Era una sera qualunque nella locanda gremita; viaggiatori infreddoliti dalla pioggia battente si erano rifugiati nella grande sala per crogiolarsi al tepore del fuoco e trovare conforto in una pinta di spumosa birra scura. Le risate non erano di certo molte, La Tempesta del Caos ha lasciato una traccia troppo evidente sul popolo dell'Impero. Per quanto le regioni meridionali siano rimaste fuori dal conflitto principale bande di uominibestia, cultisti e briganti piagano tutte le regioni. I soldati di professione avvertono la stanchezza e i coscritti sono stremati ma, cosa più importante, tutti vogliono tornare alle proprie case. E' questa la vera bandiera che tiene unite ancora le truppe: la speranza di poter tornare a vivere come prima dell'arrivo di Archaon.
Il
grande camino crepita e schiocca come una frusta quando il grasso di
grosse salsicce cola sul fuoco e la brace; l'oste sonnolento e annoiato
pulisce i boccali di peltro e di legno con movimenti lenti e regolari,
quasi ritualistici. Una timida melodia di liuto comincia ad accompagnare
il lieve brusìo.
Nessuno
si accorge della figura che striscia dalla finestra della cucina; la
moglie dell'oste, padrona severa della cucina, è distratta nella
dispensa; l'ombra gocciante di pioggia scivola per le scale che portano
in catina come un velo silenzioso e oscuro; le tracce si perdono
nell'acqua che la cuoca rovescia continuamente dai grossi pentoloni di
zuppa di patate.
La
cantina è buia, illuminata solo da un fascio proveniente dalla cucina,
una lama di luce sufficiente per scorgere l'ombra che armeggia con le
botti della birra.
"Pochi
grammi ognuna, solo pochi grammi ognuna" sussurra l'oscuro figuro
mentre versa un pizzico di polverina in ogni botte. Dopo aver finito si
rintana nell'angolo opposto e aspetta paziente come una statua dalle
forme indiscernibili.
Più
la pioggia cade, più gli avventori sono cupi e più questi ultimi
bevono; l'oste percorre le scale della cantina molte volte e molte volte
riempie caraffe destinate alla sala comune, ignaro è l'uomo dell'ombra
che lo osserva dall'oscurità come sono ignari gli ospiti della locanda
mentre trangugiano la bevanda che molto poco conforta i cuori tristi
provocando solo torpore momentaneo alla mente.
Il
tempo passa e al rumore battente della pioggia si odono i tonfi dei
corpi che cadono. I colpi sordi cessano e passano lunghi minuti
silenziosi; l'uomo d'ombra guarda il soffitto della cantina ridacchiando
soddisfatto avviandosi verso le scale che portano alla cucina. Ogni
passo sulla pietra equivale al rintocco dell'orologio che decreta il
tempo rimasto agli avventori della locanda.
Fuori la locanda ombre scure si radunano sotto la pioggia, alcune ciondolanti, altre veloci come fugaci pensieri di paura.
La figura ammantata si fa sulla porta.
"Portateli in cantina aspettate che si sveglino."
Con
pazienza i burattini scarnificati si adoperano per il loro signore, con
diligenza e pazienza obbediscono ai suoi ordini perché sanno che presto
la loro fame potrà essere placata.
La
cantina si illumina di fioche luci di candela che proiettano ombre
contorte e movimenti spaventosi. Uno degli ospiti della caverna si
contorce di dolore su un empio tavolo di pietra che una volta ospitava
formaggi stagionati ed ora è solo un altare di depravazione. Rivoli di
sangue ricoprono la lastra, una ragnatela rossa cui solo gli dei oscuri
possono apprezzare. Il vento nero della magia comincia a permeare la
cantina mentre l'uomo cantilena e con precisione chirurgica tagliuzza
l'uomo in vari punti per non farlo morire subito ma permettere un lento e
costante dissanguamento.
L'uomo sta per morire, la droga lenisce il dolore in un certo qual modo ma l'istinto di sopravvivenza rende nuovamente cosciente la mente facendo piagnucolare la vittima sacrificale.
Il Negromante finisce di cantilenare e guarda il suo operato, gli occhi spiritati della lucida follia brillano compiaciuti:
"Shhhh" pronuncia dolcemente mentre pone le sue labbra sulla fronte della vittima baciandola.
"E' grazie a te che avrò altri figli da accudire, è grazie a te che lo sforzo non sarà vano. Mille grazie figliuolo."
Il
Negromante si volta e lascia la sua vittima a morire notando che pian
piano qualcuno degli uomini sopiti si sta ridestando. Guarda i suoi
servitori aprendogli le braccia "Stanno rinvenendo figli miei". Abbassa
le braccia e scosta quattro degli ospiti in un angolo.
"Quando
questi quattro saranno svegli divorate gli altri" il tono diventa
quello di un amorevole padre "tenete da parte qualcosa ed uccidete gli
spettatori, quando si sveglieranno avranno fame. E noi non vogliamo
soffrire la fame vero? Bravi i miei figli, non vorrei punirvi per la
vostra ingordigia."
Così
come la figura era arrivata, ora si fa sulle scale percorrendo i
gradini per andarsene improvvisamente voltandosi come se stesse per
dimenticare qualcosa "oh, figli miei, aspettate che siano ben svegli e
mangiate con calma; devono essere ben svegli. Chiudete bene quando avete
finito." Gli occhi divengono due sfere di fuoco per l'ardore compresso
al loro interno. Con passi lenti e cadenzati la figura si allontana
dalla cantina, passa la sala comune ed esce; la pioggia è lievemente
diminuita ma permane un lento e costante canto delle gocce che si
infrangono contro tutto e tutti. Il mondo è calmo e in pace, armonizzato
da questa canzone della natura ma ad un tratto un urlo squarcia la
notte e spezza il rumore lieve della pioggia e a questo urlo se ne
sommano altri. Urla disperate, di dolore e sofferenza, di cieca follia
che coglie solo gli individui che osservano uno spettacolo capace di
spezzare la mente. Le urla continuano a lungo mentre l'uomo oscuro sotto
la pioggia parla alla sua stessa persona "Bravi e ubbidienti…come
sempre".
Le
orme si perdono nel fango mentre la figura si allontana nella notte;
finite le urla i morti, eccitati dal banchetto, distruggono i mobili
della locanda e si affaccendano per seguire gli ordini del proprio
signore sigillando la cantina con assi, chiodi lunghi come un dito e un
lucchetto pesante e si allontanano anche loro nella notte.
Ritorna
infine padrona della scena la pioggia e il suo genitore il cielo
rinforza il canto della pioggia, facendola scrosciare, come per lavare
via la macchia dell'empietà da quel luogo di orrore, come se piangesse
per il destino degli uomini che in quella cantina hanno incontrato il
loro destino.
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