mercoledì 31 dicembre 2014

Riconsacrazione






Una figura incappucciata si avvicina a Lukan ancora prima della fine del suo turno di guardia, è Andrej. Impaziente e desideroso di attende l'alba per poter pregare. Il suo volto, illuminato dalla torcia di Lukan, brilla di una gioia e di forza poichè arde del fervore della sua fede.

Appena Lukan entra al riparo dalla fredda notte invernale e dal vento freddo delle montagne, Andrej si inginocchia e posa davanti a sè l'arma che gli è stata donata.

"Signore del Mattino, nel silenzio di questo giorno che nasce, vengo a ringraziarTi di avermi dato la forza e avermi protetto sotto il Tuo mantello di luce in questo giorno cosi oscuro.
Mai prima d'ora mi ero trovato ad affrontare una tale creatura oscura, tale da spegnere nel cuore ogni speranza di vedere l'Alba. 

Ma grazie alla fede in Te ho superato la prova, sono passato attraverso l'oscurità, ho sentito il dolore del buio e della mancanza di speranza, ma sono rimasto in piedi. Come una fiamma nel buio, non ho vacillato e ho contribuito alla vittoria della Luce.
Oh Signore del Mattino, Calore del Giorno, in questo giorno ho trovato la fede in te e ho scoperto che vi sono molti alleati che parteggiano per la Luce. Pan Goe è un valido e potente alleato per la Luce, per la causa e per l'Alba; è stato lui a dare il colpo di grazia al demone che abbiamo combattuto e a dare soccorso a Kuzja. Mio Signore, potrò anche io un giorno avere tali poteri? So che con la fede in Te potrò continuare a portare la Tua Parola e distruggere ogni nemico della Luce."

I primi bagliori di luce appaiono all'orizzonte e un raggio punta su di Andrej. Il monach si inginocchia e solleva il maglio, ricevuto in dono dal nano dopo lo scontro, in direzione del sole.
"Rivesti della tua luce, Signore del Mattino, quest'arma; questo dono ricevuto che io riconsacro a Te con il nome di "Lampo del Mattino"
Infondigli la Tua benedizione per guidare il tuo popolo nella Luce della speranza e la Tua forza per proteggere i tuoi figli e scacciare la morte e la tenebra che li angosciano."

Detto questo dalle mani di Andrej sembra fluire un bagliore caldo che avvolge l'arma come sottili fili dorati. Il monach indugia ancora qualche momento con Lampo del Mattino ancora stretta in alto prima di portarla in posizione di attesa e iniziare le preghiere mattutine. E nel suo cuore la calda sensazione della forza della Luce.

martedì 30 dicembre 2014

Il Marchio e la Profezia





Al lento dissiparsi delle Nebbie lo spettacolo che si presentava agli occhi dei viaggiatori era cupo e
affascinante allo stesso tempo.
La strada proseguiva il suo percorso verso ovest mentre al crocevia un sentiero secondario scendeva a sud, nei meandri più oscuri del Passo di Svalich, dove il Villaggio di Barovia era annidato.
Un nutrito agglomerato di case in legno e pietra, robuste quanto rustiche, dai camini si sollevavano dense nubi di fumo scuro, dalle poche finestre non sbarrate, lasciate socchiuse fino a pochi minuti prima del tramonto, flebili lumi testimoniavano la presenza all'interno di anime altrettanto povere, la cui esistenza era scandita dal timido e frettoloso percorso che il sole durante le ore diurne azzardava al di là delle frastagliate cime dei monti.
I pochi che si azzardavano per la via affrettavano il passo per raggiungere il prima possibile la loro destinazione. Gli abitanti del piccolo borgo avevano imparato a convivere con il timore di ciò che li circonda, e prudenza e superstizione erano i loro dogmi sopra ogni altro credo.
La via principale arrivava a biforcarsi all'estremità opposta del villaggio, conducendo da un lato all'unico edificio che poteva mostrare una parvenza di sfarzo e benessere, la villa del borgomastro, la nobile Dama Atanasius, e dall'altro ad un massiccio ponte che attraversava il fiume Ivlis a poche centinaia di metri dalla sua sorgente: le Cascate di Tser.
Da lì il sentiero attraversava una piccola macchia di vegetazione che presto si diradava per lasciare spazio al vasto accampamento Vistani che si affacciava sullo stagno ai piedi del precipizio. In ogni ora del giorno e della notte decine tra lumi e falò brillavano intensamente rendendo il campo apparentemente ben più vivo e densamente popolato del villaggio poco distante, anche se in realtà gli effettivi occupanti erano poco meno di un quinto e molti di essi raminghi e soltanto di passaggio.
Sopra a tutto questo, osservando dal basso verso l'alto la cascata di Tser, le cui gelide acque si gettavano a precipizio per più di cento di metri, stagliato contro il cielo perennemente oscurato dalle nubi, aggrappato alle aguzze rocce dei monti Balinok, con guglie nere e mura merlate alte decine di metri, orribili guardiani di pietra immobili sui torrioni e stormi di pipistrelli in volo dalle grotte sottostanti, avvolto in un'aura di lugubre fama e superstizioso terrore, regnava sull'intera valle il Castello di Ravenloft, dimora del Conte Strahd Von Zarovic.

