lunedì 28 marzo 2016

Errando per Laitia - Episodio 2

De lo Honore et de la Fede


Illo tempore interrogai lo Magistro Alburno a proposito de lo suo passato, de le sue origini e de li studi de lo antiquo popolo che lo resero così sapiente et illuminato, eppur egli aggirò solerte le mie questioni divagando lo argomento su uno tema a suo veder più degno d’esser menzionato.
Lo Magistro volle quindi narrarmi dello initio delle sue peregrinazioni e de li compagni de lo novo popolo con cui divise lo sentiero e di come essi lo colpirono proprio per la moltitudine di modi differenti che essi avean di venerar lo Signore Senza Tempo.

Lo primo dei tre era uno Cavaliere, nobile se non di origini, certamente ne li intenti e di spirito e valore sol pari alla di lui presunzione e cocciutaggine. Tale Messer Giorgius avea una corazza lucente et scudo et mazza e dovea la sua devozione alla Santa Starnazza. Avea anche un gran cuor co li animali: Salia, suo destriero da battaglia, et uno segugio, mezzo cane et mezzo lupo, lo cui nome Alburno non ricorda. Messer Giorgius morì pestato a sangue dalli banditi di Robolone, preferendo la morte alla resa, nello eroico tentativo di salvare Mariolina. Invero lo suo sacrificio servì a far fuggire la fanciulla, ma la di lui morte rimase, a dir de lo Magistro, futile come una sciarpa di lana in una torrida giornata estiva.

Lo secundo dei tre devoti era uno Frate, o almeno così aggradava nominarsi: Fra Frandonato da Tauria, homo virile e gioviale, la cui fede apparve invero assai labile et di comodo. Tale Frandonato avea passione per la ciccia: fosse essa di animale o di giovane pulzella, lo suo scopo era sempre farne uno spiedino. Mai conobbe lo Magistro un uomo, dichiaratosi di fede, con tale inclinazione per vizio et perdizione, accompagnata da degna sfacciataggine et alcuna minima vergogna. Lo Frate avea una parlantina spedita, usava lo saio come amo et la fede come lenza, professava lo nome dello Signore Senza Tempo per suo vil sollazzo. Anche lui finì nelle grinfie de lo brigante Robolone, dopo esser stato ingroppato da lo suo porco da guerra Zompo. Quando chiesi quale fu lo di lui fato, ricevetti per risposta un’alzata di spalle ed un segno di diniego..

L’ultimo dei tre fu quello che maggiormente colpì lo animo e lo interesse de lo Magistro Alburno, sebbene fu invero breve il tratto di via che percorsero assieme. Lo Eremita Iulianus, avea fatto dell’ascesi la sua vita e dell’astensione lo suo fioretto quotidiano, dello convertir anime allo suo dio la sua missione. Errava a piedi scalzi, quasi muto e serafico, seguito di presso da uno gatto e dal cinguettar de li uccellini. Parea invero uno Santo. Rifiutò di rincorrer li briganti per curarsi dello spirito ferito di Oresteio e per questo, forse, fu l’unico de lo novo popolo a scampar a Robolone. Allo ritorno de lo Peregrino et lo Magistro, contriti e malandati, seppure vittoriosi, mostro lo verò potere de lo Signore Senza Tempo, soffiando fresca brezza guaritiva ne le loro narici e rimettendoli allo mondo. Quando li scampati a li briganti ripartiron per Requagna su lo carretto del formaggiaro, Iulianus si inoltrò ne lo bosco, sereno et silente, in cerca de li suoi compagni di credo, per dar loro degna sepoltura. Alburno lo definì un illuminato ma al contempo estraneato et incomprensibile.

De lo cavaliere Giorgius oggi resta la su cavalla che traina lo carretto che fu di Oresteio, che riuscì così a tenersi almeno il bove. De lo frate gaudente Frandonato si ignora lo destino, ci auguriamo che non sia finito lui a placar li piaceri de lo brigante in vece della innocente Mariolina. De lo eremita Iulianus non ci preoccupiamo, quelli come lui vanno e vengon come spettri, la fortuna arride chi l’incontra ma guai a tenerli vincolati, come una coccinella scelgon loro a chi sfiorar la mano...

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