiungerli, crollando loro innanzi: era il finto mercante di dolciumi che settimane prima li aveva ingaggiati per scoccare la freccia che aveva dato morte al tiranno e vita alla ribellione.
Disse loro che Quollaba era nel caos, il potere effettivamente rovesciato ma con un grande male redivivo, incombente su tutto il popolo, la Principessa, legittima regnante, prigioniera del suo stesso palazzo.

Consci di essere sopravvissuti alla prova del Deserto Rosso e di essere stati guidati dallo stesso fato che aveva condannato Zanator nuovamente alle porte della città in rivolta, gli assassini del tiranno raccolsero le loro ultime energie e seguirono le tracce lasciate loro dall'uomo morente, fino a scorgere innanzi a loro i portoni divelti di Quollaba.
Nergui aveva ripreso la guida del gruppo, rinfrancato dall'avere nuovamente una meta di fronte a se e modo per porre rimedio all'oscurità involontariamente scatenata, subito dietro di lui i suoi compagni preparavano le armi, gente a cui in battaglia si affidava e di cui iniziava a conoscere pregi e difetti.


Lejanne di Jalizar, impavida avventuriera ed impareggiabile assassina, mossa dalla sua avidità e dal desiderio di vendetta, tanto forte da portare sempre con se il pesante fardello di un amuleto maledetto da usare come arma contro il suo nemico immortale.
Knut dei barbari del Nord, spietato e ferale guerriero berserker, unico superstite della sua gente, animato apparentemente solo da rabbia ed istinti ferali, la cui unica dote ed unico scopo sembravano essere il nutrire col sangue le sue affilate asce gemelle.
Lord Azameth Arak dei Principi di Tricarnia, nobile decaduto in cerca di rivalsa e soprattutto occulto manipolatore delle energie occulte, il cui potere di giorno in giorno diveniva più forte, vincolando a se demoni e spettri che un uomo saggio non avrebbe mai osato disturbare.
Al suo fianco e sempre a sua difesa, il possente schiavo eunuco Mosu, il cui valore in battaglia e lealtà erano più volte state messe alla prova, sempre con esito inequivocabilmente positivo.

Erano persone estremamente differenti tra loro, e mosse dagli scopi più disparati. Erano coloro che ingaggiavano il nemico permettendo a Nergui di scagliare le sue letali frecce in sicurezza e che si affidavano alla sua guida nei lunghi viaggi tra le terre selvagge.
Il valk si chiedeva che idea loro si fossero fatta di lui, se anche loro avevano la chiara consapevolezza che le loro strade erano destinate a dividersi.

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