Ai piedi della cascata, sulla riva dello stagno, la vecchia Vistani tradusse in parole le immagini che avevano invaso la sua mente:

"Sangue versato. Anime dannate. Poteri a lungo dimenticati.
Il Corvo non vola più ma il suo gracchiare risveglia divinità perdute, condottieri e traditori.
La Disperazione porta Caos, il Caos genera Mutamento.
Il Corvo Disperato brama il Mutamento."

Furono le sue ultime parole, prima di svanire, come se lì, davanti agli occhi Astrid e Mircej, non fosse mai stata. Il fazzoletto che aveva ricamato però era ancora tra le mani del ragazzo e portava ricamato un simbolo ormai noto.

Lo stesso fazzoletto, a pochi giorni di distanza da quel momento, non era più in possesso dei figli di Lavinia. Presso il Circolo di Pietre degli Eterni Amanti, Roxolana delle Ombre portava con se la prova che gli Zarovan avevano qualcosa a che fare con la creatura strappata al Conte, giacché egli aveva impresso lo stesso simbolo sul collo.
I Mille Occhi avrebbero trovato interessante la notizia, ma forse qualcun altro prima avrebbe dovuto sapere, qualcuno che non voleva essere trovato...

mercoledì 17 dicembre 2014

Un Segugio ed il suo branco.





Cuzau e l'insegna dello Stregone Impiccato
La luce del giorno filtrava pallida attraverso le nubi. Il borgo di Cuzau pigramente percorso da gente dagli animi buii e dagli abiti scuri, intenti nelle faccende quotidiane di un insolitamente mite mattinata d'autunno.
Appena oltre le ultime case la carrozza prese la svolta a sinistra, invece di tornare verso il passo montano dal quale era discesa solo il giorno prima si diresse verso la vasta valle ad occidente, prendendo la larga via mercantile di collegamento con Teufeldorf e gli altri confini.

Sebbene consapevoli di poter cadere in una trappola, Kuzja, Andrej e Lukan avevano deciso di restare al fianco di Bogdan. Il giovane Lev Torosic prestava fede al suo incarico di assisterli, seguendoli senza far domande e rendendosi utile al meglio delle sue possibilità.
La compagnia di Peter era quantomeno bizzarra, l'uomo vestiva abiti molto pesanti, ben più caldi di quelli necessari per un autunno fresco ma non glaciale come l'inverno che si prospettava, i guanti fatti su misura coprivano mani che solo ad uno sguardo attento potevano apparire monche, la voce stridula si incastrava spesso su alcune parole, ripetendo sillabe in un balbettio simile al latrato di un cane.
Di quell'uomo nessuno si fidava, ma aveva reagito immediatamente al nome di Rannarth, Il Maestro delle Aquile, mostrando stupore ed interesse in Bogdan e rivelando di possedere ulteriori informazioni, chiedendogli più volte: "Come mai tu sei ancora vivo?".

A poche ore di viaggio da Cuzau la carrozza lasciò la larga strada lastricata per procedere nuovamente verso nord, lungo un percorso di terra battuta che portava verso una macchia di vegetazione. Gli alberi spogli con il loro intreccio di rami facevano da controsoffitto al cielo coperto di nubi, qualche animale selvatico rimase ad osservare il passaggio dei forestieri, altri, più cauti, corsero a nascondersi tra i cespugli rinsecchiti al primo accenno di rumore.
Tutte le terre di Barovia appartenevano al Conte, ma in suo nome boiari e nobili proprietari terrieri amministravano singoli appezzamenti. Le proprietà di una singola famiglia erano delimitate da confini naturali o, come in questo caso, da un muretto di cinta facilmente scavalcabile ed un vecchio cancello arrugginito e parzialmente divelto il cui emblema era ormai arrugginito ed illegibile.

Peter squittì: "La tenuta di caccia dei Buchvold Khkhkh! Siamo diretti alla villa in rovina". Kuzja fu bravo a nascondere la sorpresa di tale fortunata coincideza, ma la scoperta non diminuì la sensazione di sfiducia e dubbio nei confronti della loro guida, specialmente dopo che lungo il viale iniziarono a scorgere uomini e donne intenti nel tagliar legna, cacciare e cogliere radici.

Pate il Segugio
La villa era si in rovina, ma non abbandonata: "Chi sono quelli?" Chiese Andrej.
"Ci siamo stabiliti qui con la mia banda quando Lord Buchvold è fuggito. Khkhkh! La villa è stata saccheggiata ma nessuno ne ha reclamato la proprietà. Il mio gruppo aveva bisogno di un riparo. Khkhkh!" Rispose la loro guida.
"Gruppo? Che tipo di gruppo?"
"Khkh! Briganti. Siamo fuorilegge."
Il monach portò istintivamente la mano all'impugnatura del martello da guerra Tuono di Pietra, donatogli dal Vecchio Goe, vide fuori dal finestrino un paio di cacciatori rientrare con piccole prede ed arco in spalla, incuriositi dall'arrivo dei nuovi ospiti. In cassetta anche Bogdan, sempre guardingo, rimase in allerta, attento ad ogni improvviso movimento.

