domenica 12 giugno 2016

Errando per Laitia - Episodio 7

De li Vermoni, Luponi et Minchioni


Li racconti de lo buon Magistro riguardo la fine delle lor vicende con la Lupa Abba sono invero incredibili. Se non avessi io stesso veduto co li miei occhi li effetti prodigiosi che taluni filtri producono, oserei dubitare della storia che di seguito narro per via de la bizzarria de li attori coinvolti.
Pare infatti che da la crepa che lo infame Manomarcia aprì nel terreno emerse uno verme di proporzioni gargantuesche, lo Vermone de la Bassa, che però, anzichè farsi pasto de lo mulo et li nostri buoni amici, finì ipnotizzato come uno serpente ne le storie d’oltremare da la musica de lo flauto de lo valente Pellegrino Scarlatto, che così non solo salvò tutti da fine certa, ma procurò loro uno inarrestabile alleato ne la battaglia che di lì a poco si prospettava; giacché niuno de li nostri eroi avea intenzione alcuna di lasciar impunito lo Rognoso per l’affronto loro arrecato!


Rimesso in sesto lo carretto et raccolta ogni cosa utile lo gruppo si affrettò dunque su per la via che conduce al lo Monastero de lo Lupo et lì di presso, a la Grotta Parlante.
Giunsero lo girodì successivo, trovando lungo la via tracce di colluttazione tra li selvaggi Biro Biro et lo branco de la Lupa che avea, a giudicar da le carcasse, avuto la peggio.
Li nostri eroi, al cui seguito era Fra Ululone, irruppero annunciati da le verdi et letali fiamme alchemiche di Alburno et interruppero lo malefico rituale con lo quale Manomarcia intendea sacrificar li tre superstiti, Zano, Settimo et Stanobio per vincolar la fiera errante a lo suo volere.
Di lì esplose una gran rissa, tra Biro Biro, la Lupa, lo Vermone, oscure potenze evocate da cupe parole di potere de lo Rognoso, li nostri eroi et le litanie di Fra Ululone lo cui scopo era salmodiare fino a ricacciar la fiera oltre li invisibili cancelli da li quali proveniva.
Ne la battaglia lo buon Tristano quasi ci lasciò le penne quando cadde colpito da un incantesimo di morte di Manomarcia, ma l’eroico Magistro si lanciò nella mischia per soccorrerlo, venendo ferito ma riuscendo ne lo intento.
Mentre Ululone et i neo liberati superstiti tenevano a bada la feroce Lupa Abba invocando lo nome de lo Signore Senza Tempo, lo Vermone de la Bassa facea scempio de le carni de li Biro Biro in rotta et Frandonato, homo tutto d’un pezzo et ricoperto di metallo, mulinava randellate costringendo lo bieco Rognoso in un angolo.


Quando finalmente la Lupa Abba cadde, svanendo ne la nebbia che l’avea generata, Manomarcia tentò la fuga. Alburno, soddisfatto a sufficienza per avergli guastato i piani e dato la lezione che meritava, urlò di lasciare che scappasse ma lo frate in armatura non fu magnanimo come lo suo dio professa ed apprestati arco et freccia scoccò una saetta che trafisse ne la schiena lo nemico, lasciandolo stecchito.
Nessuno pianse per la morte de lo sgherro di Auriate, solo uno Biro Biro sopravvisse, ma anche li nostri eroi pagarono un prezzo, seppur lieve a confronto con la sfolgorante vittoria di cui eran protagonisti: Tristano rimase zoppo, colpito da lo incantesimo necrotico del nemico. Storia che in seguito non fece che aumentare la fama di eroe che lo buon Pellegrino si era caparbiamente meritato.


Seguì il concludersi de la vicenda, con ringraziamenti et festeggiamenti. Furon felici et riconoscenti tutti li sopravvissuti alla pugna et li frati del monastero, oltre ovviamente a lo Conte Gualfero di Epilorna che elargì ingente pecunia et pubblico apprezzamento.
Tutto era perfetto, Alburno avea anche convinto lo generoso Conte ad assoldarlo per risvegliar, tramite processo alchemico, lo potere sopito de le gemme de li brillocchi più puri de la sua corte. Frandonato avea denaro et fama sufficienti per poter far baldoria come più gli aggradava et Tristano, nonostante la zampa ferita, avea donzelle calde bramanti de le sue attenzioni… eppur tra tutte lui scelse quella sbagliata.


Lo scoprirono lo mattino seguente a li festeggiamenti, quando lo Conte di persona con li suoi cavalieri vennero a cercarlo con cattivi intenti.
Lo Pellegrino era saggiamente fuggito a cavallo già alle prime luci dell’alba, dopo una notte di fuoco con la Contessa.
Gualfero di Epilorna: CORNUTO.
Tutto ciò che avean fatto, rischiando l’arresto, la pellaccia et facendo mille sacrifici era così vanificato dalle irresponsabili voglie di un guitto di strada, dom non di nascita ma di fatto.
Lo gruppo lasciò di fretta li territori di Epilorna, non più gradito et con lo Magistro non ancor retribuito.


Lo ritorno a Zena fu perlomeno tranquillo. Frandonato comunque soddisfatto, Fidenzo taciturno come lo suo solito et con Alburno che non volle rivolger parola a Tristano per tutto lo tragitto.
Quando infine giunsero nuovamente da Ottavianus Firminus egli acconsentì, vista la buona riuscita de la missione affidata, a collaborare per ripristinare li studi su la Regola Aurea.
Sarebbe servito tempo, forse mesi, et così ognuno andò per la sua strada.


Ser Giorgius de lo Novo Popolo cadde in battaglia per mano de lo bandito Robolone.
Iulianus lo Pio Eremita fu una fugace apparizione e forse erra ancora per Laitia.
L’assassino Serafino, o Magellino, si abbandonò alle amorevoli cure di fanciulla in quel di Leceria.
Fra Frandonato da Tauria insegue lo suo scopo, le sue virtù, ma soprattutto li suoi vizi, dove più l’aggrada.
Tristano lo zoppo, o Pellegrino Scarlatto, si imbarcò per Pelopia, in cerca di uno mentore di arti arcane per scopi non ben precisati.
Lo Magistro Alburno, homo di grande virtute et conoscentia, rimase a Zena, immerso ne li studi alchemici, perfezionando la Regola Aurea di Ottavianus Firminus e perseguendo lo suo personale scopo di cui non è però ancor giunto lo momento di parlare.

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