mercoledì 8 ottobre 2014

I DOLORI DEL GIOVANE RAMDIR



Il ricordo è come una lenta lama che si insinua tra le vergini carni, il dolore aumenta ad ogni minima pressione fino a diventare così costante e da non sentirlo più, la lotta contro il tempo in questo caso deve necessariamente arrestare l’incedere della lama prima che tocchi organi vitali. Prima che il ricordo si impossessi della tua stabilità mentale e prima che ti cambi per sempre.Ricordare fa male. Ricordare ti rende consapevole di quel che è stato.
Ma si tratta di un male necessario. Bogdan se lo ripeteva da giorni, dopo aver passato mesi rinchiuso da qualche parte cercando di dimenticare, ora aveva bisogno di ricordare. Un paradosso, pensava il giovane Ramdir, un paradosso necessario, anzi, essenziale per la sua sopravvivenza e per quella degli altri componenti del gruppo. Uno stesso fato beffardo che li aveva uniti in un legame forte e difficile da recidere, tanto che il rapimento di Martha aveva lasciato indelebili segni nel suo animo, aveva significato un ulteriore squarcio alla sua già provata fiducia negli altri.
Così il giovane si aggrappava come poteva a quei pochi bei ricordi che gli erano ormai rimasti. L’infanzia, faticosa dei lavori nei campi ma pur sempre spensierata, considerando quello che da lì a poco gli sarebbe capitato, aveva lasciato il posto, visto anche
come si era conclusa, all’unico momento di vera felicità. Bodo si aggrappava ogni giorno a quel ricordo ed era certo vi si sarebbe aggrappato per il resto della sua vita, o almeno fino a che non avesse avuto modo di provarne di altri, ma giudicando dall’andazzo del recente passato, c’era poco da essere fiduciosi.
Quel ricordo gli era stato utile, gli aveva permesso di dimenticare la cocente delusione provocata da quella che lui credeva essere la sua famiglia, gli aveva insegnato a guardare le situazioni da altre prospettive, gli aveva, infine, permesso di sopravvivere. Nessuno aveva mostrato interesse per Bogdan, se non per qualche fine, gli unici che avevano dato qualcosa senza chiedere nulla in cambio erano Leda, Hugo, Rannarth e lo Straniero. Avevano capito, studiato e aiutato ad uscire dal guscio a quelle abilità che aveva innate dentro di lui. Avevano preso un ragazzino impaurito ed avevano restituito un giovane uomo curioso del mondo circostante e conscio delle proprie capacità, ma soprattutto lo avevano reso meno sensibile al dolore provocato da aspettative tradite. Duri, durissimi i giorni di allenamento intensivo, il tempo ha sempre giocato un ruolo determinante nella vita del giovane Ramdir, non c’era mai tempo per fermarsi, la
voglia di imparare cresceva giorno dopo giorno. Bodo aveva capito fin da subito che quel sacrificio, quell’impegno che profondeva gli sarebbe servito, per rendersi indipendente, per non dover quindi dipendere da nessuno, per potersi forgiare la propria vita, come un fabbro forgia la spada dei sogni, lui sperava di poter dare una direzione alla sua. Era stanco di dover dire grazie, era stanco di dover sottostare a regole e regolamenti che non condivideva, comprendeva le regole del buon vivere, ma non condivideva le assurdità ed i soprusi. Gli insegnamenti quasi ascetici di Hugo, gli aprirono gli occhi, mostrandogli che una guida c’è già, basta aprire gli occhi e confrontarsi con quello che ci accade intorno, la Natura è un’ottima maestra. Crebbe in lui la consapevolezza che ogni causa generava necessariamente un effetto, che ogni cosa accadesse per un preciso disegno, che ogni azione che implicasse modifiche per qualcuno avrebbe portato almeno ad un azione uguale e contraria. Leda, insegnò a Bodo, invece, come capire chi si trovasse difronte, come interpretare certi atteggiamenti, come usarli a proprio vantaggio, se possibile gli donò un pochino della furbizia e
scaltrezza propri di una donna. Capì che la forza bruta era sicuramente un evidente vantaggio, ma che una forza media applicata con saggezza, cercando di colpire i punti deboli del proprio avversario, erano un vantaggio devastante al quale non poteva permettersi di rinunciare. Il controllo della mente sul corpo, il controllo delle sue emozioni, imparò a lasciarle fluire quando esse avessero portato un vantaggio ed a reprimerle, o modificarle a propria convenienza, in caso l’uso cieco delle stesse avesse
portato ad uno svantaggio. Ebbe la fortuna di avere degli ottimi maestri, ebbe la fortuna di vedere con i suoi occhi quel che accadeva poco lontano dal campo di addestramento, visto che lo stesso era collocato in sicurezza ma pur sempre vicino al fronte, dove imperversava una furiosa battaglia. I giorni passarono in fretta, Bogdan avido di imparare nemmeno se ne rese conto, aveva capito che il mezzo per raggiungere la propria pace era l’apprendimento di tutto ciò che gli capitasse a tiro. Aveva compreso benissimo le lezioni di tattica dello Rannarth, aveva fatto sua la calma dello Straniero. Come una spugna assorbiva tutto quello che la vita di campo gli desse modo di apprendere, di certo non si trattava di trattati storici, umanistici o magici, ma poco gli sarebbe importato di questo, lui voleva sopravvivere, e lo avrebbe fatto con ogni mezzo a sua disposizione.

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