Quando la carrozza, trainata da quattro magnifici destrieri, uscì sul piazzale antistante la villa si era già radunato un piccolo drappello di rifugiati, perlopiù vestiti di pelli e cuoio, armati con accette, lance, archi e attrezzi da lavoro. Soltanto alcuni sembravano veri e propri combattenti, forse ex soldati o mercenari, o sciacalli abbastanza fortunati da esser riusciti a saccheggiare un cadavere fresco della sua cotta di maglia e arma bianca.
Il viaggio terminò con mezzo giro attorno ad una grande fontana rotonda non più in funzione, direttamente ai piedi di tre scalini a mezzaluna in prossimità dell'ingresso principale della Villa dei Buchvold.

Subito alcuni curiosi iniziarono ad avvicinarsi da ogni direzione, fu una donna a parlare, vestita di lana e pellicce, dal volto sporco, scarno e posticci capelli color paglia, si rivolse all'unico volto noto tra quelli appena giunti: "Pate! Chi ci hai portato? Dobbiamo imprigionarli?"
L'uomo si affrettò nel saltare in terra: "Khkhkh! NO! No, sono ospiti, non prigionieri! Bella carrozza vero? Khkh!"
La donna si limitò a fare una smorfia ed un cenno di alt verso gli altri suoi compagni che avanzavano con le armi in mano. Ubbidirono restando ad osservare.

Bogdan raggiunse Pate smontando dalla cassetta e anche gli altri uscirono allo scoperto, Andrej tenendo saldo in pugno il Tuono di Pietra, Lukan col volto in ombra sorreggendosi al bastone nodoso.
"Dovreste... khkhkh ...consegnare le armi e poi seguirmi dentro." Squittì il loro ospite.
"Non ci penso nemmeno." Ruggì Andrej mentre Kuzja alzava le braccia dimostrandosi completamente disarmato.
L'imponente monach in assetto da guerra non invogliava i briganti a farsi sotto, ma il loro numero attorno al gruppo iniziava a crescere e assieme alle lame iniziarono a sollevarsi anche archi e balestre.
Pate fece un cenno per calmare gli animi, invitò Bogdan a seguirlo: "Tu seguimi, khkhkh! Gli altri possono accompagnarci se disarmati. Altrimenti aspettateci qui."
Varcò la soglia della villa e gli fece seguito anche Kuzja, chiusero la fila due degli uomini di Pate.

L'interno dell'edificio era spoglio di ogni oggetto di valore, l'ampio ingresso era stato svuotato di ogni mobile, espropriato o nel peggiore dei casi utilizzato per rinvigorire le fiamme di qualche falò notturno. Il portone dava su una elegante scala che da un pianerottolo si divideva in due collegando il pian terreno con le due ali della balconata al primo piano. Salendo sulla sinistra Pate guidò i due ospiti in quello che un tempo era lo studio del padrone di casa, il Kapetan Emilian Buchvold.

Al contrario di quanto visto in precedenza la stanza presentava ancora un'ombra di arredo. La libreria era stata saccheggiata di ogni tomo di valore, il resto giacevano in terra trasformati in fogli sparsi e accartocciati, al posto di quella che un tempo doveva essere una scrivania degna di un Lord era stato sistemato un barile su cui era poggiata una tavola di legno. Pate si sistemò dietro di essa facendo cenno a Bogdan e Kuzja di accomodarsi.
I due energumeni attesero il loro ingresso sistemandosi poi accanto la porta d'ingresso, lasciata aperta per via dei cardini divelti.
Pate non poté fare a meno di notare come lo sguardo dei suoi ospiti fu subito calamitato dal dipinto alle sue spalle: la tela occupava quasi metà parete, un'opera troppo scomoda da trasportare, era stata lacerata nel mezzo per verificare che non ci fossero vani nascosti sulla parete. Raffigurava due soggetti in primo piano, il padrone di casa Emilian Buchvold ed accanto a lui una bambina di circa dieci anni dai capelli corvini arruffati, alle loro spalle, stagliato contro un cielo notturno, era raffigurato un edificio sontuoso, immerso nella vegetazione da cui torri e guglie si slanciavano oltre le cime degli alberi.

Quel dipinto lasciava poco spazio ai dubbi, la bambina aveva gli stessi tratti della loro compagna di viaggio rapita dai Vistani.
"Martha!" si lasciò sfuggire Bogdan a labbra serrate.
Kuzja annuì e Pate si voltò ad osservare i tratti per poi scrollare le spalle: "Khkhkh! Vogliamo iniziare?"

