domenica 30 dicembre 2018

Diario de viaje - parte primera

Il vento che viene da sud le agita i capelli, alzandoli e smuovendoli come la brezza marina che veniva da levante quando levavano l'ancora prima dell'alba per intercettare le prime navi di pescatori col favore della bruma. Chiude gli occhi e per qualche minuto il rumore dell'acqua del fiume echeggia tra le cime, e nel silenzio degli animali le fa ricordare le onde. Pochi istanti, ed è ancora lì come un tempo.

Un respiro profondo, poi apre nuovamente gli occhi, sulla vallata bianca innevata che si vede per intero dal tetto della stalla, la postazione prescelta per la guardia mattutina durante la settimana; e i primi raggi di sole illuminano interamente i pendii e le pareti rocciose, trasformando il paesaggio in una gigantesca coltre dorata, riportandola come un'impetuosa ondata di luce all'attuale realtà e al suo compito di guardia. E pensa alle vicende degli ultimi giorni.

Sembrava una ventata di freschezza, dopo tanto tempo ad ammuffire al freddo nelle tende, una semplice operazione di qualche ora di marcia all'aria fresca non poteva che fare del bene. Troppo facile.
La carovana con cui stava arrivando Kara, la giovane donna tanto bella quanto inutile figlia del capitano dell'accampamento, era stata attaccata, lei e le sue guardie del corpo sparite, in mezzo a segni di lotta e tracce che portavano oltre al fiume, nelle terre di Caled. Lo spirito di avventura, il senso di giustizia, e la ricompensa di 30 monete per ogni orecchia di guerriero caled li spinse all'inseguimento.
Il valk, dall'odore selvatico come un animale dei boschi e e che preferisce il pagliericcio della stalla ad un letto, dimostra di avere in comune con gli animali selvatici anche il modo di muoversi e le capacità di seguire le minime tracce di una preda o un nemico ed orientarsi nella folta foresta. Con sè porta un arco valk dalla foggia strana, di cui ogni freccia è una sentenza di morte.

E di morte se ne ebbe a pacchi già dal primo scontro nell'accampamento dei caled; una decina di soldati che sembravano non andare giù nonostante le numerose ferite, lo stesso "capo" infilzato più volte dalle frecce nel volto è andato giù solo dopo essere stato aperto da lei da parte a parte, e i cadaveri delle guardie del corpo della donzella impaurita avvinghiati e quasi rianimati con strani rampicanti. Un volto giurante vendetta comparve nel fuoco del falò a preannunciare i malefici che li avrebbero perseguitati nei due giorni a venire.
Un rumore di tamburi, il maltempo, la bruma e qualche maleficio hanno appesantito il viaggio trasformando l'escursione di alcune ore in una vera odissea di quasi due giorni, superando l'attacco di una creatura di puro fango animato, la testa parlante del defunto N'Goba infilzata su un palo, dei salici magici attraverso i quali degli assassini si spostavano per attaccare di sorpresa. Oltre alle frecce del valk, il massiccio nordico liberato dal suo ceppo nell'accampamento ha dimostrato di essere tanto forte e robusto quanto rozzo e incolto, e di poter falciare ugualmente uomini e alberi incantati con una tempra micidiale, rapido ad arrabbiarsi ed a rispondere con brutalità. Sebbene non direttamente utile con un'arma in mano, cruciale fu anche il lord tricarniano: fu mentre attraversavano il fiume in piena che aveva travolto il guado rendendo necessario costruire una zattera, che per la prima volta il lord dimostrò di avere anche una cultura nelle arti oscure che non si limita a riconoscere i malefici altrui ma anche a professarne alcuni, e che oltre a saper usare la frusta e dare ordini alla sua guardia del corpo sovrappeso, questa capacità si aggiunge alla sua indubbia cultura, sapienza e rispettabilità nascoste da una insopportabile spocchia.
Arrivati al forte tuttavia, questi si dimostrò essere diventato una tomba per gli uomini accampati, ridotti ad una pila di cadaveri in fiamme. Un massiccio orso posseduto e reso quasi immortale dal druido Gulta Morn si dimostrò fatale per Pontios, e mentre il Nergui e Lord Azamet cercavano di armare la ballista, dimostrata inutile rispetto all'arco valk che alla fine abbattè l'orso, disorientato dal volteggiare del mantello rosso e nero, e severamente indebolito dallo sforzo combinato di Mosu, Knut e Leos, questi ultimi vivi per miracolo e con qualche cicatrice in più sul corpo.

Il rumore di passi lungo la scala di accesso alla sua postazione le fa fermare i pensieri, mentre scorre la mano lungo la cinta ad impugnare l'elsa della spada; la chioma castana di Leos resa dorata dalla luce dell'alba si erge dal parapetto, dove si ferma per qualche istante a fissarla.
«Che hai da sorridere stamattina?»
«Non sto sorridendo, yo tengo solo un pochito frio» tirandosi su la pelliccia di lupo, mentre volge lo sguardo nuovamente verso la vallata, a cancellare il sorriso che le si era formato spontaneamente. Il tricarniano si avvicina a lei cingendole le spalle con le sue possenti braccia. «Non tener strane idee - mentre affettusamente ricambia l'abbraccio - nosotros si divide il giacilio solo per scaladarce la noche... està bien?» e si volta ad incrociare il suo sguardo e stringerlo in un abbraccio più intimo.
Poi si ferma di colpo, e si separa dal suo amante per guardare verso l'orizzonte che si apre oltre al parapetto alle sue spalle; strizza gli occhi, le mani ai lati del volto per focalizzare l'attenzione, come fanno le vedette sulla prua delle navi, cerca di focalizzarsi dove le valli si aprono attorno al passo, nella piena luce dell'alba.
«Lo refuerzos - indicando una piccola serie di punti scuri a sud, al limitare dell'orizzonte in marcia verso l'accampamento - saranno aquì prima di sera, e per mañana potremo partire verso sud, verso tierras mas calidas. Vamonos, dobbiam svegliar los otros...»

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