«La morte, non è che una lunga notte senza giorno, illuminata da una stella lontana
Mai le parole del Profeta Zaahir nelle sue Lettere Perdute mi sono sembrate così vicine, figli miei. Eppure... eppure da questa lunga notte, sorgerà un nuovo giorno. Una nuova alba.»
Nell'oscurità, la figura cammina, quasi trascinandosi.
Un botto, un lampo le illumina il volto di donna di mezza età dalla carnagione pallida, i lunghi capelli neri raccolti in ciocche adornate da fiori viola scuro. Con gli occhi languidi guarda verso il corridoio, avvolto tra le fiamme. Un gesto, e una muraglia di rami e rampicanti cresce rapidamente a sigillare l'ingresso mentre l'aria viene risucchiata via dalla falla.
Il corpo di una creatura per terra, oramai priva della volontà da esso ottenuta. E che lei gli aveva donato. Si china quasi a raccoglierne la testa irta di radici, appena formata nella foga di avere nuovi corpi. «Avete servito il vostro scopo. Un guscio rigido protegge il seme e gli permette di attecchire al terreno...» e con una presa salda gli pianta la mano nella gola estraendone quello che sembra un piccolo seme
Poi si alza, come a rivolgersi verso l'altro cadavere, quello femminile, a pochi metri di distanza «...così come il guscio sottratto alla vostra nave, mi porterà su un nuovo terreno fertile»
Riprende a muoversi, a trascinarsi, a camminare, a correre lungo i corridoi immersi nel buio, mentre le pareti tremano per le esplosioni. Supera i cadaveri dei suoi "avatar", dai corpi deformati dalle piante e dai fiori e raggiunge la sala macchine. I tubi di refrigerante lungo le pareti iniziano a fischiare; uno salta; un altro si deforma picchiettando rumorosamente, mentre lei supera delle porte coperte di olio per macchine e rampicanti.
Lei apre la scatola e ne controlla il contenuto, poi la ripone nella navetta di salvataggio, delicatamente. Ripone poi il faldone e la tabula. Prende il libro, ne accarezza la copertina e infine ripone anche quello insieme al resto.
Lei guarda a lungo, il suo muto assistente; gli accarezza il viso, con il volto triste quasi a piangere. Poi gli infila una mano in bocca e la estrae bruscamente con uno strattpone come a strappar via qualcosa. Infine entra nella navetta. Un ultimo sguardo alla stanza vuota, a quel che resta dell'intera stazione mentre le pareti tremano e macerie iniziano a crollare dal soffitto. Poi chiude il portellone.
E poi il silenzio.
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un commento a questo post :