All'esterno della villa, nel frattempo, Lukan e Andrej sorvegliavano la carrozza tenendo alla larga i curiosi che continuamente gli si avvicendavano intorno. Il richiamo improvviso di Lev li fece quasi sobbalzare: "Ehi! Che stai facendo?"
Entrambi si affrettarono per raggiungere l'altro lato del trasporto dove uno dei briganti era stato colto dal ragazzo a curiosare di nascosto tra la loro roba.
"Via di lì! Subito!" Tempo di metter mano alle armi e si accorsero che gli abitanti del luogo erano tutti attorno a loro, più vicini di prima, in un cerchio che continuava a stringersi e sensibilmente più minacciosi...

venerdì 12 dicembre 2014

Sprofondati nel buio

Abbiamo appena ucciso Mor-Malakar, o meglio il suo corpo mortale. In realtà era una specie di marionetta comandata dal demone che si diverte ad infestare le vite di Ghakis con le sue manifestazione provenienti dal mondo d'ombra. Privo di emozioni Mor-Malakar ha combattuto come una furia senza provare dolore sino a che non è crollato sotto i nostri colpi. Pan Goe si riappropria del suo maglio tonante, strappandolo dalle spoglie del suo nemico mentre noi spalanchiamo le porte della sala ove si trova la tanto agognata campana di Goe.

Buio come neanche nella piú tetra delle notti baroviane. Anche la luce del Signore del mattino portata da Andrej non riesce a penetrare la coltre oscura che riempe questa sala dimenticata: a malapena illumina il volto del monach con una luce pallida e sbiadita, tremolante nell'oscuritá che sembra inghiottirla da un momento all'altro. La malvagitá è quasi palpabile nella sala mentre brancoliamo in fila seguendo Pan Goe, diretti verso la campana che dovrebbe spezzare i malefici che infestano questo monte e la sua valle. Ogni passo nel buio accresce l'inquietudine sino a quando improvvisamente il demone d'ombra si manifesta ai nostri occhi : un'ondata di paura e crudeltà sovrannaturale ci investe, gelando innaturalmente l'aria intorno a noi. Il terrore pervade i nostri animi: io, Andrej e Goe resistiamo, aggrappandoci alle rispettivi divinità che ci danno la forza per continuare ad avanzare; Bogdan e Lukan invece, sopraffatti dal terrore, si staccano dal gruppo scappando verso l'uscita.

Noi continuiamo l'avanzata spinti dal nano ma veniamo rallentati da delle creature che prendono forma dalla coltre oscura che ci circonda. Attaccati da queste creature d'ombra perdiamo contatto con Goe che continua la sua cieca avanzata, attratto inesorabilmente dalla campana. Disuniti, feriti e sperduti al buio in questo posto dove le nostre divinità sono solo echi lontani, io ed Andrej continuiamo a lottare fianco a fianco per spirito di sopravvivenza. In lontananza udiamo Pan Goe lottare con il demone che infesta la montagna: il nano da vita ad uno scontro mortale con la sua nemesi il cui esito è a noi ignoto, scandito solo dai rintocchi della campana scossa dai due contendenti.



Nel frattempo scacciamo le creature d'ombra che svaniscono nel nulla da cui erano venute e riusciamo a ricongiungerci con Bodo e Lukan, quando la voce del demone tuona nella sala: "Se non tu moriranno i tuoi compagni!"
Il buio sembra prendere forma, esplodendo tutto intorno a noi in un inferno di fiamme cieche che mordono e dilaniano la nostra carne. Un improvviso ed insopportabile dolore che non pensavo possibile mi attanaglia le membra e l'anima. Il dolore lancinante mi accompagna solo pochi attimi, poi tutto inizia ad abbandonarmi e scivolo nella più completa e silenziosa oscurità. A quel punto non c'è altro che sordo buio: non c'è più il mio corpo, non ci sono più i miei compagni, non ci sono più suoni, forse non c'è neanche Hala.
Buio, solo buio ...

venerdì 5 dicembre 2014

Preda e non cacciatore

 
Assalito dai pensieri mentre la pioggia batteva sul suo mantello, se ne stava, per avere una visione
migliore, rannicchiato su di un albero, il freddo mordeva il suo viso e l'umidità iniziava a farsi sentire. Adesso Bodo rimpiangeva il caldo tepore del focolare di casa Grau. C'era poco tempo per riflettere e per tornare indietro nel tempo con i ricordi, era veramente solo questa volta, solo ed in una situazione pericolosa. Cercando di trovare del buono in quel contesto, pensava tra se e se, che tutto sommato tra tutti i suoi compagni era quello più abituato ad una siffatta situazione, sapeva che se qualcuno poteva farcela era lui. Si strinse nel mantello guardando la mandria di "oscuri", aveva deciso di chiamarli così, che senza apparentemente una ragione valida si aggiravano per le strade della cittadina. Dentro di se sentiva riecheggiare gli insegnamenti ricevuti, sapeva cosa avrebbe dovuto fare, sapeva che sarebbe stata una lunghissima notte, sapeva che lo attendevano lunghe ore di terrore, come se non bastasse la notte baroviana, ed il clima impietoso del paesaggio montano. Bogdan sapeva che non poteva mollare, la stanchezza era un lusso che non poteva e non doveva permettersi, la paura doveva essere un monito per tenerlo lontano dalla rassegnazione e dalla distrazione. I suoi sensi questa volta avrebbero avuto il massimo dell'attenzione, si sarebbe fatto guidare da essi.
Il suo cuore si era fermato nell'attimo in cui riecheggiando il rintocco della campana il paesaggio intorno a lui era cambiato ancora una volta, il sollievo di vedere quel pover' uomo martoriato in salvo si era tramutato in orrore scorgendo e relizzando allo stesso modo che situazione si stava delineando intorno a lui. La notte era appena iniziata e con essa la grande caccia, ma questa volta era lui la preda e non il cacciatore.

domenica 30 novembre 2014

L'urlo soffocato di Aratash




Ancora quella sensazione di labile oppressione. Il Corrotto poteva sentire la minaccia nonostante avesse annichilito il suo bersaglio.
Avrebbe dovuto, avrebbe voluto dargli il colpo di grazia ma qualcuno si era intromesso, un nemico che non aveva saputo gestire, un guerriero che aveva saputo fronteggiare ogni sua mossa e col quale era stato costretto a scendere a patti per salvare la sua stessa vita.
Le piccole ed odiose creature maligne che lo adoravano come una divinità lo seguivano meste, lui si trascinava con la ferita al costato che pulsava fitte di dolore lancinanti, una volta tornato al suo rifugio si sarebbe medicato e avrebbe pianificato la sua vendetta, ma ancora quella sensazione di oppressione e minaccia non lo abbandonava. Il suo simile era davvero così potente? Celava un potere tale anche dopo essere stato ridotto in fin di vita? Eppure l'aveva sconfitto così facilmente, Aratash era più potente, la terra ed il fuoco gli obbedivano, ma perché sentiva ancora così vicina la presenza del suo antagonista?

Se ne accorse troppo tardi, i quattro smidollati al suo seguito non lo capirono nemmeno allora, quando la belva balzò tra i contorti tronchi della foresta non si udì nulla, se non il tonfo di due corpi che atterrano all'unisono sul tappeto di foglie e rami secchi.
La fitta al costato scomparve per un attimo nell'istante in cui due nuove ferite si aprirono sul corpo martoriato di Aratash. Il braccio aveva fatto da scudo alla gola ma sgranando gli occhi incredulo poté vedere le affilate zanne del felino, nero come un incubo, penetrargli nella carne e martoriarlo senza pietà. Alle sue spalle le grida dei suoi piccoli, inutili servi erano un misto di terrore e dolore, uno fuggì subito, agli due caddero un istante dopo, l'ultimo venne selvaggiamente sgozzato da un secondo nemico, predatore notturno.

I sensi non lo abbandonarono ancora per qualche istante terminato il breve scontro. Due pantere giravano attorno al suo corpo inerme, studiando la preda sconfitta, preparandosi ad azzannargli la giugulare. Com'era possibile? Non vi erano animali del genere nel suo bosco e nessuna creatura nata dalla corrotta natura di Barovia avrebbe osato aggredirlo in quel modo nel suo territorio. La sensazione di oppressione non lo abbandonava, la sua vita stafa fuggendo ed anche il suo legame gli veniva lentamente strappato, ma la mente era offuscata, il sangue sgorgava a fiumi e strozzava ogni parola sul nascere.

Aratash capì soltanto quando il più grande dei felini fu sopra di lui, accarezzando la pelle di mannaro, con la quale il caliban si ornava, con dita rosee, pallide, non più artigli animali. La pantera si tramutò sotto il suo sguardo in una diafana creatura dall'aspetto angelico e ferale, dalla voce crudele e soave:
"Aratash... povero, stupido Aratash... il signore dei folletti maligni e dei boschi spogli"
La donna rise appena carezzando il volto del druido caduto:
"Hai fallito due volte questa notte, ma non temere, questa sarà l'ultima, i Molti Occhi non ti sono mai stati lontani, Reietto, ma adesso abbiamo scoperto che c'è qualcun altro, assai più interessante di te"
Lo shamano tentò una reazione sollevando il braccio, ma la donna non ebbe bisogno di far nulla, la seconda pantera morse e placò ogni intenzione di rivolta.
"Davvero quel cucciolo ti spaventava tanto? Tanto da rischiare tutto pur di eliminarlo? Tanto da credere che fosse il suo potere a minacciarti e non il mio?"
Rise di nuovo:
"Sei uno sciocco Aratash, non conosce il suo potere, non conosce le sue origini, non controlla la sua indole... forse nemmeno ricorda il suo nome. Non era lui il tuo nemico."
Si alzò sfoderando nella notte la sottile lama di un falcetto d'argento:
"Non lo eravamo nemmeno noi... Ma tu hai voltato le spalle ai Molti Occhi e... bé... preferisco non rischiare che tu un giorno possa diventare una preoccupazione."

La lama d'argento descrisse un arco nell'aria gelida della sera, il sangue del Reietto si sparse attorno, su terra, tronchi e piante che bevvero avidi:
"Che la nebbia accolga il tuo spirito e le creature della notte possano saziarsi con le tue carni. I Molti Occhi si chiudono su di te, Aratash, Figlio di Barovia."

Le due assassine dal manto nero scomparvero nella notte, rapide e silenziose com'erano giunte, portando con se un cimelio dal cadavere del druido caduto.

mercoledì 19 novembre 2014

Io sono Bogdan


Di ritorno dallo scontro al cimitero, avendo scongiurato il rituale della progenie, stanchi e con equipaggiamento inadeguato ad un nuovo scontro, ci apprestavamo a rientrare in casa, quando il solito antagonista di Lukan sembra richiamarlo. Io e Kuzja saggiamente decidiamo di riposarci prima di rischiare di avventurarci di notte, in una foresta ed inseguire e probabilmente finire in un imboscata. Lukan come colpito da un fervore atavico si getta all’interno della foresta in barba ad ogni logica e strategia che inutilmente io e Kuzja stiamo cercando di raggiungere anche per abituarci a combattere fianco a fianco tra di noi.
Andrej segue il druido senza farsi troppe remore nonostante sia io che l’incantatore cerchiamo di richiamarli alla ragione, ed è la seconda volta che mi trovo a fronteggiare una situazione simile. Adesso la misura è colma, Barovia è un territorio pericoloso, troppo rischioso girare di notte, figuriamoci infilarsi in una fitta boscaglia seguendo il palese richiamo ad una trappola.
I miei mentori mi avrebbero fustigato per un tale comportamento, votare la propria vita all’esplorazione, cercare di affinare i sensi passando ore in meditazione, bendato per acuire l’udito, o passare ore a scrutare nel buio per cercare di abituare la vista a tale situazione, mi chiedo se effettivamente sia servito.
Cercare di non finire in trappole, ed anzi tendere a nostra volta agguati è il motivo per il quale ho speso tutto il tempo del mio addestramento, vedere saltate sistematicamente i miei sforzi in tal senso mi provocano un senso di rabbia e frustrazione. Io non rischierò la mia vita per tali stupidi comportamenti, nè mi lascerò adulare dall’esito favorevole di alcuni scontri o dalle melense parole di alcuni procacciatori di tesori atte a convincermi di essere diventato un eroe.
Io sono Bogdan, figlio di non so chi, umile contadino cresciuto nell’odio e nel pericolo, io sono un animale ferito che vaga cercando di salvare se stesso e chi ha vicino, e se possibile cercando di mettere un freno a piani che potrebbero causare del male. Io sono Bogdan non sono un eroe, non sono un codardo ma nemmeno uno stupido.

venerdì 7 novembre 2014

Faccende in Sospeso - Riassunto





- Giorno 12
Kuzja giunge al sanitario di Hala, viene accolto da una guaritrice di nome Dani che lo introduce all'accolita che fa da portavoce alla Madre Yleana, la giovane e bellissima Nerissa. Kuzja viene ospitato ed in cambio aiuta nel sanitario ad occuparsi dei feriti e malati.

- Giorno 13
I Vistani come previsto lasciano il campo all'esterno di Vallaki.
Kuzja identifica gli oggetti trovati nella Cripta di Quinn Roche, poi riprende a dare una mano in sanitario e scopre assieme a Dani che molti pazienti condividono una intossicazione, mandano un ragazzo a prendere un campione dell'acqua del pozzo da cui si abbeverano.
Andrej e Lukan, finito di sistemare la casa vanno in cerca di un fabbro e si fanno valutare la spada a due lame trovata e riparare le armature. Non trovano Lavinia ed i ragazzi in casa, l'emporio è chiuso. Notano un capannello di gente all'esterno della cittadella. Yarosh Pushka, comandante dei Gargoyle d'Ebano, fa il suo ingresso insieme ad un drappello di uomini del Conte.
Bogdan nel frattempo ispeziona il bosco dopo gli eventi della sera prima, segue le tracce di sangue e trova una radura con molte impronte. Cerca di ricostruire l'aspetto della creatura che li ha minacciati la sera prima ma ne esce un disegno piuttosto grottesco di un essere antropomorfo molto alto, con piedi piccoli e testa molto grande a giudicare dai morsi trovati sulla carcassa della capra.
Si riunisce agli altri due e riferisce delle sue scoperte, subito dopo passano anche a controllare la bacheca del Mostro del Lago e trovano un messaggio di Nicholas Van Richten, decidono di avvisare Kuzja e si recano al Sanitario.
Kuzja conviene con loro di sentire il Cacciatore di Vampiri di che tipo di aiuto ha bisogno, ma mentre fa per salutare i suoi compagni viene interrotto da Dani che lo convoca da Nerissa. L'analisi dell'acqua del pozzo ha rivelato una contaminazione di qualche tipo, l'Accolita chiede al gruppo di dare un'occhiata e loro accettano.
Kuzja rimane al tempio mentre gli altri parlano con Van Richten alla locanda. Il Cacciatore parla loro di un incontro, da lì a due giorni, nel cimitero di Vallaki in cui verranno iniziati alla setta nuovi adepti, chiede aiuto per interrompere l'incontro segreto e catturare la progenie vampirica, si accordano per vedersi prima del tramonto, dopo due giorni, fuori dal cimitero.
La sera trascorre stavolta tranquilla e il gruppo si corica a casa Grau (Kuzja nel Sanitario).

- Giorno 14
Andrej e Lukan ritirano le armature riparate dal fabbro di Vallaki, insieme a Bogdan vendono la spada, si fanno fare una nota di credito e si riequipaggiano.
Si incontrano con Kuzja e vanno ad ispezionare il pozzo. Discendono con una scala a pioli, trovano il corso d'acqua da cui la fonte attinge e lo seguono in una stretta galleria che ad un certo punto si apre su un cunicolo laterale, scavato rozzamente da poco. Immersi nell'acqua ci sono diversi cadaveri decomposti, una creatura che Kuzja identifica come non morta si solleva e fugge rimanendo al limite del loro campo visivo, poi sparisce nell'oscurità.
Il gruppo la segue attraverso il cunicolo scavato di recente e raggiunge una pila di cadaveri più grande, contenente decine di corpi e soprattutto centinaia di ratti che all'avvicinarsi del gruppo lo aggrediscono.
Bogdan e Andrej vengono letteralmente sommersi dalle creature e impiegano molto tempo per liberarsene, rischiando di riamanere sbranati vivi.
Quando finalmente i ratti si disperdono il gruppo si fascia le ferite grazie all'intervento dei miracoli di Kuzja e prosegue fino a trovare dei corridoi, stavolta murati e mattonati che proseguono in più direzioni in un dedalo sotterraneo molto vasto. Decidono di non proseguire per non perdersi, tornano al Sanitario e riferiscono a Nerissa la situazione, convengono che sia il caso di rimuovere i cadaveri e murare il corso d'acqua in modo da isolarlo dal resto del complesso, cosa di cui si occuperanno direttamente i fedeli di Hala insieme ad altri volontari nei giorni successivi.

All'ora di pranzo, nella piazza di fronte alla cittadella viene allestito un palco, viene annunciato che il Comandante Yarosh Pushka prenderà il comando nel borgo vista la malattia e l'indisponibilità di Nicolai Iolenus, inoltre viene giustiziato Monach Taras di Zeidenburg, colpevole di tradimento ai danni del Conte e vengono liberati gli altri monach dello Specchio dell'Alba tenuti prigionieri insieme a lui, scagionati dalla confessione di quest'ultimo.

Bogdan esplora da solo la foresta in prossimità del pozzo in cui si sono calati, individua un ghoul che vaga solitario in zona, riesce a nascondere la sua presenza ma non rischia un attacco diretto. Lo segue finché può vedendolo sparire in direzione del cimitero.

Kuzja al Sanitario racconta tutta la sua storia, marchio compreso a Nerissa, che decide di farlo parlare con la Madre Yleana. L'anziana gli parla del Ministro di Hala e della Radura dei Sogni Infranti, ma contrariamente a quanto Kuzja si aspetti, invece di offrirgli supporto, gli dice che dovrebbe allontanarsi per non mettere a rischio il suo sanitario e la gente che presta servizio al suo interno.
Nerissa è molto amareggiata dalla cosa, saluta Kuzja facendogli dono di un paio di guanti bianchi di velluto, con ricami verdi smeraldo, simili alla veste che indossa.

Il gruppo, di nuovo riunito a casa Grau, si corica dopo il tramonto con l'idea di accelerare il più possibile la partenza da Vallaki.

mercoledì 5 novembre 2014

Sopravvissuto



La notte per quanto agitata finì di passare, la stanchezza al mattino riportò alla mente di Bogdan il periodo degli addestramenti al campo Roboris, quando non c'era riposo e non c'era tregua. Mai nella sa vita aveva provato tale spossatezza, mai nella sua vita avrebbe creduto capace il suo fisico di rispondere a tali sforzi. Eppure il tempo passava ed ogni mattina sentiva sempre meno dolore, passava il dolore ai muscoli ormai allenati a tal isforzi e passava il dolore per l'abbandono a cui era stato costretto per ben due volte.

Bogdan non amava parlarne, non era un tipo loquace, men che meno lo era se si trattava di parlare della sua storia, non ne andava fiero, non era orgoglioso, daltronde raccontare a degli sconosciuti di essere un trovatello che non era riuscito a farsi amare abbastanza da non venir abbandonato anche dalla sua famiglia adottiva non era una cosa semplice.

Ripensandoci ancora il cuore gli faceva male, gli occhi erano ormai stanchi di versare lacrime inutili, e le nocche dei suoi pugni immancabilmente serrati, tradivano un dolore che non sarebbe mai passato. Nessuno avrebbe potuto capirlo fino in fondo, a che sarebbe servito raccontarlo ?

L'amore non esiste per sempre , l'amore è una linea spezzata di attimi felici che immancabilmente finiscono per dar spazio ad altro. Bodo si sentiva così , svuotato, apatico ed incapace di provare sentimenti che non fossero l'odio per chi volesse interrompere la sua giovane vita.


Per questo non gli fu difficile avvicinarsi ai suoi nuovi maestri, forse perchè un unico filo conduttore li univa, erano sopravvissuti e lottavano ogni giorno per sopravvivere, in questo erano molto bravi e solo questo sapevano fare, il mondo senza una battaglia da affrontare, evitare o scongiurare sarebbe stato un mondo troppo semplice nel quale vivere, un mondo non per loro.



Un animale lo sa, un animale si sveglia sapendo che contando su se stesso arriverà a fine giornata, che contando sulle sue conoscenze scapperà dal predatore più forte, che grazie al suo istinto ancora una volta potrà fregiarsi del titolo di sopravvissuto.

giovedì 23 ottobre 2014

Ricordi di cenere

Un altro incubo, il solito incubo. A volte ho la sensazione che la mia vita sia rimasta ancorata a quel terribile giorno in cui fui strappato agli affetti della mia famiglia. L’immagine di mia zia ammazzata brutalmente davanti ai miei occhi, nella stessa stanza in cui mi stavo nascondendo, le urla strazianti dei miei genitori mentre venivano trucidati dalle guardie venute a prendermi: quei pochi minuti in cui la mia vita cambiò drammaticamente ed irrimediabilmente ricorrono in maniera frenetica alla mia mente in questa nuova fase della mia vita. Insieme agli incubi, preannunciati dall’ immagine onirica di un occhio di vetro incrinato e sanguinante che ricorda l’insegna del negozio di mio padre e mio zio, riemergono anche altri ricordi che sento di dover mettere nero su bianco.


Per anni invece quegli incubi hanno giaciuto sopiti nei reconditi della mia mente: non c’era spazio per il dolore, per la commemorazione e neanche per la rabbia. O meglio tutti questi sentimenti, ancora inesplorati, erano li in attesa come brace pronta a bruciare sotto uno strato di cenere. Ma in quel momento, prigioniero insieme ad altri ragazzi che condividevano un destino simile al mio, prevalse lo spirito di sopravvivenza. Sarà forse per questo che di quel periodo non ho che frammenti di ricordi: i volti dei ragazzi che erano con me, qualche scorcio di quei luoghi che opprimevano la mia libertà, i miei pensieri e la mia anima.


Ricordo ancora l’immensa gratitudine che provai per quei prodi cavalieri che mi liberarono e l’immensa gioia susseguente provocata dalla sensazione di libertà, dalla cavalcata a perdifiato, dalla fredda ed umida notte baroviana she sferzava il mio viso. La gratitudine nei confronti di quegli uomini e di Emilian Buchvold, l’artefice della mia liberazione, è ancora oggi intatta. La gioia durò invece poco, soppiantata presto dal dolore e dalla rabbia per la perdita dei miei cari e per il destino crudele che pensavo mi fosse riservato. Fu come se quella improvvisa ed inaspettata notte di libertà avesse alimentato violentemente quei sentimenti sopiti, che avvamparono tutti d’un tratto in quel ragazzino insicuro e disorientato che ero all’epoca. Ancora non sapevo che in realtà stavo per incontrare la mia guida, la mia salvezza, il balsamo ad ogni sofferenza e fonte suprema di saggezza.


Lucius Volkov
Lucius Volkov
I primi mesi in quella che imparai a chiamare casa non furono però certo idilliaci anzi furono piuttosto difficili. Ero timoroso e reso rabbioso dalle tragedie patite, pensavo di essere finito in un’altra prigione sebbene decisamente più confortevole ed accogliente. Passavo la maggior parte del mio tempo con Lucius, ma il nostro rapporto all’epoca era assai burrascoso: io ero scostante ed inquieto, lui severo e spocchioso faceva pesare la sua maggiore età ed anzianità. Col tempo però imparammo a conoscersi, a rispettarci e a studiare insieme. Lucius fu prezioso nell’aiutarmi a muoveri i primi passi negli studi e la nostra collaborazione durò a lungo, almeno finché la mia educazione fu presa in carico direttamente dal Ministro e da Sephir.


Ministro di Hala
Ministro di Hala
Gli insegnamenti del Ministro e di Sephir non erano affatto facili : ricordo come il più delle volte mi sembravano concetti astrusi ed inafferabili. Col tempo però i primi insegnamenti dei maestri iniziarano a far breccia, iniziando anche a placare le mie angoscie ed a calmare il mio animo.
Che meravigliosi anni che furono, ogni giorno si schiudeva un apprendimento o un segreto che mi avvicinava sempre più alla Dea. Il Ministro, Sephir, Lucius e gli altri discepoli divennero la mia famiglia ed il convento di Hala la mia casa.

Sephir Maestro della Trama
Sephir Maestro della Trama
I riti, le ore di meditazione, le veglie, il servizio al sanitario, lo studio della natura e della magia e del loro intreccio che è alla base di tutto si susseguirono incessantemente per mesi ed anni sino al giorno in cui non ebbe luogo il mio rito di comunione con la Dea. Il solo rievocare quei momenti, metterli su carta, per quanto velleitario ed utopistico sia provare a descrivere sensazioni così ultraterrene, mi solleva dalle vicessitudini e dalle ansie di questi giorni. Quel giorno ho abbracciato la Trama e con essa l’energia che fluisce nella natura tutta ed improvvisamente ogni mia sofferenza era sparita, il dolore e la rabbia nuovamente sopiti sotto la cenere.

Dopo il risveglio nella carrozza assieme ad i miei nuovi compagni però la cenere si è tramuta nuovamente in brace e sento che presto la sofferenza e la rabbia divamperanno senza freno. Non voglio dimenticare il mio passato, ma non posso abbandonarmi ora alla disperazione o alla commemorazione. Ho bisogno che Hala plachi ancora una volta il mio dolore, ho bisogno che mi calmi cosicché io possa capire il mio destino. Ho bisogno di riabbracciare la mia vecchia famiglia, prima di partire per un lungo viaggio con la mia nuova famiglia.